di FRANCO CIMINO
Natura e cultura non solo camminano di pari passo, ma trovano, sempre, durante il cammino, un punto in cui si intrecciano. Diventano un tutt’uno, per poi nuovamente distinguersi. Ambiente e territorio, quando possono essere concepiti separatamente, sono l’uno indispensabile all’altro, la salute del primo condizione della salute del secondo. Il mare e la terra, propriamente detti, sono, insieme al cielo, le risorse più preziose per la vita di tutti gli esseri viventi. Sono essi stessi tali, perché nella loro sostanza c’è la vita. La propria e quella, che grazie a essi si forma. Si rigenera ininterrottamente.
L’uomo, scemo di suo quando usa in maniera stupida l’intelligenza piegando al suo prepotere la morale, finora ha offeso sia il mare sia la terra. Ambedue sono feriti. Lo sono tanto mortalmente che la vita stessa dell’intero pianeta è in pericolo. Sulle loro superficie vi abbiamo messo di tutto, penetrandole pure nelle loro profondità per nascondervi ogni veleno. La terra si sfarina e rovina a valle su villaggi e città. E uccide uomini, cose e natura. Li uccide di quella morte che, esclusività della vita umana a prescindere, non restituirà mai nulla di ciò che è morto. Il mare si ammala e cambia la vita delle sue magie profonde, mentre molta della sua fauna muore. La terra e il mare sono stanchi. Soprattutto la terra non ce la fa più a reggere il peso di ciò che le è stato piantato addosso. Quello più insopportabile è la piantumazione di migliaia di questi nuovi giganteschi alberi d’acciaio, che, moralmente spiegati come la necessità di fornire energie a un’economia invasiva, vengono chiamati “ cortesemente” parchi eolici. Gli occhi delle persone che prima si stancavano solo a vederli, oggi guardano dall’altra parte. Anzi, in basso, perdendo la vista del cielo. O del paesaggio che stava al posto di quegli obbrobri. Coperte di questi alberi le parti migliori del territorio, rovinandolo, adesso i padroni delle tecnologie e delle spicciole economie, stanno tentando l’assalto al mare. Relazioni ben confezionate, ricche di dati e riferimenti tecnici che pochi intendono, con l’ausilio di una dottrina giurisprudenziale molto elastica, attraverso domande di concessione demaniale elegantemente“ narrate”, si vorrebbero fare beffa della ragione, della morale e della Costituzione, per realizzare enormi distese d’acciaio sul mare. Anche in Calabria sono stati presentati progetti al riguardo.
Alla chetichella ne arriva uno assai invasivo anche da noi. Molto vicino a noi. Nello spazio marittimo compreso fra Crotone e il golfo di Squillace si vorrebbe far nascere una bella distesa di circa quaranta alberi belli belli, che per muoversi al vento dovranno muoversi molto anche sotto l’acqua. Non c’è bisogno di alcuna conoscenza scientifica per capire l’effetto devastante che tutto ciò avrebbe sul tratto di mare ben più ampio di quello richiesto. E sulla terra ferma per il nuovo panorama che si vedrebbe dalle più belle terrazze che danno sulla costa, da quella di Isola di Capo Rizzuto a quelle di Staletti- Gasperina-Squillace. Nessuno ne parla, nessuno si indigna, nessuno protesta e lotta. Solo la sezione di Italia Nostra di Catanzaro, e pochissimi altri, si sono intelligentemente mossi, anche con apprezzabili iniziative legali. Ma temo che non basti a bloccare il processo già avviato.
Occorre una forte iniziativa politica, prima di quella sociale che immagino si riterrà necessaria. Potrebbe prenderla la Regione, a cui basterebbe dire un semplice no. Dovrebbe assumerla con coraggio il comune capoluogo, sul cui mare ricade il progetto. E sulla cui responsabilità quella dell’interesse complessivo dell’intera Calabria, di cui Catanzaro deve rappresentare finalmente, più che il capoluogo, la guida autentica di quel progetto di autentico rinnovamento di cui da decenni a vuoto si parla. Catanzaro tutta dica NO all’impianto di un Parco Eolico sul mar Ionio. E approfitti di questa occasione per dira basta a qualsiasi altra installazioni degli stessi nel suo territorio, ordinando la rimozione dei molti che probabilmente non hanno ricevuto alcuna autorizzazione. Ché nulla di ciò che riguarda la Politica individualmente ci appartiene. Neppure gli scranni e le poltrone su cui sediamo.
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