Giornata contro la violenza sulle donne, a Taverna la testimonianza di Maria Elisabeth Rosanò

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images Giornata contro la violenza sulle donne, a Taverna la testimonianza di Maria Elisabeth Rosanò
Don Vitaliano Caruso, Maria Elisabeth Rosanò e don Antonio Ranieri
  26 novembre 2024 10:32

di CARMINE MUSTARI

Un urlo, gridare, appare esagerato, ma è necessario, le donne devono imparare a farsi sentire. Questo è quello che è emerso  dalla serata dedicata alla Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne a Taverna, nella Chiesa Monumentale di San Domenico, organizzata dal gruppo intercomunale Avis Presila, Avis Provinciale di Catanzaro, dal sodalizio “Il pensiero delle donne” e dalle comunità parrocchiali di Taverna, con il patrocinio del Comune di Taverna. Ad aprire i lavori della delicata tematica ci ha pensato don Antonio Ranieri, il quale riprendendo il tema da una tela di Mattia Preti ha narrato la vicenda biblica di Susanna che subì lo stupro da parte di due amici di famiglia e la quale fu condannata a morte con una sentenza senza appello.

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Solo una circostanza a lei favorevole, grazie ad un intervento di un fanciullo le consentì di salvarsi da morte certa. Ma anche oggi spesso le donne hanno tante difficoltà ad essere credute, poco è cambiato. Subito dopo la proiezione di due clips video si registrava la testimonianza di Maria Elisabeth Rosanò, oggi di 26 anni residente a Girifalco, la stessa si è laureata con una tesi sulla violenza di genere ispirata dalla sua tremenda vicenda personale, infatti all’età di 6 anni ha assistito all’omicidio della madre Anja, uccisa dal marito con un fucile da caccia. Una testimonianza coraggiosa, ha dichiarato don Vitaliano Caruso, che ha posto una serie di quesiti. Maria Elisabeth, ha narrato la sua esperienza, motivata e emotiva, un racconto che non è semplice.

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Una bambina di 6 anni non riesce a gestire da subito quello che è un evento così tragico, ha fatto impressione il suo racconto, quando ha detto che vedendo il padre uccidere la madre, lei ha avuto un istinto dandogli dei calci, poi i suoi piedini scalzi che hanno camminato sul sangue, e lei non ha voluto lavarli per qualche giorno, come se non volesse il distacco, come se volesse tenere intimamente un qualche cosa della mamma. Non è stato semplice ma  Maria Elisabeth, né il raccontare, né la sua vita lo è stata, ha vissuto la realtà dell’orfanotrofio, “tre anni terribili” ha detto. Ma sono stata più fortunata dei miei fratelli, io sono stata adottata da due persone meravigliose come i miei attuali genitori. Loro sono rimasti chiusi sino a hanno compiuto i 18 anni, ed ora hanno una vita.

Quando le stato chiesto il sentimento verso il padre ha detto: “Non gli auguro nessun male, sono cresciuta con dei valori cristiani, ma non riesco a perdonarlo, non è semplice, io non farei mai del male a nessuno, vorrei che tutti avessero un comportamento come il mio, io sono capace di rischiare la mia vita per difendere chiunque, una cosa è certa, non vado a messa tutte le domeniche, ma non sono nemmeno come quelli che ci vanno per battersi il petto e poi non difendono nessuno o peggio fanno del male al prossimo” . Una serata che ha fatto riflettere, si è detto che le donne devono essere consapevoli del loro valore, che devono cambiare le cose, che tutti devono costruire un dialogo, quel dialogo in grado di educare l’uomo ad avere rispetto per la donna. Si devono ricostruire quelle sinergie che oggi sono oramai quasi scomparse, sinergie tra istituzioni, famiglia e scuola, con il fine di educare al rispetto. 

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