Franco Cimino: "Liberare la Liberazione e la libertà di cui si anima"

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Franco Cimino
  27 aprile 2022 08:00

di FRANCO CIMINO

Venticinque Aprile è passato. È passato rapidamente, come ormai accade da molti anni. Solo la velocità cambia. Sempre che passino gli anni si fa più alta. Tradotto in volgare “ non si vede l’ora che passi”. Questo accade perché sono venuti meno, spariti ormai, non solo i partiti di quel tempo “ antico che il Venticinque Aprile professavano solennemente, essendo quasi tutti nati o rinati nella lotta di liberazione che diede inizio a una stagione, sfortunatamente troppo breve, ricco di idealità alte e perennemente attuali. Idealità tutte vissute nell’animo della maggior parte degli italiani e nella coscienza sociale che si è fatta politica. Politica di grandi trasformazioni della società e dello Stato. Direi quasi rivoluzione per i miracoli che è riuscita a compiere. E non mi riferisco, qui, a quelli economici pure sempre importanti.

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Accade anche perché, sotto il peso di una politica progressivamente priva di ideali e valori morali e di una classe dirigente intelligente e qualificata, moralmente sana, il vero significato di questa data ha perso di smalto e di contenuto. È diventata occasione per replicare gli scontri politici violenti che vediamo quotidianamente nelle tv, nel Parlamento e nelle piazze. L’uso strumentale di questa data sta portando anche a una rischiosa rilettura della Resistenza, delle cause che l’hanno determinata e delle forze che l’hanno condotta, pagando con la vita di migliaia di militanti il prezzo più alto alla conquistata libertà. Assurdo e doloroso lo spettacolo che, al riparo e lontani dal dramma ucraino, taluni, i soliti, stanno offrendo al Paese e al mondo, con il tentativo di trascinare la pagina di lotta più bella per la Democrazia all’interno dello scontro Ucraina sì Ucraina no. Il 25 aprile  (manifestazioni con scarsa partecipazione svoltesi in spazi lontani e fisicamente divisivi, e le parole dette a caso tanto per aggredire l’avversario) questa preoccupazione è stata confermata. È finita, quindi, la poetica della Resistenza?

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Il Venticinque Aprile può essere cancellato dal calendario civile? Quegli ideali possono essere confinati in una sorta di guerra civile che avrebbe portato fratelli della stessa famiglia, giovani tutti uguali nei valori professati, ad ammazzarsi tra loro, ciascuno con i propri torti e le proprie ragioni? Certo che no! E, allora, cosa fare per non aggravare lo sforzo che l’Italia sta tentando di fare per uscire dalla crisi politica e morale attraverso anche l’aggancio al treno dell’Europa con quei vagoni carichi di euro che dovrebbero riavviarla sulla via della crescita? E può esserci sviluppo economico senza cultura e storia che lo indirizzino verso il Progresso, di cui la Democrazia con i suoi mezzi e i suoi fini, ne costituisce l’anima? Certo che no? E può concepirsi la Democrazia più bella del mondo, la nostra, senza che la Resistenza e i suoi valori costituzionalmente definiti restino chiaramente visibili nella segnaletica di un cammino reso sempre più difficile dai personalismi delle leadership e dagli egoismi nazionalistici, in cui le tentazioni al governo forte si fanno sempre più pressanti? Certo che no!

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Ma affincviva, e con piena dignità, la Festa della Liberazione, occorre far sì che essa diventi il processo inarrestabile attraverso il quale la Libertà si libera. Si libera da se stessa, non potendo, per natura, essere liberata da persone e partiti. Si libera, la Libertà, dalle incrostazioni e dalle prigioni. Le incrostazioni delle paure. Si ha paura non della libertà, ma di essere liberi. Per questo aspettiamo sempre, in ogni tempo della storia, l’uomo forte che nel comandare ci rassicuri e nel rassicurarci ci deresponsabilizzi, sottraendoci la fatica della responsabilità, in capo alla quale sta Libertà. Si libera dalla incrostazione della pigrizia. Noi siamo pigri. Come italiani lo siamo, quasi che esserli sia un elemento del nostro fascino. Essere liberi significa cercare la Libertà, difenderla. Diffonderla. E difenderla per e negli altri i. La Libertà è dunque fatica e noi di faticare non ne abbiamo tanta voglia quando non vediamo corrispondervi il guadagno immediato, materiale. Monetario.

Liberarsi, la Libertà si deve, dalle prigioni. La prigione della Democrazia bloccata, che è la Libertà che non diviene. La prigione degli egoismi, i nostri piccoli personali e quelli dei forti, in cui l’arroganza si fa forza muscolare nei confronti dei deboli. Quella delle culture dominanti, che usano tutti i mezzi di persuasione di massa per mantenere sottomessi gli uomini e la Politica, le culture autonome e le istituzioni.

La Libertà deve liberarsi da quei poteri che, ponendosi al servizio dei grandi egoismi, consente il depauperamento delle ricchezze della nazione e della sensibilità delle persone e della coscienza politica della gente. La Politica è il luogo, uno dei più privilegiati, in cui la Libertà può liberarsi e diventare forza. Ma anche la Politica è bloccata e imprigionata. Bloccata dalla paura, la paura di fare la Politica, ché farla costa fatica e sacrificio immani. Fare semplicemente politica è assai facile. E anche comodo se serve per raggiungere una qualsiasi postazione di un qualsiasi potere, uno di quello della paghetta accattona o degli affarucci degli sfigati. Ovvero, al meglio, per un carrierismo per colonnelli senza stellette, uomini con tanti voti e poco consenso, tante cariche e poche idee. Tanto rabbioso agonismo e totale mancanza di intelligenza serena. Fare la Politica significa rigorosa militanza nelle diverse forme di attivismo attorno alle grandi idee che salvano il mondo, proteggono la natura e gli esseri umani, rifondono le città dalle fondamento delle loro antiche grandezze. Fare la Politica significa servire la gente e le istituzioni, in modo gratuito. Ciò non significa affatto rinunciare alla giusta indennità, bensì porsi dinanzi al potere in un modo assolutamente disinteressato. Ché la Politica si autocorrompe non quando media tra gli interessi diversi e pure contrastanti, ma quando chi la pratica e la rappresenta fa della sua persona lo strumento di un interesse. Ovvero, essa stessa persona, interesse al di sopra delle istituzioni che gli interessi seleziona e sceglie di sintetizzare sulla base dell’utile sociale.

Del bene comune e di quello della persona, motore e ragione, anima e gambe della Politica, l’attività più alta dell’essere umano. La Politica è imprigionata nella democrazia bloccata, che è anche la Politica che non diviene. È imprigionata nell’egoismo, dei piccoli e dei grandi, con quest’ultimi che vorrebbero dominarla e assoggettarla. Farne strumento passivo dell’economia dell’ingiustizia e dei bisogni diseguali. Liberare il Venticinque Aprile dalle strumentalizzazioni e dalle sterili lotte tra fazioni, dall’ignoranza e dalla dimenticanza, è possibile oltreché necessario. Vi riusciremo se insieme sapremo sostenere la liberazione della Libertà, favorendo il suo ritorno alla Politica che l’ha perduta tanto tempo fa. Le elezioni, specialmente quelle comunali, in tutti i comuni, rappresentano la grande occasione per iniziare a realizzare questa nuova Liberazione. E sarà Festa per tutti. Tutti i giorni, non solo il Venticinque Aprile.
 

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