di FRANCO CIMINO
A Marina persone sensibili hanno promosso per stasera un incontro pubblico su un tema semplice semplice, più antico che vecchio: la casa della cultura. Che significa? Una cosa semplice semplice. Anche questa più antica che vecchia. Dare alla cultura una casa. Cioè un luogo in cui la si possa esercitare, coltivare, nutrire. Promuovere. Diffondere. Costruire. Affinché sia coltivata, nutrita, diffusa. Promossa. Creata.
Eh sì, perché la Cultura ha questo di peculiare e di inarrestabile, che possa, cioè, nascere in continuazione e conservarsi, come suo primo compito, e rinnovarsi, come secondo compito, nel contempo diffondendosi senza limiti e confini. La Cultura, con la maiuscola, è motore della società. Costruisce civiltà. E sicurezza. Economica, perché veicola denaro pulito e produttivo, da reimpiegare in attività pulite. Trasparenti. Sociale, per la capacità di formazione di buone coscienze civile. La Cultura fa di più. Fa buone tutte le cose. La scuola, innanzitutto, perché consente un fecondo rapporto tra saperi e tradizioni, formazione e territorio. L’economia anche, perché collega le diverse bellezze del territorio e ne fa ricchezza. Per tutti. Ricchezza pulita. Che si chiama turismo sano, tutela del territorio e dell’acqua.
Del mare, innanzitutto. Conservazione e risanamento dell’esistente. La Cultura fa ancora di più. Offre sicurezza ambientale attraverso lo sbarramento nei confronti della delinquenza. E la persuasione, sui giovani, che farsi attrarre dal male e dai suoi demoni, dalla droga ad altro, è assolutamente dannoso. Per se stessi e per la comunità in cui vivono. La Cultura fa altro ancora. Fa delle cosiddetta movida un luogo buono per l’incontro tra musica e spensieratezza giovanile, tra vivacità fisica e sensatezza. E fa ancora altro. Produce la cosa più bella: l’amore per la Città, dal primo spazio urbano a tutto il resto in cui Città si distende. Si riconcilia con la sua storia e si fa identità unificante.
Gli amici cercano oggi ciò che noi, più vecchi di loro, abbiamo rivendicato da sempre e che, in mancanza, ci siamo inventati. Per esempio, le piazze, le rughe, la spiaggia e i cortili. Ovvero, le scale dei palazzi quando pioveva e faceva freddo e nelle piccole case tutti insieme non ci entravamo. Fanno bene a chiederla, quindi. Io un’idea ce l’ho. Conservata dai tanti anni in cui la propongo esattamente come l’ho pensata. Ha un nome che tutti i marinoti conosciamo, il cinema Orso, da tempo edificio degradato, a rischio di ogni sicurezza. Ambientale e stradale comprese.
Il Comune, che ne è divenuto il proprietario, utilizzi tutti i fondi reperibili sul terreno istituzionale e ne faccia, acquisendo anche i locali attigui lungo l’angolo che porta a via Torrazzo, una struttura multifunzionale, che vada dal cinema al teatro, alle diverse sale per lettura e all’utilizzo delle più avanzate tecnologie, a quelle dei giochi creativi per i bambini o a quelle del semplice incontro tra le persone. Una sorta di agora tra le pareti coperte. Al centro, una libreria grandissima da fare invidia alle più grandi d’Italia. Fare la Casa della Cultura lal cine-teatro Orso, significa un’altra cosa ancora: sottrarre alla speculazione edilizia, sempre in agguato, uno spazio necessario alla rinascita della bella Marina d’un tempo non dimenticato.
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