Franco Cimino: "La Naca, la Pasqua laica di Catanzaro"

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Franco Cimino
  17 aprile 2022 01:51

di FRANCO CIMINO

La Pasqua di Catanzaro è stata ieri, venerdì antivigilia della festa. Domani vivremo con gioia ed auspicabile animo meno scuro se non propriamente puro, la Pasqua dei cristiani. La nostra, di rito cattolico. La più sentita. La più bella. Per la profondità El sentire religioso. Ma anche per gli effetti, diciamo, felicemente ludici e gastronomici, che tanto riportano le più sane tradizione locali. Raccogliersi numerosi attorno alla “ ricca” tavola della famiglia, tra uova di cioccolato e cuzzupe, dopo il “sacrificio” del capretto, è una delle più “ rispettate”. Ma ieri é stata una cosa diversa, in parte nuova pur nella conferma di un fatto religioso che è nella tradizione più lontana. L’improvvisa ed estemporanea Pasqua laica di ieri è coincisa con la processione più sentita dai catanzaresi, la Naca. Ieri sera c’era un clima di festa che ha reso un po’ fastidioso solo il ritmo troppo veloce che ha preso la processione. Il mio dolore al ginocchio, che mi ha fatto più vecchio, ha reso più faticosa la rincorsa della “ corsa”. Però, è stato bello. Al di là della mia personale emozione troppo legata a un evento decisivo per la mia vita, quel clima faceva bene. Le strade e le piazze erano strapiene di gente. Bisognava andare lontano nei ricordi per trovare una folla simile. Uomini donne giovani anziani vecchi, hanno affollato il centro storico. Tantissime le famiglie intere, unite. Abbracciate. Il doppio il numero dei bambini di tutte le età. C’erano i venditori di palloncini, che hanno fatto la gioia dei più piccoli. E quella del cielo che di essi, sfuggiti dalle esili mani, si è colorato. C’era festa ieri, la Naca con il suo dolente carico di umanità ferita, di vita spezzata, di madre trafitta da mille spade, che oggi rinnova non solo la morte di Gesù ma la follia omicidiaria e suicidiaria dell’uomo contemporaneo, ha avuto un altro significato. Del tutto laico. Non areligioso o anticofessionale, ma prettamente umano, nella sua delicatezza psicologica che talvolta meglio lo definisce. Dopo due anni, causa emergenza sanitaria, la Naca è tornata e la Città intorno ad essa si é ritrovata. Come da appuntamento che presto Catanzaro e i catanzaresi avrebbero rispettato. E con puntualità vera. Quella che il tempo della vita dispone. La Naca, per noi, è più che un evento religioso forte e sentito. È più che una tradizione piena di significati. È più che un solenne momento di fede riconciliata, ritrovata, utilizzata, un veicolo per una preghiera non detta prima. La Naca è storia viva di Catanzaro. Quella sentita perché la si può toccare con mano. È anima della Città. Vera, viva, che si muove nell’animo di ciascun catanzarese. È memoria di una Città passata, nascosta, in parte sotterrata. Memoria vera, buona, perché trasforma l’ignoranza in conoscenza, la nostalgia in desiderio, la sconfitta in spirito di lotta, la rassegnazione in speranza e, questa, in presa di coscienza che ogni grandezza può tornare se i cittadini si armeranno d’amore per la propria Città. L’Amore vero, quello che non vince l’odio perché neppure lo contempla. L’Amore grande perché, sovrabbondando, si lancia come una carezza, un moto di concreta solidarietà, verso altre realtà, altri calabresi e le loro città. Che tutti belli sono i mille paesi e le le quaranta città della Calabria. La Naca, per noi, è assai di più ancora. È la memoria del nostro cuore. Quel cuore che ha anche gli occhi per rivedere, lungo le vie della processione, i volti dei propri cari che non ci sono più. E quelli dei tanti catanzaresi che, credenti e non, hanno speso le migliori energie per Catanzaro. Ciascuno di quelli che eravamo, a migliaia, ieri sera accanto, ai lati e al seguito della processione, ha visto un volto caro. Io personalmente ne ho rivisti due, che per decenni non sono mai mancati. Il primo stava in capo al corteo, il secondo al seguito dell’Addolorata. Sono, Ettore Capicotto, con la sua tromba angelica, e mons Antonio Cantisani, con il suo sguardo roteante tra la folla e il Cielo, e le sue labbra a muoversi delicatamente tra il sorriso e la preghiera. Li ho pensati fortemente. Però, non ho pianto. Ieri sera era Pasqua per Catanzaro. Era festa grande. È tornata la Naca. È tornata la gente. È tornata la speranza che la Città possa tornare a sentirsi bella. A farsi più bella. A dirsi, aperta voce, bellissima al resto del mondo. E della Calabria, che da tanti anni attende la sua Città guida. Il suo capoluogo degno.

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