Franco Cimino sulle offese di Feltri ai meridionali: "Lui, il nulla proclamato eroe e l'indignazione che non si fa politica..."

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images Franco Cimino sulle offese di Feltri ai meridionali: "Lui, il nulla proclamato eroe e l'indignazione che non si fa politica..."
Franco Cimino
  23 aprile 2020 22:43

di FRANCO CIMINO

Denunciarlo all’ordine dei giornalisti, cosa più volte già avvenuta, non serve a nulla. La maggior parte degli ordini professionali si comportano, spesso, come vere e proprie corporazioni, gruppi chiusi a tutela reciproca degli aderenti. Non so se in passato questo personaggio abbia subito delle sanzioni. Qualcuna, forse, e di scarsa efficacia, mi sembra l’abbia ricevuta. Di certo, in tribunale, più volte, è stato chiamato a pagare, in solido, per le offese gratuitamente inferte ad alcune persone note. La sua condotta, però, non è mai cambiata. Anzi, è piuttosto peggiorata con gli anni che adesso lo fanno apparire più vecchio dei suoi settantanove, nonostante si metta in ghingheri e si copra con quelle giacchette colorate, che potrebbe meglio far valere, se quel naso che si ritrova riuscisse, magari con bella bottiglia di Barolo, a farlo rosso. Così da apparire fisicamente più vicino al personaggio buono e ingenuo cui noi vorremmo per generosità meridionale accostarlo.

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L’ho considerato vecchio, come a volerlo sminuire, togliergli lucidità e nel contempo dignità. Ho sbagliato e mi correggo. Essere vecchi è un grande privilegio, la migliore forse delle condizioni umane, quando non si venga aggrediti da malattie, ché la vecchiaia malattia non lo è affatto. Lui non sarà vecchio, ma corpo e mente però si indeboliscono visibilmente . Perdono un chilo di bellezza al giorno, pardon, ad uscita televisiva. A prescindere dagli anni, che gliene auguriamo più di cento, lui continuerà a dire castronerie( usiamo una sua parola del Nord) le più banali. Lo fa perché non ha nulla da dire, perché si è costruito un personaggio che può risultare utile agli orrendi spettacoli di certa televisione, che per quel suo imporsi come falsamente originale lo paga. Per questo gli é indifferente una sospensione dall’attività di giornalista, quale meriterebbe e quale nessuno oserà comminargli.

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Non scrivere non sarebbe un suo problema, ché quello suo non è mica scrivere. Non fa il giornalista, ché quello che fa non è da giornalista. Non aumenta le vendite del suo giornale, che non gli interessa di incrementarle. Lui, addirittura, forse, non pensa neppure a ciò che dice, ovvero ciò che dice e scrive non lo pensa. Forse, incredibilmente è più buono di quel che sembra. Di certo, più buono di tanti altri giornalisti dal volto fanciullo. Lui semplicemente non è. Non ha un pensiero originale, non una chiara posizione politica. Non appartiene ad alcuna rilevabile corrente culturale filosofica o politica. Non ha una religione e vorrebbe presentare il suo sterile ateismo, nel velenoso attacco alla Chiesa e a questo Papa, come una sorta di religione laica di illuministica derivazione. Non è liberale, neppure nella versione più cruda del liberista “ saccheggiatore”. Non è materialista. Non è neppure di destra e forse neanche fascista. Tutte cose, queste, che lui non può essere perché dalla sua abborracciata erudizione non ha mai tirato fuori uno straccio di cultura.

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Lui non è, quindi. E neppure ci fa perché non è cosa sua. Lui soltanto fa. Fa una cosa che gli può essere utile, procurargli qualche altro guadagno facile da godersi in un edonismo magari diverso da quello in cui è vissuto, passione per i cavalli a parte, che è tutta un’altra cosa, e buona cosa anche se fosse stata vissuta in modo elitario e aristocratico. Lui non è, ma fa. Due cose. Due sole misere cose: dare voce a quella minoranza cattiva, egoista, ignorante e violenta di un Nord egoista e cattivo, che per i “diné” non guarda in faccia a nessuno e che vede tutti gli altri, non solo i meridionali, come nemici. Questo piccolo pezzo di Nord, non di spirito italiano, ha sempre bisogno di nemici per scaricare, come gli ultras estremisti, la propria rabbia contro il mondo e la frustrazione di non sentirsene mai all’altezza. Questo piccolissimo angolo di perduta umanità odia l’umanità che trova in giro. E ogni volta la identifica in un soggetto diverso. Anzi, nel diverso. Il diverso che con la sua mediocrità morale e intellettiva costruisce.

Una volta sono i meridionali, un’altra gli immigrati, un’altra ancora gli omosessuali e i negri. Lui adesso, in nome di questa agguerrita minoranza, attacca i meridionali, non solo perché di immigrati se ne vedono pochi, ma perché quel Nord ha paradossalmente bisogno di manodopera a basso prezzo da sfruttare nelle loro campagne e nelle loro piccole fabbriche, e non ne trova in giro. E allora usa il termine “ meridionali inferiori in molti casi” per racchiudere in una sola parola l’unica razza umana che farebbe schifo a lui per conto dei suoi “padroni”, quella dei diseredati. Degli ultimi, dei poveri, degli esseri umani erranti per bisogno di pane, di libertà e dignità. L’altra cosa, che lui rappresenta, è quel sistema che lo copre e lo utilizza per continuare quell’opera di diseculturazione, (mi si lasci passare il termine)e di imbarbarimento, cui da oltre vent’anni si sta dedicando utilizzando gli strumenti più efficaci a disposizione, le televisioni. Al plurale. Quei diversi canali televisivi parlano a un pubblico da quel sistema e da quella subcultura formato, direi creato. Ed è un pubblico sempre più numeroso. Per lunghi anni lo ha addormentato, allontanandolo da ogni fatto che potesse lasciarlo almeno pensare. Quel sistema ha somministrato, con una velocità supersonica, notizie alterate o mascherate e programmi leggeri per non dare il tempo di pensare o di selezionare una sola di quella informazione. Ovvero, criticare lo show dell’ottimismo sfrenato mandato in onda a tutte le ore, ogni giorno.

Quel sistema si è impadronito della politica e ha occupato con suoi uomini le istituzioni, ha inventato la filosofia delle tre I e poi coniato lo slogan “ con la cultura non si mangia”. Ha promesso a tutti di diventare ricchi, la gente ci ha creduto ed è andato avanti. Ha chiuso i teatri, ridotte al lumicino le sale cinematografiche nelle quali consente la programmazione dei film delle proprie catene di distribuzione. Ha ridimensionato la scuola pubblica e sottratto risorse alle università statali nel contempo rafforzando solo quelle private, costruendo per esse quel canale privilegiato per ottenere un discreto posto di lavoro. Dopo la lunga fase di addormentamento, questo sistema ha avuto bisogno di tenere svegli, per obiettivi che ben si notano, i suoi prodotti da laboratorio del grande fratello. Svegliarli significa tenerli accessi, dinamici, forzuti. E ha inventato la televisione piazza. Quella aggressiva, in cui tutti si sfogano aggredendo indiscriminatamente o chiunque la televisione gli mette davanti come la pecora al lupo. Chi grida più forte, chi insulta più duramente, chi mostra i muscoli o i “ maroni”, vince. Come in quei combattimenti tra galli, in cui la partita finisce sempre con la soppressione fisica dello sconfitto. Questo personaggio recita( il lui di cui qui si scrive e tanto nelle piazze virtuali si parla) e male, la parte che gli è stata affidata. Fossi io il regista lo licenzierei. Lui sa che deve fare quella cosa e la fa, malissimo ma la fa. Altrimenti, se fosse come tanti lo vediamo sul piano morale, non si capirebbe perché lui e il suo discepolo ciambellano in trasmissione, e altri, come lui e più di lui, vengano puntualmente invitati in quei programmi volgari chiamati talk show. Lui sa bene che per essere chiamato e per essere pagato deve essere odiato.

Se è così, e così è, due sono gli errori che, a grandissima maggioranza di indignati meridionali, si stanno commettendo in questi giorni. Il primo è parlare di lui come fosse un eroe del campo avverso, un generale invincibile, un leone indomabile, il nemico più pericoloso. Molti involontariamente gli stanno facendo la propaganda che desidera. Il secondo è più grave: concentrare tutte le energie su di un nulla totale, un personaggio di tale insignificanza, distraendoci dal combattere apertamente, tutti i giorni, in ogni luogo e in ogni modo democraticamente consentito, quel sistema di potere che ha prodotto questa situazione del Paese e che di questi feroci imbonitori si serve per perpetuarla, significa continuare a lasciar fare. A fare ciò che contro il Paese della cultura e della democrazia, questi signori, stanno facendo. A fare in modo che tutti, i nostri figli e le prossime generazioni in particolare, si diventi come quelli che lui rappresenta . O come l’immensa platea di dormienti, che talvolta vengono svegliati per sfogarsi un po’ per le sofferenze e le frustrazione accumulate. E, allora, lasciamolo stare questo nulla che vive solo dell’ossigeno propagandistico che le sue presunte vittime gli somministrano con una indignazione inutile e debole.

Non è lui il vero nemico. Il nemico è davanti a noi. Nella società delle divisioni e delle ingiustizie, delle emarginazioni e delle solitudini, che questo sistema tardo capitalistico copre con le sue false lusinghe e le mille paure inculcate nella gente insieme alla falsa promessa di un mondo tranquillo senza confini e barriere. È da qui che bisogna partire unitariamente per respingere non l’epiteto del meridionale razza inferiore, che è come lo sputo in aria, ma la più resistente ideologia sul Meridione, e i Sud del mondo, terra unica abbandonata e fabbrica di manovalanza a buon mercato. Per i potenti di questa infinita tragica stagione e la loro economia dell’ingiusto profitto e dello sfruttamento dell’essere umano svuotato di ogni dignità.

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