Franco Cimino: "Un primo maggio diverso per un primo maggio migliore"

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Franco Cimino: "Un primo maggio diverso per un primo maggio migliore"
Franco Cimino
  01 maggio 2023 15:52

di FRANCO CIMINO

Questo è un Primo Maggio diverso. Diverso pure dagli stessi che da venticinque anni l’hanno preceduto, progressivamente indebolendolo. E nella forza e nel significato. È diverso perché il tempo di oggi è diverso. Tempo non soltanto politico. È la prima volta del Primo Maggio del primo governo di destra nella storia del Paese. Intendiamoci, non la prima volta della destra al governo, essendosi questa, come cultura camuffata, per lungo tempo insinuatasi nell’azione di vari governi, portando l’Italia a modificazione sostanziali sia del tessuto economico, sia della composizione sociale, sia della politica. Ma è la prima volta in cui la destra con il suo volto visibile siede al governo con il suo leader, che lo presiede. E con un programma che, tra contraddizioni, furbizie e ambiguità, è sempre più caratterizzato, muovendosi sempre di più in quella direzione, non senza la complicità dell’Europa. C’è ancora: la destra arriva al governo con il consenso popolare. Un consenso ampio, in relazione a quello ottenuto dalle altre forze politiche, segnatamente quelle alleate rispetto alle quali il divario è enorme. Ma è un consenso basso rispetto alla partecipazione al voto, che per la prima voto si riduce del quaranta per cento. Per cui, facendo il rapporto elettori-popolazione( con riferimento alla fascia d’età che va dai quattordici anni a salire) il centrodestra governa con meno del quaranta per cento e la destra lo guida con meno del vento per cento. Affermo a occhio, senza dati precisi, cifra più cifra meno. La sostanza è che, sia pure legittimamente, si sta andando, per la cosiddetta disaffezione dalla politica, verso governi minoratari con maggioranza parlamentare vasta. E questo non è bello. È un’anomalia che il Paese della più bella Costituzione al mondo non può consentirsi, pena la progressiva modifica, vieppiù stimolata dalla genericamente intesa globalizzazione, della qualità della democrazia. Non è bello ed è pure pericoloso. E non per il paventato ritorno del fascismo, preoccupazione inesistente poco intelligentemente, tra l’altro, propagandisticamente utilizzata da un PD in crisi di linea politica e dai suoi piccoli satelliti eternamente sospesi tra un idealismo confuso e un tatticismo infantile. È pericoloso perché reali modificazioni al sistema sociale e alla sua impalcatura democratica avverano senza riforme e senza partecipazione popolare che le sostanzino di una fiducia attiva. È pericoloso perché tutto ciò che sta avvenendo nel Paese da oltre vent’anni è anche frutto della più grave crisi della sinistra, che non ha saputo fare i conti non solo con la storia del comunismo italiano, ma paradossalmente anche con quella della scomparsa del PCI. Una scomparsa avvenuta sotto lo stesso silenzio che ha coperto quella della Democrazia Cristiana.

Banner

Questo Primo Maggio è fragile, per l’assenza del partito che l’ha utilizzato quale festa dei lavoratori, essendone il rappresentante ideologicamente più accreditato. È fragile per il continuo indebolimento dei sindacati. È fragile perché le forze di maggioranza, in particolare la più robusta, lo temono non avendolo mai, per ragioni ideologiche, amato. È debole perché via via che si sia indebolita, e modificata, l’economia nazionale, alla progressiva riduzione dello spessore del ceto medio si è aggiunta quella assai più profonda della classe dei lavoratori. È debole perché insieme a quella classe manca il lavoro. È debole perché mancando il lavoro, riducendosi quello classico delle fabbriche e dei cantieri, la forza dei lavoratori è venuta meno quale forza popolare di lotta per i salari e quale spinta per il cambiamento dei rapporti governo- sindacati, industriali, imprenditori e lavoratori. È debole perché né i sindacati, né le forze politiche, specialmente quelle di centro e di sinistra, hanno compreso la reale portata del cambiamento intervenuta anche in Italia nel mondo del lavoro. C’è un lavoro non tutelato, c’è un lavoro non visto, c’è un lavoro che è la brutta copia di qualsiasi attività umana. Questo lavoro è sottopagato e sfruttato, nella più parte dei casi addirittura privo di ogni tutela. È il lavoro chiuso nelle gabbie asfittiche dei call center, quello a cottimo e delle partite iva, quello “ gentile, agile e snello” , che si fa da casa, consentendo ai titolari delle aziende di sfruttarne ogni risorsa, mantenendo i salari bassi mentre risparmiano notevoli spese per la gestione aziendale. È il lavoro nei cantieri e nei campi, dove vengono schiavizzati i nuovi sottoproletari degli immigrati senza documenti e senza diritti. Questo sistema, e la forza irresistibile del ricatto che lo sovrintende, si alimenta, secondo la più resistente previsione marxiana, del più lungo esercito di riserva che forse, in rapporto alla modernità, abbia mai bussato alle porte del lavoro. È un primo maggio diverso, quindi, perché solo la festa del Concertone, che si organizza da più di un decennio nella piazza più grande di Roma, riesce a radunare decine di migliaia di giovani, tra l’altro i cittadini più distanti, nella loro maggior parte, dal lavoro. Il tentativo che da più parti viene fatto è cancellare, come dimostrano alcuni plateali atteggiamenti, il significato di questa festa, facendo il paio con quello del Venticinque Aprile. C’è una risposta democratica a questo rischio? Certo che c’è. Essa la indica chiaramente il presidente della Repubblica, quando la indirizza su due strade parallele che, come insegna Moro, si incontrano sempre nel punto più alto della Democrazia, la Costituzione, che ne rappresenta la bussola e la segnaletica dei valori.

Banner

Queste due strade sono: un piano straordinario per la creazione del lavoro, che in pochi anni, raggiunga tutto l’esercito di chi ne è senza; una rigorosa iniziativa legislativa per l’abbattimento del lavoro precario, per la costruzione di ogni garanzia che assicuri a quanti lavorano uno salario-stipendio, adeguato alla quantità e alle mansioni del lavoro svolto, e tutte le forme che assegnino al lavoro stesso la qualità e la dignità quale parte integrante dell’inviolabile dignità umana. Siamo ancora nell’anno settantacinquesimo della Costituzione della “ Repubblica fondata sul lavoro”. Il modo migliore per onorarla e servirla è di ripartire da questo valore assoluto. Valore di Libertà.

Banner

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner