di TERESA ALOI
Il tempo passa, ma non la speranza di riabbracciare Massimo Torregrossa, il cinquantunenne, originario di Aversa, ma residente da tempo a Catanzaro, dove fino al 13 agosto scorso lavorava come operatore impiegato negli uffici amministrativi di Fondazione Betania.
Dopo la sorella Stefania, stasera durante la trasmissione “Chi l’ha visto”, che da settimane si sta occupando del caso, sono stati i genitori e l’amica Paola a lanciare il loro accorato appello.
“La vita deve andare avanti – ha detto il padre – qualsiasi cosa sia successa. Tu devi stare con le persone che ti vogliono bene e queste persone siamo noi. Anche se i figli crescono per noi restano sempre bambini”.
Una telefonata, un cenno, un appiglio dove aggrapparsi per riabbracciare Massimo che dal 1 agosto ha scelto di far perdere le tracce.
L’ultimo avvistamento, che si è rivelato purtroppo infondato, era stato a Tropea quando, qualche settimana fa, sempre alle telecamere di "Chi l'ha visto", Stefano, un giovane dall'accento straniero, aveva raccontato di aver riconosciuto Massimo Torregrossa. "Aveva un pantaloncino nero, una maglietta verde, i capelli bianchi e un graffio al braccio". Aveva ricordato il giovane. Ma poi nulla. Nessuna traccia. Niente.
E, allora, l'angoscia dei genitori e degli amici di Massimo cresce e gli appelli, se possibile, diventano ancora più disperati.
L'ultima volta che la famiglia ha visto Massimo era luglio. Lui era tornato a casa per rivivere la sua infanzia. Si spiegano così quelle foto scattate davanti al portone della casa che gli ha dato i natali, davanti alla chiesa, dedicata a Sant'Antonio, dove Massimo celebrò la sua prima messa. Lì, dove è nata la sua vocazione. Le missioni, i viaggi. Poi, l’amore. Per la fidanzata diventata moglie. E lo spettro della separazione. Il resto è storia di oggi.
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