Franco Cimino: "Lasciate in pace Don Rino e sosteniamo insieme Marina e la sua storica parrocchia"

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images Franco Cimino: "Lasciate in pace Don Rino e sosteniamo insieme Marina e la sua storica parrocchia"
Franco Cimino
  05 giugno 2021 17:32

di FRANCO CIMINO

Io sono di Marina. Un catanzarese pieno, ovvero un marinoto ormai da da tanto tempo alla piena catanzaresità convertito. Ed è davvero bellissimo questo sentire. Questo sentirsi parte di un tutto, che quella parte accoglie quale elemento essenziale del suo essere. Io sono di Marina, perché qui con me vi hanno vissuto mio padre e mia madre, qui vivono mia sorella e mio fratello. Qui ho fatto le prime scuole, le prime amicizie, ho sentito i primi sentimenti e le prime conduzioni all’adultità, i primi sogni e le prime idealità. E quella passione che non ha mai fine, la Politica. Qui, attraverso, questa passione ho scoperto che Catanzaro è città di mare e che il mare è fonte di ricchezza e di civiltà aggiuntiva a quella che dall’alto dei suoi tre colli Catanzaro ricava dalla sua straordinaria storia. Una storia fatta di arte e cultura, di mestieri e professioni. Nella mia Marina di quel tempo, la vita si svolgeva pienamente all’interno di quel fazzoletto che comprendeva la piazza e la sua estensione verso la spiaggia lunghissima e il mare profondo sin dalla riva. La nostra prima Europa del nostro primo viaggiare- ché la littorina della Calabro-Lucana era ancora troppo più lontana del ponte di ferro che la raggiungesse- si rappresentava arditamente nell’attraversamento del ponte sulla fiumarella, a duecento metri oltre lo storico faro tristemente abbattuto dalla seconda forte mareggiata. Lungo quella sottilissima striscia, che parallele faceva camminare la vecchia 106 interna e la stradina stretta accanto al litorale, raggiungevamo Casciolino, quel territorio allora incontaminato, che aveva la sua chiesetta in un una sorta di magazzino sulla strada e, più avanti, a destra e a sinistra, quelle pinete che erano anche le mete delle gite familiari o delle scuole medie. La Marina di cui parlo, essendo giuridicamente una frazione, non aveva il municipio, per cui tutta la centralità del vivere sociale e tutta l’energia animatrice di pensiero e di ogni vitalità, provenivano con forza incandescente dalla Chiesa, posta ad inizio della Piazza, come a volerla non dominare ma proteggere e guidare.

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La parrocchia era il fulcro di un tutto, che in maniera assai “ laica”, direi, promuoveva anche il dibattito politico e la formazione dei giovani di molti diversi orientamenti politici ed ideologici. I giovani muovevano quasi tutti da quel posto che aveva il gruppo più numeroso di chierichetti, l’Azione Cattolica e quella bellissima polisportiva di Gregoriano, Gigliotti e Pizzari, che iniziava i ragazzi allo sport in una realtà sprovvista di tutto tranne che delle sale, nella casa parrocchiale, di “ ping pong(il futuro tennis da tavolo). Alla mia parrocchia devo molto. Sono stato lungamente chierichetto, dividendo la leadership con l’indimenticabile Luciano Lodola, il bello, da tempo abitante a Roma, se non erro. Poi, giovane dell’Azione Cattolica molto impegnato in quel campo prima di darmi completamente, appena quattordicenne, al mio amore per sempre, una sorta di altra chiesa, quella della formazione del pensiero laico e della trasmissione della fede nella Libertà e nella democrazia, la Democrazia Cristiana. Tutto questo lo devo alla mia parrocchia, che, lo ripeto, era per tutti punto d’incontro di anime diverse con lo sguardo unico puntato nella stessa direzione, la promozione dell’uomo e della sua dignità nella ricerca della giustizia e dell’eguaglianza e della felicita “ possibile”. Erano, quelli, i tempi del cambiamento e delle dure lotte per conquistarlo attraverso le più diverse interpretazioni dello stesso. Marina era unita intorno alla sua parrocchia. Unità fertile di giovinezza, di autorevolezza, di vivacità sociale, di dinamismo culturale. E di partecipazione, frequentazione delle cerimonie religiose, tranne le processioni di forte intensità popolare, a prescindere. Don Peppino Frangipane, l’arciprete tanto amato e rispettato, e chi se lo scorderà mai! Un maestro, un padre, un amico, una guida forte e autorevole. Anche il suo successore per trent’anni circa, quel don Peppino Conte di Amaroni, personalità forte talvolta autoritaria, apparentemente burbero, ma molto buono e sincero, fu guida riconosciuta ed apprezzata, anche durante quelle vivacità che egli stesso provocava. Don Peppino Conte amò Marina e la Parrocchia più di quanto gli é stato riconosciuto e fece per la chiesa tantissimo, anche secondo quel progetto, che aveva iniziato, di farla più bella di quanto non lo fosse anche sul piano strutturale. Voleva coprirla tutta di marmo! Quello che riveste la facciata principale fu opera sua. Dalla fine di quel suo mandato e per lunghi anni prima che egli chiedesse di andare a riposarsi in quel di Cutro, a Marina è successo qualcosa che non sono mai riuscito a comprendere se non attraverso quel progressivo decadimento sociale dovuto al continuo degrado urbano( altri lo chiamano sviluppo!!??) che ha colpito Marina senza che sia mai stato arrestato. La Chiesa locale, forse per il ruolo che ha rivestito e la simbologia mantenuta, è stata quasi sempre sotto attacco. I parroci, tutti buoni, sono stati aggrediti dalla stessa arma delle società deboli e malate, il pettegolezzo, quella feroce maldicenza contro la quale Francesco scarica ripetutamente la sua più dura reazione. Il nostro Arcivescovo, non è stato da meno nel seguirlo. Ha protetto e difeso i suoi sacerdoti, anche quando ne ha assecondato il bisogno, del tutto umano, di allontanarsi da quelle cattiverie. Oggi, con una periodicità scientificamente studiata, ad essere colpito è un altro grande sacerdote, uomo di cultura robusta e di fede incrollabile, don Rino, all’anagrafe Vincenzo Arturo Grillo. Egli, dopo una formazione teologica intensa e un primo periodo ancora più intenso nelle parrocchie della Città, ha svolto per circa trent’anni il delicato ruolo di cappellano della Guardia di Finanza, girando in lungo e in largo tutta l’Italia, ovunque amato e apprezzato per la sua lealtà, umanità, onestà. E per la sua fatica immane. Le stesse qualità che ha impiegato nei quattro anni di parroco della prestigiosa parrocchia di Santa Maria di Porto Salvo, dove mons Bertolone lo ha inviato, scelta felicissima, per restituire ad essa quella forza propulsiva e quell’autorevolezza quasi perdute. Operazione pienamente riuscita, basta scorrere i grandi risultati conseguiti, dal rilancio della festa della Madonna a mare all’invenzione del presepe pasquale, un autentico capolavoro artistico e, direi, anche “evangelico”. Di più, don Rino ha una parola bella. Le sue omelie sono intense, affascinanti, coinvolgenti. Te le porti dentro anche dopo tanto che sei uscito dalla chiesa. Don Rino è stanco di cattiverie e vorrebbe lasciare. Non lo fa da prete, questo rinunciare, ché un prete non s’arrende mai. Non lo fa da uomo, ché il coraggio di quel doppio soldato non lo intimorisce di nulla. Lo fa per proteggere la Chiesa che ama, quella universale e quella più locale. Il nostro Vescovo, però, non vuole che ciò avvenga. La fiducia riposta in lui è grande. La comunità parrocchia, che lo ama e lo stima, neppure osa pensare alla rinuncia.

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Per domani, alle 19, un tam tam del cuore ha convocato i fedeli, che avranno modo di andare in chiesa, per mostrare a don Rino che la cattiveria è troppo più piccola della grande bontà del suo cuore e della sua condotta. E che lui, don Rino, resta per tutti un punto di riferimento religioso, culturale e morale, essenziale ad una realtà che voglia crescere davvero per fare più grande e più bella Catanzaro, la nostra unica Città. Io, che da quando vivo sul più alto dei tre colli, e che ho la fortuna di avere tre parrocchie( la San Giovanni, quella del Monte e la Porto Salvo), domani sera sarò a Marina. Per testimoniare la mia vicinanza al parroco e la mia indignazione nei confronti di chi usa la maldicenza per coprire cattiveria e il vuoto che ha dentro.

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