di FRANCO CIMINO
Alfredo Serrao è un ragazzo cui tutti dobbiamo molto. Gli dobbiamo il suo attaccamento alla Città, specialmente alle sue aree più deboli. Gli dobbiamo il suo incessante interessarsi della condizione degli anziani in Calabria, le battaglie che ha condotto per loro, in particolare per quanti tra loro vivono nelle case di riposo, come le chiamavamo un tempo. Oggi, invece, RSA. Gli dico “ ragazzo” non solo perché, pur nell’alternanza emotiva tra leggerezza e tristezza, egli si conserva sempre con quel volto di eterno bambino, ma per quel suo legame con la madre che lo porta ad essere figlio attento di tutte le mamme e i papà che invecchiano tra paure e bisogno di cure, solitudini e attese di carezze, giorni che l’anagrafe vorrebbe contati e desiderio di vivere ancora nella dignità e nella sicurezza.
Gli dobbiamo, pertanto, le coraggiose battaglie, che, in totale solitudine, da anni porta avanti per il miglioramento delle strutture, residenziali ed ospedaliere, che, per principio costituzionale incancellabile più che per la legge, sono preposte alla cura e protezione di quel lungo delicato esercito di uomini e donne a cui la società, sempre più disumanizzata, sembra assegnare il ruolo di sopravvissuti indesiderati. Ovvero, il peso di un carico troppo costoso e per taluni anche inutile. Oggi, Alfredo Serrao, ritorna in campo con un altro problema della cui rischiosa pendenza ci aveva negli anni più volte avvertito. Ha un nome, il problema, che solo a pronunciarlo tutta la Città dovrebbe alzarsi in piedi in segno di rispetto e ringraziamento per il grande servizio che le ha reso e per il prestigio di rilevanza nazionale che le ha conferito.
È VILLA BETANIA, il cui nome scrivo tutto in maiuscolo per la mia personale emozione. Essa è un monumento alla umanità e alla civiltà della nostra Catanzaro. Ed anche alla grandezza della sua Chiesa locale, entro le cui braccia nel 1944, addirittura, per le mani sante di tre sacerdoti Giovanni Apa, Giovanni Capellupo, e di una donna consacrata, Maria Macrina, dal nulla è nata la prima struttura assistenziale con l’esclusivo compito, di emanazione evangelica, di promuovere, difendere, sostenere, la dignità delle persone fragili, quelle più bisognose di essere amate e accettate. In questa opera diedero tutte le loro energie tante persone belle, la cui santità hanno esercitato, il medico Raffaele Gentile, ed esercitano ancora, mons Antonio Cantisani, nella loro vita “ donata” alla carità. La carità “ politica” anche, non solo cristiana, perché da ogni azione umana in favore dei più deboli( anziani e disabili, in particolare) nascesse un atto di giustizia e strutture sociali che la garantissero sempre. Si chiamava, e per lungo tempo si denominò, “ In Charitate Christi, quella prima colonna del monumento. Che negli anni crebbe molto e nelle strutture e nei servizi e nel numero di occupati qualificati, fino a diventare uno dei centri assistenziali più efficienti e moderni dell’intero Mezzogiorno.
Tuttavia, come accade sempre per le cose belle create da noi, negli ultimi tempi, che non so quantificare negli anni (saranno dieci o poco più) Villa Betania, il nome nuovo che la Fondazione ha preso dalla sua crescita e modernizzazione, ha incontrato sempre maggiori, molteplici e diversificate difficoltà. La sua pesantezza finanziaria, in particolare, crescente e “ pugnalante”, (la Regione non le paga le rette per decine di milioni di euro, e poi a singhiozzo minimamente e periodicamente rifonde)prima ha preteso di metterla in ginocchio, riuscendovi in parte, poi di farla morire, non riuscendovi nonostante il costante imminente pericolo. Tutto questo fortunatamente non è avvenuto per la strenua difesa e per le coraggiose iniziative intraprese dall’Arcivescovo, Vincenzo Bertolone, anche lui lasciato solo in questa strenua battaglia. La Città ancora non si mobilita intorno alle sue preziosità e capita che (come in passato è accaduto per altri pure importanti beni), esse, da altri, all’esterno del suo cuore, vengano indebolite e fatte morire per tentare di farle passare facilmente, a costo quasi zero, nelle mani di qualche “ prenditore” egoista e spregiudicato.
La battaglia di Serrao, allora, sia anche la nostra (specialmente quella più contingente di assicurare a tutti gli ospiti il servizio più giusto e più degno in questa fase emergenzale )e l’impegno di Bertolone, sempre attivo nella difesa dei poveri, dei fragili, e degli ultimi, sia da noi tutti sostenuto, affinché Villa Betania torni ad essere quella struttura eccellente che sappia dare, sul più delicato problema sociale, la cura e la difesa dei nostri“ vecchi”, quelle risposte che la politica, per sua incapacità e insipienza, purtroppo ancora non riesce a dare. E visto che ci troviamo nel discorso, diciamolo pure e con chiarezza che Villa Betania è nostra e non si tocca.
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