di FRANCO CIMINO
Egli parlava alla gente. A tutta la gente, non solo alla sua, quella più propriamente comunista, operaia o bracciantile, disoccupata, giovanile e femminile che fosse. Sono qui, io cattolico e democristiano, a rendere nuovamente onore a un grande comunista, un ateo ( per me religiosamente ispirato), un antifascista vero, un democratico coerente. Un sincero combattente per la libertà e il riscatto della povera gente. Un meridionalista appassionato e competente, un calabrese, lui sardo fino al midollo, innamorato della Calabria. Per lo sviluppo e la crescita democratica della quale, ha sempre combattuto. Contro i governi del "nord" e contro i rapinatori interni. Che le hanno succhiato il sangue e sfregiato la bellezza.
Quirino meridionale e meridionalista, sardo nel sangue e calabrese fino al midollo, era anche un catanzarese vero. Catanzarese di periferia e non solo perché abitava al rione Corvo, ma perché riteneva che la Città avrebbe davvero potuto rinascere se avesse saputo umanizzare le periferie, facendo di esse il luogo di nuove relazioni umane ed economiche e le diverse cerniere di collegamento con i molteplici centri cittadini. E con il mare, la risorsa, unitamente alla cultura, capace di creare un nuovo modello di sviluppo all’interno di un progetto politico finalizzato a fare della ricchezza complessiva lo spazio privilegiato in cui praticare le eguaglianze più vere. Quirino Ledda era anche un uomo di cultura autentica. Profonda. Leggeva ed aveva la casa disordinatamente tappezzata di libri. Tanti e di diversi generi di pensiero e di scrittura. Ma non era qui la sua caratterizzazione più fascinosa. Il suo amore per la cultura si rappresentava particolarmente nella ricerca e nella difesa dei luoghi di cultura. Quelli in cui si trovano storia delle città e vita delle persone. Segni della bellezza antica e lotte per l’avanzamento politico e civile delle popolazioni.
Si è battuto tanto, Quirino, per fare di questi “ monumenti” perduti alla vista collettiva e alla memoria della Bellezza, degli spazi fruibili da tutti. Luoghi aperti all’incontro tra le persone e tra la cultura e la città. Anche questa è Politica, diceva. Ed aveva ragione. Una sua battaglia io sostenni molto, proseguendola anche dopo la sua morte (di Quirino e con lui, mi viene da dire, della battaglia stessa, visto che sono rimasto solo a sostenerla). Ogni volta che ci penso (e ci penso tutti i giorni perché da quel monumento” tutti i giorni ci passo davanti), la nostalgia di questo pazzo di incorruttibile comunista mi sale come un groppo fino in gola. Si tratta dell’acquisizione al patrimonio del Comune, dopo anni di iniziativa legale determinata dagli accertati studi compiuti da Quirino, e prima ancora da Cesare Mulè, del complesso monumentale noto come ex ospedale militare.
L’idea di questi due valorosi illuminati” catanzaresi” , da me pienamente condivisa, era di fare di questo spazio enorme e così ricco di storia e di bellezza, un centro di alta istruzione e formazione. Un’insieme di facoltà universitarie (Legge ed altre umanistiche) oppure un centro poliartistico in cui allocare tutto quel ci fosse potuto entrare, dal Liceo Artistico all’Accademia delle Belle Arti, dal Conservatorio ai Liceo coreutico e musicale. Per “scelta” libera e partecipata del Comune, invece, si farà la nuova sede della Procura, fatto che determinerà un nuovo assetto urbano ed architettonico del capoluogo, complicando notevolmente lo sforzo, divenuto obbligato da tempo, di ricucitura del tessuto urbano. Quel tessuto lacerato e sempre più gravemente esposto al rischio di forti e insuperabili fratture già in atto.
Ecco perché Quirino manca anche a me, persona così diversa da lui eppure a lui così vicina. Il mio ricordo è nostalgia. La mia nostalgia è dolore. Il mio dolore è preoccupazione che senza l’avvento di altri che gli rassomiglino almeno nel coraggio di portare avanti “l’amore” per questa Città, Catanzaro non risorgerà e continuerà ad essere facile preda di ignoranti e ladri della sua bellezza. Manca circa un anno al prossimo rinnovo dell’Amministrazione Comunale e già da parecchio, nelle interminabili notti del coprifuoco del pensare politico, si vedono ombre lunghe agitarsi nelle mute vie fingendosi giganti solo perché tanti catanzaresi restano ancora assurdamente seduti sulle vecchie pigrizie e sulle nuove paure.
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