di EDOARDO CORASANITI
Nessuna prova di corruzione, nè un collegamento con ricorrenti che sarebbero stati agevolati in Commissione Tributaria: le motivazioni dell’archiviazione incassata dal giudice Marco Petrini (difesi Francesco Calderaro e Agostino De Caro) e Massimo Sepe (difeso dall’avvocato Tiziano Saporito), il cancelliere della Commissione Tributaria di Catanzaro, sono spiegate nella richiesta di archiviazione della Procura di Salerno e nel decreto del Gip che ha accolto le ragioni della difesa e del pm.
E’ un filone del processo “Genesi”, il blitz di gennaio 2020 in cui la Dda di Salerno ha acceso i riflettori su un presunto giro di corruzione presente nella Corte d’Appello di Catanzaro. Imputato numero uno il giudice (ora sospeso) Marco Petrini, accusato di corruzione in atti giudiziari e già condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione con rito abbreviato. È in corso il processo d’appello.
Questo capitolo dell’indagine riguarda dei regali che Petrini avrebbe ricevuto per il suo interessamento ai ricorsi depositati in Commissione Tributaria su alcuni accertamenti dell’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.
Ma le accuse hanno bisogno di prove e in questo caso, secondo il Gip, le prove non ci sono. Perché Petrini dopo il suo arresto non è stato in grado di dimostrare come verso chi il suo interessamento si sarebbe rivolto e nemmeno le modalità di agevolazione. Inoltre, come evidenziato dalla difesa, gli acquisti degli orologi (Rolex, Cartier, Hublot, Panerai) si sarebbero realizzati sul sito Ebay. Che peraltro sarebbero stati grossolane riproduzioni degli originali.
E ancora: tra Sepe e Petrini ci sarebbe stata un’amicizia consolidata negli anni che avrebbe giustificato lo scambio di doni e regali. In alcuni occasioni, inoltre, lo stesso Petrini gli avrebbe regalato denaro per l’acquisto degli orologi.
Con una certezza che il Gip ha confermato: in nessun caso gli orologi hanno rappresentato il prezzo dello scambio di una presunta corruzione.
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