di FRANCO CIMINO
Gaetano Muleo era un’anima bella. Una di quelle che si incontrano poche volte nella vita, perché ne nascono poche e a distanza di tempo e di luoghi. Catanzaro ha avuto la fortuna di vedersela crescere in seno. Di lui si stanno scrivendo molte cose e tante ancora se ne diranno. Del medico e del suo amore per la conoscenza scientifica. Del medico e della sua passione per quel mestiere fatto di duri sacrifici, di giorni e notti trascorsi in corsia, di animo turbato per la sofferenza dei malati e per il dolore di chi , per amore, soffre con loro. Del ricercatore e della sua curiosità per la conoscenza, della sua intelligenza nel cercare sempre vie nuove per la medicina. Specialmente, in un settore solo pochi anni fa ancora poco perlustrato e, di più, poco praticato a Catanzaro. Dell’allievo umile, studioso, disciplinato, intelligente, in quella scuola originale inventata e diretta da quel grande della medicina che fu Antonio Alberti, il medico che aprì le strade, e i reparti, di ematologia e, di fatto, della prima oncologia.
Dell’organizzatore, di stampo manageriale, che dopo molti studi specialistici, istituì e diresse il primo Centro di Emofila e il primo, in Calabria, Servizio di Emostasi-Trombosi. Dell’amico sincero, umile e disponibile, colto e ironico, timido e simpatico. Dello sposo sempre innamorato e del padre più folle ancora d’amore per la figlia( non ricordo se avesse anche il maschio). Dell’uomo educato, rispettoso, fine e gentile. Di tutto questo oceanico Gaetano si sta dicendo e molto di più, tra lacrime e memoria, rabbia e nostalgia, ancora più avanti si dirà. Ma della sua anima bella, di quella sua anima limpida e luminosa, discreta come il fiume che scende nel mare e al mare si dona, ne dirà per sempre Catanzaro, la sua Città. E Perugia, l’altra sua tanto amata perché a Catanzaro la vedeva rassomigliante e perché Catanzaro voleva che ad essa rassomigliasse nell’efficienza e nella capacità organizzativa. In quell’anima c’era tutto. C’era quel corpo esile e forte, quei baffi sempre neri e folti, quel sorriso dolce e aperto, quegli occhioni grandi che divoravano il mondo e quegli occhiali grandi e rotondi perché il mondo in essi si imprigionasse.
C’era la sua bontà tutta carezzata dalla tenerezza, le mani grandi e gli abbracci trattenuti. C’era la sua ingenuità fanciulla e la sua fanciullezza di ragazzo incantato sulla bellezza, incantevole di bellezza. In quella sua anima bella c’era tutta la sincerità e l’onestà del mondo bello, l’amore per Catanzaro e il Catanzaro, la sua voglia di battersi per una vita migliore, i suoi sogni. E la sua delicata voglia di vivere. Quella voglia che ci resterà appiccicata addosso. Come una forza. Una lezione. Come una sua carezza. Come battito del suo cuore, che sentiremo ancora anche adesso che sembra essersi fermato.
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