di FRANCO CIMINO
Dicono che dietro le minacce in rete ai personaggi famosi, specialmente se politici, si nascondano pericoli veri riguardanti la incolumità propria e quella dei familiari. Fanno bene quindi a guardarsene appropriatamente e a denunciare nelle sedi opportune. Dicono, invece, che gli insulti, che sulla stessa autostrada delle nuova comunicazione giungono loro, magari a valanga, per quanto fastidiosi alla fin fine male non farebbero. Specialmente, ai politici che ricaverebbero ondate di utile solidarietà, qualche simpatia e parecchi consensi in più. Per quanto io studi questi fenomeni da molto tempo, non so ancora quanto di vero vi sia in questa interpretazione.
A forza di venir detto, molti cercatori di notorietà nel mondo della mediocrità che i nuovi fragili palcoscenici ospitano, quasi rincorrono questa pubblicità negativa. Tuttavia, io credo che non vadano sottovalutati o trattati con rapida sufficienza, questi insulti. Specialmente, quelli che colpiscono la sfera morale o l’aspetto fisico della persona. In particolare, io credo che non debbano esser misurati sul terreno delle simpatie politiche, per cui, come per il pettegolezzo nostrano, sotterraneamente ci compiaciamo che altri abbiano detto ciò che avremmo voluto dire del nostro avversario politico, mentre, di contro, ci infiammiamo verso quelli rivolti al nostro “ amico”. Una sorta di ideologismo, questo atteggiamento, senza ideologia, che dalle osterie avvinazzate alle periferie della propria ignoranza, si muove contro il “nemico” come un macigno che lo sotterri.
Per questi motivi, trovo che l’attacco violento e volgare rivolto, attraverso un’intervista radio, da un professore universitario alla leader di Fratelli d’Italia, l’unico partito che ha una donna alla guida, abbia ricevuto solo la retorica di rito da parte della politica. Frasi fatte e solidarietà formale, a cui nulla aggiunge l’intenzione dell’Università in cui insegna quel prof di sospendere il “ reo” per tre mesi. Per il resto, solo i sostenitori di Giorgia Meloni, numerosi, a difendere il proprio leader parecchi ricambiando con gli interessi quelle volgarità. Pochi gli altri su fronti diversi, quando, invece, ci sarebbe dovuta essere una risposta unanime, forte, intelligente, razionale. Un’unica voce anche in questo caso. E non solo perché l’offesa tocca una personalità, che merita rispetto per il gran lavoro che sta svolgendo, dalla sua postazione politica per quanto diversa da quella di tanti, come lo è della mia, a favore del Paese.
Un lavoro, condivisibile o no - in tutto, in parte o poco - di certo onesto e sincero. Sicuramente molto più di quello di tanti celebrati attori del teatrino che è appena andato in scena in Parlamento con il giubilo “ interessato” dei nuovi fratelli gemelli di Mario Draghi’, l’uomo del salvataggio generalizzato. Un voce corale di protesta perché perché quell’attacco è soprattutto rivolto a una donna e alla donna. Esso si rivela, pertanto, non solo come sessista, termine dentro il quale pigramente nascondiamo ciò che più segna l’intera società. L’attacco mosso da un maschio maschilista contro la femmina oggetto minore o soggetto minorato, no, non è questo. Almeno, non è solo questo. È molto di più. È l’offesa portata contro la persona nella sua interezza. L’insulto è rivolto contro la Democrazia, che è il luogo non solo in cui libertà vive serena. Ma anche quello in cui si esercita la dialettica più feconda in quanto fondata sul valore delle diversità e sulla parità delle “ minoranze”. Sulla essenzialità delle opposizioni.
L’attacco ricevuto dalla signora Meloni, che è anche sposa e madre di una figlia piccola, si manifesta ancora più grave perché essendo stato lanciato, con parole troppo stupide da un docente, e per giunta universitario, pesa su tutta intera la società. Senza indugio affermo che esse colpiscono i giovani e l’intero sistema formativo del Paese nel punto in cui rischierebbe di indebolirsi la fiducia verso quelle figure e quei luoghi a cui affidiamo i nostri figli per vederli crescere più sani e più belli. Migliori di come noi li abbiamo formati e di quando li abbiamo ad essi affidati. La cattedra è come una la veste talare, una toga, il mantello bianco dei rappresentanti del popolo di antica memoria romana. Non si dismettono una volta usciti dal “ sacro tempio” dell’ Educazione e della Giustizia. Nessun educatore, in quanto formatore di coscienze, può ritornare cittadino normale se non quando avrà smesso, e forse nemmeno in quel caso, di svolgere la più alta delle attività umane.
Quel prof universitario, di cui non “rammento” il nome, probabilmente“ insultatore” costituzionale, ha offeso anche me che in cattedra ci sono stato per oltre quarant’anni e ancora non vi sono sceso. Le sue scuse tardive, e trattate probabilmente su più piani della propria personale convenienza, che siano state accettate o no dall’onorevole Meloni, non valgono, perché non possono giungere a tutte le altre parti colpite. Per la mia le respingo. Quale che sarà la decisione di quella Università, quel docente non merita di stare in cattedra, come gli altri che lo hanno preceduto su altre brutte cose di cui le cronache hanno ampiamente parlato.
Con questi sentimenti, da qui, abbraccio Giorgia Meloni, per tutto il valore che ha la sua persona e il suo essere donna bella in essa.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736