Franco Cimino ricorda "Gino Rotundo, nell'elegante sua bellezza"

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Franco Cimino
  19 giugno 2024 20:28

di FRANCO CIMINO

Sono andato alla Pio X a salutarlo anch’io, nonostante questa opprimente improvvisa ondata di caldo soffocante, che non ha per nulla scoraggiato le tante persone che ho trovato in Chiesa ad aspettarlo già da un po’. Ci sono venuto da catanzarese, come faccio sempre per rendere onore, con la mia modesta persona, chiunque, dalla sua grandezza d’animo e dall’esempio del suo spirito di cittadinanza, abbia dato molto alla Città. Sono tutte quelle belle persone che hanno fatto forte Catanzaro, difendendola con amore immenso e la fatica enorme. Ambedue spesi attraverso l’umile attività svolta con altrettanta umiltà. Uomini normali, non eroi, di cui Catanzaro non ha mai avuto bisogno. Neppure nella stagione esaltante del nostro Risorgimento. Gino Rotundo era uno di questi uomini esemplari. Padre e marito, era tale. Nel lavoro lo era. Nel senso del dovere e della generosa donazione di sé, anche lo era. Il fatto che il suo nome fosse accostato a quello del mitico Guglielmo, lo documenta efficacemente.

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“Ginu Rotundu e Guglielmu” sempre insieme. Amici più che coppia imprenditore e dipendente. Gino accanto a quell’uomo bello di ogni bellezza, ha vissuto tutta una vita, contribuendo con la sua intelligenza, anche imprenditiva, insieme al “gemello” d’azienda, Alberto Fregola, che l’avrà già abbracciato in cielo, alla crescita della Guglielmo Caffè, industria turistica alberghiera. Gli è stato accanto con fedeltà totale. Con fattività intelligente e creativa. Gli è stato vicino per amore filiale, che figlio del grande uomo egli si sentiva. Gino, per me sempre signor Gino, ha accompagnato molta vita di migliaia di catanzaresi e “ forestieri”. Io non avevo consuetudini amicali, ma la sua presenza discreta, riservata, che nascondeva anche la sua timidezza, mi era molto cara nelle innumerevoli volte in cui ci siamo incontrati per via del suo lavoro e negli spazi, e dove se no? in cui indefessamente operava. Per quarant’anni e più. Tutti i giorni. Per tutto il giorno. In quel luogo. Dietro quel banco di accettazione. O, nonostante ne fosse il direttore, su e giù per quelle scale, in lungo e in lardo di quegli spazi, a risolvere problemi di ogni genere. Erano quelli del famoso Hotel Guglielmo, tanto caro al commendatore e alla bellissima sua signora che lo volle personalmente far diventare più bello e più moderno. Questo luogo ricco di fascino, era il luogo di Gino. Il suo amore. La sua seconda casa. Non era immaginabile “ l’albergo” storico senza di lui. Lo stesso commendatore, quando gli si chiedeva un’attenzione particolare per l’utilizzo, specialmente della sala convegni, rispondeva con la stessa unica frase:” parlate con Gino.” Basterebbe solo questo per dire che Guglielmo, il commendatore, era anche un po’ Gino. Ma di più basterebbe per dire che l’Hotel Guglielmo era Gino Rotundo. La eco della sua scomparsa è stata profonda in Città.

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Tutti a dire sulla stampa e in rete le stesse parole. “ Era un signore d’altri tempi, un galantuomo, un uomo onesto, una persona perbene e via di seguito sullo stesso motivo.” Frasi tutte vere. Sincere. Come il dolore sentito. Io aggiungo solo la cosa che mi ha sempre colpito di lui e che non dimenticherò mai. Era una persona delicata e gentile. Sempre attenta e disponibile. Equilibrata anche nel parlare, quando le poche parole che diceva risultavano sagge e “ congruenti”, per dirla con una personalità della cultura. Gino era anche elegante. Tutto. Sempre elegante. Nel portamento e nel vestire. Sempre ordinato, dalla folta chioma nera alle scarpe. Mai senza cravatta. Prediligeva il colore scuro, di più il blu, dell’abito. E non per ordinanza, ma per gusto. Un’eleganza bella, la sua. Piena. Della persona, elegante e piena, che era.

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