di FRANCO CIMINO
Oggi il calendario civile segna la “Giornata della memoria”. Chissà se nelle scuole, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, in tutte le classi che vedano scolari e studenti, se sia parlato e se, sul significato di questa, i docenti abbiano intrecciato le lezioni di tutte le discipline, da quelle umanistiche a quelle scientifiche. Nelle televisioni e sui giornali, poco o nulla, notizie comunque relegate in pagine lontane dalla prima.
L’orrore dell’antisemitismo e la shoah sono coperti dai titoli che occupano il maggior tempo e il più ampio spazio dell’informazione, il Covid e l’elezione del Presidente della Repubblica. Pertanto, il solito rapido racconto, con filmati in bianco e nero consunti, e le solite, anche queste rapidissime, celebrazioni di rito. E anche le solite dichiarazioni che sembrano uscite tutte dal più vecchio ciclostile. Il rischio che la “Giornata della Memoria” resti staticamente racchiusa in quella data del ventisette gennaio del millenovecentoquarantacinque, che al mondo ha aperto i cancelli dell’inferno e mostrato fin dove possa arrivare la cattiveria umana. Una cattiveria che si rinnova e si diffonde, di tempo in tempo, da nazione a nazione, da gente a gente, etnia e geografie comprese, e alla quale il grande popolo italiano, così ricco di civiltà antica, tristemente rappresentato in quegli anni, non è stato da meno. Parlo impropriamente di popolo, perché nelle sciagure dell’umanità, nulla può avvenire senza una psicosi collettiva che ammorbi le coscienze, e senza quella passività o addormentamento delle intelligenze, per attivare le quali il potere, qualsiasi potere deprivato del suo proprio senso umano, agisce con ogni mezzo disponibile.
Specialmente, quelli che contribuiscono a formare il sistema della “ propaganda di regime”. Una sola domanda dobbiamo porci tutti: è cambiato il mondo da allora? In verità, è la domanda che si ripete, ma non ce la facciamo mai, ad ogni evento, anche direttamente estraneo alla mano e alla volontà dell’uomo, che distrugge migliaia e migliaia di vite umane. E qui non uso il temine assai suggestivo “ innocenti”, perché a mio avviso, ogni morte causata per atto di violenza da qualsiasi potere autoritario è “ innocente”. Sono tante le date impresse dalla storia sulle spalle dell’Umanità. L’ultima è quella di due anni fa esatte, che ha segnato l’avvento di un virus micidiale quale nuovo nemico “ assoluto”.
Un nemico che, essendo contro tutti gli esseri umani e uccidendo o ammalando in ogni parte del globo senza distinzione alcuna, neppure quella più classica tra paesi ricchi e paesi poveri, dovrebbe, nell’eguaglianza di fatto apparentemente determinatasi, chiamare tutti a farsi un unico esercito armato contro il nuovo male del secolo. L’orrore dei campi di sterminio nazisti conseguenti alle orribili leggi razziali nazi-fasciste, avrebbe dovuto insegnarci una sola cosa: che non ci fossero mai più atti di discriminazione nei confronti di qualsiasi uomo e leggi che li legittimino insieme a quella cultura che ogni atto disumavo presiede, la cultura dello scarto. Quella che disinvoltamente afferma che la diseguaglianza non solo sarebbe giusta, quanto servirebbe anche a risolvere, in altro modo che non la guerra belligerata, i necessari feroci scontri tribali per liberare un po’ il pianeta da una sorta, diciamo, di appesantimento demografico.
E così, in un mondo che ha invece un solo uomo per una sola umanità, ristabilire, attraverso la violenza, la supremazia dell’unica vera razza imperante, quella dei più forti. Di quanti cioè hanno la forza muscolare al posto della ragione, la logica dell’egoismo al posto del cuore. Fino a quando lasceremo solo alle cineteche dei “film luce”e svuoteremo di attualità rabbiosa questi contenuti le scuole, le famiglie, le sedi della Politica e quelle dove si esercita cultura e formazione umana, non solo resteranno le divisioni fra persone e cresceranno le discriminazioni, ma qualsiasi forza fisica eserciterà la sua stupidità su ogni persona che alla vista degli sciocchi e dei nuovi pazzi apparisse debole, particolare, e perciò diversa. Delicata e perciò umanamente vera. No, non siamo cambiati dal quel settembre del ‘45. Non siamo cambiati, dopo le due guerre mondiali.
E dopo la terza terza imposta dalla globalizzazione. La guerra strana ma pur dichiarata, dai potenti( pochi) contro i deboli( i molti), che ha come arma e conseguenza, una sola cosa, la fame. Un solo stato sociale il più diffuso, la povertà. Una sola legge, l’ingiustizia. Una sola logica, l’egoismo. Un solo sistema politico, la “ democratura”. Un cambiamento verso l’opposta direzione può dettarlo solo la Politica, quella vera. E quella cultura che insieme all’etica la Politica nutre. E, cioè, la Libertà che da se stessa tutela e valorizza la Persona. La persona, una per una. Che in Democrazia diviene persona più persona e più persone. Quindi, più popolo. E popolo più popoli, Umanità, il popolo unico della Terra. La Terra di tutti. Per tutti. Con il prezioso mare che la bagna per accarezzarla e per unirla attraverso la libera navigazione degli esseri umani alla ricerca del Progresso, del proprio benessere e della felicità.
Questa Politica finora non c’è. C’è al suo posto, abusivamente, quella che si scrive con la p minuscola e si pronuncia con velocità supersonica affinché non se ne sente la stonatura. A chi tra i miei ragazzi in questi anni, e a quanti mi ascoltano nelle assemblee e nelle pubbliche piazze, mi domandano si domandano cosa sia la Politica, io dico testualmente: “è il luogo dell’incontro tra le persone per realizzare l’Amore, costruire il Bene di tutti difendendo i beni comuni, mai stancandosi di cercare la Bellezza. Ché in essa ridiede sempre Verità e Giustizia, ed Eguaglianza, nella Libertà, va realizzando.”
Ed ancora, la domanda più difficile:” ma come riconoscere subito un buon Politico?” La mia risposta è la più semplice:” un buon politico lo si vede soprattuto da un atteggiamento, il rispetto che egli ha verso le Istituzioni. In esso c’è quasi tutto, la passione politica, l’Amore verso le persone, il senso del dovere, il rispetto assoluto per l’altro, per gli altri. Per le cose, specialmente quando non sono nostre personali, bensì nostre della comunità.” Sono triste in questi giorni . Non arrabbiato, ma profondamente triste, dinanzi al cattivo spettacolo che la cosiddetta classe politica sta dando nell’occasione solenne dell’elezione del Presidente della Repubblica. Uno spettacolo, tra l’altro, enfatizzato dai mezzi d’informazione, specialmente televisivi, che ci fanno entrare nelle case quei faccioni di persone che non dicono nulla più del nulla, eppure vengono fatti apparire come i salvatori della Patria. Da ognuna di quelle, e sono a decine, la sensazione che il destino della mia “ povera Patria” ,per dirla con Franco Battiato, da esse dipenda mi fa star male. Per fortuna è giunto a conforto Lui, il Presidente che sta per lasciare il Quirinale. Ancora una volta Sergio Mattarella, oggi il più amato dagli italiani, ci dà una grande lezione. Di stile. Di moralità. Di Politica. In un solo gesto tutta la migliore cultura democratica del mondo. Un solo semplice gesto.
Non appena si sono aperte le porte di Montecitorio per la chiama dei grandi elettori, il Presidente se ne va nella sua Palermo. Vi sta per tre giorni. Stamattina il suo rientro a Roma, dove già ha trovato casa e ivi effettuato il trasloco. Un solo piccolo immenso gesto. Rispetto totale delle istituzioni, per lasciare completamente libero il campo da una sua possibile condizionante presenza. Fuori Roma, nella lontana Sicilia affinché i parlamentari fossero pienamente liberi di decidere. C’è di più in questo suo gesto politico. C’è il profondo senso umano che lo lega, uomo semplice che mai si è fatto cambiare dal potere, alla sua storia e alla sua terra. Egli torna nella sua Città nel giorno che comunque gli procura tristezza, ché sette anni pieni di dedizione al Paese non si dismettono come un solo cambio di cappotto.
L’uomo Sergio è andato a rasserenarsi a casa. E qui, tra le stanze e le strade, si è mosso, grato, fra i ricordi, prima di fare un tuffo nel cuore grande che lo accoglie in quel cimitero dove riposano i suoi genitori, il fratello Piersanti, la sorella, la cognata. E “l’amore più grande della sua vita”, la moglie. Il tutto per dirci che prima di ogni fazione politica, ci sono le istituzioni. E prima della politica e delle istituzioni c’è la Vita. Prima del pubblico c’è il privato e tutto l’Amore che in esso si muove. Per farci essere buoni cittadini e buoni politici. Brave persone, che lasceranno tracce di loro qui. Anche su questa terra, per non essere dimenticati.
Che lezione signor Presidente! Che lezione da Sergio, il presidente che saprebbe stare in quel “Palazzo” anche quattordici anni senza diventare un monarca.
Testata giornalistica registrata presso il tribunale di Catanzaro n. 4 del Registro Stampa del 05/07/2019.
Direttore responsabile: Enzo Cosentino. Direttore editoriale: Stefania Papaleo.
Redazione centrale: Via Cardatori, 9 88100 Catanzaro (CZ).
LaNuovaCalabria | P.Iva 03698240797
Service Provider Aruba S.p.a.
Contattaci: redazione@lanuovacalabria.it
Tel. 0961 873736