Franco Cimino: "L’alibi Cotticelli della politica e non solo. E la psicologia degli uomini al potere"

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images Franco Cimino: "L’alibi Cotticelli della politica e non solo. E la psicologia degli uomini al potere"
Franco Cimino
  09 novembre 2020 16:34

di FRANCO CIMINO

“Non ero io in quella intervista. Rivedendomi, non mi sono riconosciuto. La mia famiglia non mi ha riconosciuto. Ero in uno stato confusionale su cui sto indagando sul piano medico.” Il conduttore lo incalza chiedendogli se è vero che dopo ha vomitato( sic!). Risposta:” sì, dopo l’intervista ho vomitato e ho passato una notte terribile. Non ero lucido e non stavo bene.” Due giornalisti in studio, tra cui una donna, gli chiedono se non stesse affermando di essere stato drogato. Risposta:” no, non ho detto questo, ma solo che stavo male e che sto indagando sul piano medico.”

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Massimo Giletti, io credo volesse, per stima personale forse precedente, aiutare quest’uomo incorso nella deflagrazione delle sue modeste ma coperte qualità, diciamo, professionali. Non sappiamo come egli abbia fatto il generale dei Carabinieri e per quali meriti abbia raggiunto un così alto grado. Non sappiamo neppure per quali capacità e competenze, dal Governo non da un condominio, sia stato chiamato a reggere un peso straordinario e molto faticoso, pieno di fatiche e rischi. Una cosa è certa, e non da oggi: ogniqualvolta, e non frequentemente, si è trattato di esporsi al pubblico, questa autorevole persona ha dato chiaramente il senso della sua inadeguatezza all’ultimo ruolo ricoperto. Ieri sera, mi sono accorto, e credo anche molti telespettatori, che l’ex commissario è un uomo molto alto fisicamente. L’impressione l’ho ricavata plasticamente da quel suo alzarsi dalla sedia, elevandosi di una buona spanna rispetto al conduttore, che non è di certo basso. L’estetica, e quella delle immagini rinviate alla vista, gioca molto su questo meccanismo psicologico e genera sorpresa, meraviglia. E in questo caso, anche curiosità attonita intorno al fatto che un gigante si sia rivelato così piccolo. L’ex generale, ex uomo forte e potente, fisicamente imponente, si è trovato a fare una cosa più grande di lui, a svolgere un lavoro nel quale oltre l’onestà personale, che pare essere scontata e documentata, non avesse altro, almeno sul piano delle competenze specifiche. Quando ha assunto l’incarico, il Covid non c’era ed egli pensava probabilmente che gli toccasse soltanto continuare a fare come i suoi predecessorii. Cioè, tagli su tagli, una aggiustatina qui un’altra lì, una chiusura di reparto qui un’altra lì, e tutto sarebbe andato a meraviglia. La protezione del governo era assicura parimenti alla indifferenza della regione e al solito atteggiamento rassegnato o remissivo dei calabresi.

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Arrivato il Covid, la preoccupazione di doverne rispondere con capacità inusitate era attenuata dall’atteggiamento di quasi tutta intera la regione, dalla Presidente alla gente, che rispetto ai numeri dei contagi ha ritenuto che l’epidemia fosse, e finalmente, un problema solo del Nord. Di quella Milano da bere, che ci ha sempre umiliati con le sue mance e addolorati con il suo ininterrotto furto dei nostri ragazzi. La certezza che il virus maledetto non ci avrebbe fatto niente, era rafforzata anche dalla “educante” esternazione di un altro commissario, più piccolo, operante nelle aziende sanitarie calabresi. Questi sosteneva che per infettarsi occorreva, e forse non bastava pure, baciarsi in bocca con la lingua per quindici minuti. Una garanzia per noi, che, pigri, preferiremmo fare ogni cosa alla svelta per poi tornare a “ riposare”. Ché se non fossimo così, avremmo da tempo fatto una bella rivoluzione, che, come sanno tutti i grandi politologi “e nui atrhi”, quelli delle nostre parti, dura qualche minuto più di quindici. Il Covid da noi non arriverà mai, questa la sua, del Commissario e della Giunta regionale, e la nostra certezza. In Calabria c’è il sole e il mare, il verde delle pinete e l’aria buona delle montagne, che rendono l’ambiente non salo salubre ma anche medicale. Il Covid non passa e se un poco sfuggisse alla rete naturale in pochissimo tempo, e già prima che arrivi al nostro scambievole respiro, sarà sconfitto. Ce ne siamo tanto convinti che abbiamo, in contemporanea, fatto due operazioni con la stessa unica mano. Abbiamo aperto tutte le nostre porte, confini, stazioni, aeroporti, lidi, ristorazioni, discoteche e strade di collegamento con l’Italia contaminata del Nord e con il resto dell’Europa.

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A tutti rivolgevano un caloroso invito, pure accompagnato da una didascalia che, attraverso i social, recitavamo tutti in coro. Ricordate? Postavamo le foto del nostro magnifico mare e delle nostre luminose spiagge e quelli dei tanti piatti della nostra speciale gastronomia e vi scrivevamo sopra “ non venite in Calabria, ché si muore di vita”, oppure “ venite in Calabria , ché l’unico pericolo è ingrassare.” Ricordate? È successo solo sei mesi fa. Ci sentivamo, anche qui la psicologia ha fatto il suo giochino, finalmente forti. Superiori a quelli lì, e se(chiusi in casa ingiustamente qualche settimana)siamo usciti sul balcone, era pure per farci vedere da lontano, sempre da quelli lì. Farci vedere forti e fieri. Non vendicativi, questo no, ché siamo buoni d’animo, ma ben orgogliosi sì. Su questa certezza, da un altro versante chiudevamo altre porte. Quelle delle RSA per non doverle controllare adeguatamente e non dover pretendere misure di protezione dei nostri anziani, necessarie da sempre e di più rispetto al nuovo pericolo. Abbiamo chiuso le porte dei reparti o dei posti letto, che ci sembravano troppo costosi per il giusto fabbisogno e quelle dei concorsi per accrescere il numero di medici e personale sanitario. Quel poco di assunzioni, le abbiamo fatto prima che ci venisse la tentazione in danno di una terra che avrebbe avuto bisogno solo di tutte blue e non di camici bianchi. Abbiamo chiuso le porte dei richiesti Centri Covid, altrimenti avremmo sprecato risorse e spazi per delle strutture che non sarebbero servite. Quando il Covid, essere invisibile dotato di una intelligenza superiore a quella di chi ci governa e di chi ammira chi ci governa ed anche superiore a quella di chi porta, con il proprio consenso, al governo chi ci governa, e non da ieri soltanto, quel gigante dal volto di bambino, messo a governare una sanità “ tranquillizzante” sul piano delle responsabilità, è entrato nel pallone e si è perso nelle sue discutibili ristrette competenze. Ha avuto paura ed è bastato un giovanissimo giornalista della televisione per fargliela deflagrare. Le telecamere hanno una forza dirompente verso chi è debole, o stanco, o si trovi in uno stato di debolezza. Quante volte abbiamo assistito, quasi in diretta, a delle autentiche tragedie umane, che hanno segnato il destino di molti sedicenti potenti e la loro stessa vita! Innumerevoli.

Avrebbe mai potuto uscirne indenne il Commissario unico alla Sanità? Certo che no. Gli sono bastate le prime innocue domande, poste pure con rispetto ed educazione dal giornalista, per capitolare in quel modo misero. In pochi minuti si è consumato un dramma anche umano incredibile. Lui stesso, dopo quei pochi secondi di un tempo infinito, registra e comunica la sua fine con quelle tre parole ” domani da qui mi cacceranno.” E così puntualmente è avvenuto. Tutti oggi gridano alla vittoria, senza intimidirsi rispetto al fatto che nuovamente c’è voluta una breve intervista per rimuovere qualcuno da un posto sbagliato. Se non ci fosse stata quest’ultima, l’ex generale sarebbe rimasto al comando per altri tre anni. C’è da pensare, pertanto, che a rimuovere, ancora una volta, l’inadeguatezza o l’incapacità conclamate, sia stato un incidente e non una valutazione politica attenta. È qui che sta il grave fatto politico. Insistere su un dramma personale, che se pure non assolve la persona dalle sue responsabilità amministrative quantomeno dovrebbe accostarlo ad altre ben più gravi, è un errore, il nostro più vecchio. Stiamo assistendo a un ignobile gioco al massacro di una persona, in cui lo scaricabarile è lo strumento, anche questo vecchio, attraverso il quale i veri e tanti colpevoli si autoassolvono per poter continuare a governare come prima e con più determinazione addirittura.

Questo massacro continua ininterrottamente sui social( ho letto pure qualche minaccia oltre a tante stupide volgarità ) e si è ripetuto ieri sulla Sette a “ Non é l’Arena”, dove un Giletti più umano ha tentato di aiutare l’uomo Cotticelli, nuovamente apparso confuso e visibilmente provato. Vedere un personalità di quella portata spaventata dinanzi ai toni inquisitori degli interroganti e alle urla di qualcuno, e pensare che egli abbia in passato comandato realtà importanti e delicate, mi ha intristito molto, come persona e come cittadino. Ma la cosa che più mi inquieta, è quel volere giornalisticamente estorcere a un uomo debole qualcosa che probabilmente non pensa. Ovvero, attribuirgli ciò che non ha detto, per esempio, temere di essere stato drogato. Ciò, però, che più mi preoccupa è questo continuo concentrare gli attacchi su quella sola persona. Non è soltanto umanamente vergognoso, è anche fuorviante. È un distorcere una verità drammatica in un che può risultare utile solo a molti soliti noti, e a quei pochi, ignoti, degli affari coperti, specialmente nel settore lucroso della sanità. Cottarelli, come amministratore, è finito. Se in futuro prossimo dovesse pagare responsabilità altre e in altre sedi, sarà compito di chi ne ha i titoli e la facoltà, oltre che il dovere, giudicarlo.

Come uomo, io spero che possa trovare presto tutti quei sostegni affettivi e clinici che lo aiutino a ricostruire quello che, dentro se stesso e nella vita sociale, egli teme di aver irrimediabilmente rotto. In particolare, l’onore e la dignità di servitore dello Stato. A tutti noi , invece, chiedo di rimuovere il rimosso Cotticelli, anche dalle nostre “ battaglie politiche”. Se lo faremo, avremo più chiaro e definito il nostro compito. È quello di colpire le responsabilità e le colpe laddove vi sono e insistono da decenni, nell’unico modo oggi possibile: la presa di coscienza collettiva che occorre finalmente cambiare la Calabria dal profondo. E con persone preparate oneste e serie. Di sicuro affidamento morale. Partiti finti e alleanze posticce o ingannevoli, a prescindere.

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