di FRANCO CIMINO
“Passatu u santu passau a festa”, è un detto antico che esprime molte cose. I detti popolari contengono più filosofia di quanto non ne contengano interi volumi dedicati. Oggi lo voglio applicare alla lettera. Ieri é stato il giorno di San Vitaliano. Non un santo qualsiasi, ma il Patrono di Catanzaro. Quello a cui più si lega non soltanto la devozione dei fedeli, in senso stretto, ma quella popolare, per il legame “ culturale” che la tradizione religiosa stringe con l’intera comunità cittadina. L’identità, sociale, e in parte anche individuale, di una comunità, è rafforzata dai riti e dai simboli. I quali, a volte, specialmente nei momenti più difficile, da soli rappresentano il comune sentire. Quello che lega, attraverso anche la tradizione, passato, tutto, presente, tutto, e il futuro, quello auspicato, sognato, pensato. Il Santo Patrono, svolge pure questa funzione. Come la bandiera e l’inno nazionale. Ve li ricordate quei balconi e quelle finestre, da cui circa due anni fa, sventolava il tricolore e Mameli veniva cantato a squarciagola? Da tutti, uomini e donne, bambini, ragazzi, giovani, anziani e vecchi. Ecco, le ricorrenze religiose, con la loro simbologia, servono a ridare fiducia a un popolo avvilito, energia ai cittadini stanchi, speranza alle persone sofferenti e sicurezza a quanti hanno paura. A Catanzaro abbiamo anche l’Immacolata e la Naca a completare questo quadro di riferimento. Riempiono il cuore di sostanza buona, di emozioni fertili e la mente di pensieri belli. Anche se nell’immediatezza, poco o nulla di tutto questo riusciamo a comprendere appieno. Ci aiutano e basta. Specialmente, nei momenti di passaggio, come quello che la nostra Città sta vivendo. La lettera che ho inviato al nuovo Sindaco e al nuovo Arcivescovo perché uniscano le loro autorità nello sforzo di favorire un processo di reale unità di Catanzaro, anche al fine di rilanciarne il suo ruolo in Calabria e nel mondo, muove in direzione di un lavoro insieme per il rafforzamento delle tradizioni locali e della forza che alcune di esse, specialmente quelle legate ai fatti di fede, esprimono sulla nostra Bellezza. Anche ieri, come in molti anni precedenti, la festa del Santo Patrono ha visto una comunità distante. Assente quasi. Il rapido passaggio della statua ha visto i negozi tutti chiusi e la processione, sempre più veloce, poche persone al seguito. A un certo punto è sembrato che il fatto più interessante fosse il debutto del nuovo sindaco e di quanti del suo nuovo seguito fossero diventati improvvisamente fedeli accesi o cittadini fedeli alla tradizione e sensibili alla cultura da essa espressa. Il compito aggiuntivo alle fatiche del sindaco e del vescovo, a mio avviso, é quello di evitare che il prossimo sedici luglio si svolga in questa tristezza dispersiva. Si lavori insieme, da subito, magari attraverso la costituzione di un comitato misto e paritario tra il Comune e la Diocesi, per preparare una festa grandissima, che inizi in quei giorni e prosegua per tutto il mese a cavallo tra luglio e agosto. San Vitaliano vorrà che di lui si approfitti per fare buone cose per Catanzaro. Perché se è vero che qui ce l’hanno mandato e più vero che qui avrà deciso di restare. I catanzaresi sono brava gente, non lo rinnegheranno mai. Anzi, anche grazie a lui e alle sue tante migrazioni e sofferenze, hanno potuto formarsi una coscienza attiva, in cui spirito di solidarietà e rispetto della persona sono diventati costitutivi di una identità sociale forte ed esemplare. Identità che rafforza il ruolo di guida che Catanzaro dovrà riprendere all’interno della Calabria, che del suo capoluogo forte e autorevole ha fortemente bisogno. Idee ce sarebbero tante. Domani, perlustrando nei cassetti delle mie proposte antiche, né tirerò fuori qualcuno tra le più importanti. Le offrirò al Sindaco, soprattutto, sicuro che egli le saprà accogliere e apprezzare. Dai, non facciamo più che “ passatu u santu passau a festa!” Facciamo, invece, passare il santo in processione e lasciamo che la festa, bella e lunga, produttiva e arricchente, duri a lungo. Ameno, trenta giorni. In tutti i quartieri della Città. E, qui, al centro del Centro storico, soprattutto.
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