Franco Cimino sulla festa dell’Immacolata, “matrona di Catanzaro e quel pianto del Papa”

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images Franco Cimino sulla festa dell’Immacolata, “matrona di Catanzaro e quel pianto del Papa”
Franco Cimino
  08 dicembre 2022 23:57

di FRANCO CIMINO

Ma che bella festa dell’Immacolata, quella odierna! Un’aria nuova si è mossa intorno ad essa. E a Lei. Nel Cielo. E dentro le case. E le chiese. Come uno spirito misterioso. Un’anima nuova. Pervasiva. Non invadente. Ché discreta ha aleggiato su di noi. La gente che ieri era visibilmente infelice oggi la si vede più serena. Un sentimento di pace sembra albergare dentro il cuore, come un bisogno d’Amore. Bisogno di amare. Di essere amati. Un bisogno di un canto diverso. Che è quello che abbiamo ascoltato nelle diverse chiese. Inni festosi alla Madonna, la madre celeste, sì, ma che sempre di più, noi tutti figli di una donna,

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La rivediamo nel bel volto e nel duro cammino di nostra mamma. Sentiamo uno spirito profondo che infonde speranza e si diffonde nel vissuto quotidiano quale bisogno anche di spiritualità, che si creda o no in Dio. Abbiamo bisogno di guardare oltre ciò che i nostri occhi oggi vedono. Vedere in profondità.

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Questo abbiamo bisogno. Cercare oltre. Oltre la mondanità ipocrita. Il potere meschino e le ambizioni cattive per raggiungerlo. Oltre le luci delle luminarie e dei negozi. Oltre le nostre tasche vuote. In profondità, dove non ci sia il fuoco delle guerre e le lunghe scie di odio che genera quelle guerre e ogni altro conflitto. Pure quello piccolo del nostro villaggio, dove manca da tempo il cortile, il pianerottolo, il corridoio, lo spiazzo della scuola, il braciere, il campetto sotto casa sterrato o in cemento. La piccola piazza degli incontri tra amici. Pochi ma conosciuti uno per uno, viso a viso, occhi negli occhi . Abbiamo timore di tutto. Anche timore della cultura del terrore che ci viene imposta come verità del reale, condizione inevitabile del vivere. Tutti chiusi nelle proprie case, una sorta di coprifuoco serale, cui ci spinge la diffidenza verso l’altro.

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Chiunque egli sia, se mostra povertà, la condizione che più temiamo ci appartenga già, è il diverso. Da temere. Da allontanare. Questo spirito nuovo, dallo smarrimento collettivo, fa emergere anche un timore diverso, più consapevole di poter essere modificato. Quello di non essere stati buoni padri, una santa famiglia, genitori educanti.

Questa società soffre di orfananza. Mancano sempre più punti di riferimento sia ideali che etici. Soffre, questa società del mondo globale, dell’assenza del padre. E del principio di autorità che egli incarna. Lo spirito nuovo che ci conduce nella spiritualità più profonda sembra aver creato un bisogno nuovo : se non siamo riusciti a essere buoni genitori, allora si ritorni, almeno per poco tempo, a essere figli. La festa di oggi, di Maria Immacolata, madre dell’umanità, ci porta questo desiderio, che va ben oltre la nostalgia. A Catanzaro lo abbiamo vissuto con più forza. L’Immacolata è la festa della Città. Forse, la più importante.

Essa è storia vera, oggi riprodotta in sintesi dal documento notarile letto in Basilica dal notaio, chiamato a rinnovare il patto d’Amore tra la Città e la Madonna, a cui si porta larga devozione popolare ininterrotta per quattro secoli. Si spera che l’Immacolata continui a salvare Catanzaro da ogni grave avversità, come, si dice sia avvenuto nel 1641 nel corso della peste. Forse, l’ha salvata anche mesi fa dal forte terremoto che l’ha colpita e dall’ultimo alluvione, di sabato scorso, che ovunque ha fatto più danni, anche irreparabili, che da noi. La Basilica è tornata a riempirsi tutta. C’era la gente e le autorità più attese. Ha commosso tutti la modifica introdotta nella cerimonia. Non ricordo se in passato era come l’abbiamo vista oggi. Non ho avuto tempo di studiarmi storicamente il fatto.

Però, è stato bello, che il Vescovo andasse incontro al Sindaco, fuori dalla chiesa e che insieme entrassero, scortati dagli stendardi e dai gonfaloni, da sacerdoti e assessori, in Basilica. È un gesto, questo, che va oltre la ritualità e la simbologia rapida. Fa riflettere, pensare nel profondo.

Una cosa su tutte, che per operare insieme, Chiesa e Comune, per il bene della Comunità, per la rinascita del territorio, la sua salvaguardia, la costruzione di ricchezza autentica equamente divisa tra i suoi produttore e quanti non hanno nulla se non il carico dei propri bisogni e delle proprie debolezze, l’incontro deve avvenire sul campo. Laddove c’è la gente tutta. I, giovani, soprattuto, che non vanno in chiesa e che si negano alla politica. E i sempre più numerosi vecchi che, in un luogo privo dei servizi più essenziali, si trovano lontani da tutto.

La strada, è il campo più adatto. Qui può nascere, stimolata da quanti con maggiore autorevolezza sono stimolatori delle sensibilità, una nuova coscienza. Prima civile e, poi, politica. Una coscienza individuale e collettiva capace anche di creare nuova classe dirigente, intelligente, colta, raffinata. Preparata. Onesta. E una Catanzaro bella. Più bella di quanto già non lo sia, per me la più bella del mondo.

Il Vescovo e il Sindaco, sembrano avere una buona intesa anche umana. Cambiare si può. Ma la Politica e la Chiesa, devono essere più coraggiose. E più coerenti rispetto ai valori professati e agli impegni assunti. Dovrebbero essere un po’ imitatori di Francesco, il Papa, per i cattolici e gli uomini di fede, l’uomo, per tutti gli altri, laici e non credenti, dallo spiccato carisma, che, nel vuoto di autorità di cui ho detto sopra, sta esercitando, solitario e stanco, il ruolo di leader di questo mondo incendiato.

Oggi, a Roma, in piazza di Spagna, davanti alla statua dell’Immacolata, ha compiuto un gesto altamente rivoluzionario. Ha pianto, mentre pronunciava le seguenti parole:” “Avrei voluto portarti oggi il ringraziamento del popolo ucraino.” L’uomo di fede che rimprovera il Suo Dio e resta incredulo davanti alla richiesta inascoltata.

L’uomo semplice, umile e combattente, il cercatore di pace e della bellezza dell’uomo, che piange di acuto dolore per queste guerre, armate di fuochi e di miseria indotta, di uccisioni nei campo di battaglia e nei mari, di soldati senza divise e di naviganti senza bussola, specialmente bambini. E donne, madri addolorate che cercano di salvare i propri figli. Come fa, apparentemente anche senza i risultati sempre desiderati, la Madonna. Maria Immacolata. Per noi la mamma, la Matrona di Catanzaro.

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