di FRANCO CIMINO
Se l’onorevole Iole Santelli avesse vinto questa battaglia, anche di giurisprudenza amministrativa, sarebbe stata una sua vittoria personale. E non solo per aver personalizzato, fino alla più estesa conveniente esposizione mediatica, questa sfida che è apparsa solo una scommessa sul “rosso”. Ma perché , dalle voci che dai suoi corridoi sono volate, è stata l’unica a credere, evidentemente da avvocato oltre che da politico, in questa avventura pluridirezionale. Adesso che ha perso per mano del TAR e davanti al Governo, ingenuamente competitor, e alla pubblica opinione pubblica nazionale, a perdere con lei è stata l’intera Calabria.
Non mi si venga a dire, retoricamente, il contrario, perché è così, esattamente come la realtà si è miseramente imposta. La Calabria ha perso la possibilità di diventare protagonista di un nuovo rapporto, oltre legem, tra le regioni e il Governo; di essere guida o attivista della tanto attesa unità tra le venti regioni, non solo per rafforzare il loro grado di autonomia. Ma anche per contrastare quella tendenza che, dall’emergenza sanitaria in poi, si sta facendo largo nel Paese, con il non tanto sotterraneo scopo di rivedere la famosa legge costituzionale del trasferimento dei poteri dal centro alla periferia e ai territori. Ha perso anche l’occasione di porsi, magari accanto più a De Luca che a Emiliano o Musumeci, quale condottiera di una nuova vera grande battaglia del Mezzogiono riscattato a favore dell’Italia e dell’Europa, attraverso la valorizzazione delle risorse di tutti i Sud, compresi quelli che stanno al di là del nostro grande mare.
Al di sotto del nostro Meridione e dell’ultima nostra isola. C’è anche il danno materiale, prettamente economico, che non sono le inutile spese legali che la Presidente avrebbe potuto impiegare in mascherine e tamponi, pochi ma utilissimi per una Regione che apertamente dichiara di non aver imposto l’uso delle mascherine per l’impossibilità di fornirle gratuitamente. Il danno è nell’aver perso tempo a difendere la Regione da una inutile incomprensibile guerra, che al meglio dell’ottimismo favorevole è apparsa come una sfida contro un potere e uno scontro, davvero pericoloso, tra istituzioni, in un momento in cui proprio l’unità di queste e del popolo italiano avrebbe potuto rappresentare l’altra medicina per affrontare il difficile percorso di guarigione dell’Italia, non solo dal coronavirus. Questa guerra, comunque, per fortuna è finita. L’auspicio è che sia servita a tutti.
Al nostro Presidente, innanzitutto, per capire che altre sono le battaglie che i calabresi si attendono dalla loro massima istituzione. Sono, quelle, le battaglie più dure e difficili, nelle quali, è onesto ricordarlo, non si è cimentato nessuno prima di lei. Eh, sì, proprio difficili, perché occorrono solo tre semplici cose: intelligenza politica, visione del futuro, conoscenza e sofferenza della e per la storia della Calabria. E, inoltre, disinteresse per le questione personali, indipendenza di pensiero politico e autonomia dai poteri cosiddetti forti, parte dei quali speculano e si arricchiscono sulla ricercata povertà della nostra terra. L’onorevole Santelli, a questi appuntamenti con la storia e il popolo calabrese è attesa. La fiducia in questa direzione, in verità, non è molta, ma la speranza non manca. Questa, pur residuale e assai stanca, ancora c’è.
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