di GIOVANNI MACCARRONE
Anche questa mattina ho avuto l’esperienza veramente agghiacciante con cani randagi. Erano le cinque del mattino, quando il mio cane ha iniziato a mugolare come non mai. Ho subito fatto un balzo prodigioso giù dal letto (si fa per dire). All’inizio ho provato a ignorarlo, a cercare di calmarlo con le buone, ma vista l’insistenza ho deciso ad un certo punto di portarlo fuori. Arrivati in zona ospedale, mi sono improvvisamente reso conto che nello spazio verde antistante il Supermercato Coop erano ben visibili circa 10 cani randagi, alcuni di grandi dimensioni. Purtroppo anche loro si sono accorti di me e dopo qualche decimo di secondo hanno iniziato a inseguirmi. Vi ricordate Speedy Gonzales (il topo più veloce di tutto il Messico)? Ebbene in questa occasione penso di essere stato più veloce di lui. Durante la fuga ho incontrato altri proprietari di cani che, prontamente avvisati, si sono anche loro messi alla fuga.
Ritornato a casa, per fortuna sano e salvo, ho iniziato a fare delle ricerche per verificare su quale ente pubblico grava la gestione dei cani randagi.
In proposito, ho subito scoperto che in Italia la legge quadro nazionale n. 281 del 1991 stabilisce che sono le leggi regionali a determinare le competenze in materia. Più precisamente, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 281/1991 «le regioni provvedono a determinare, con propria legge … i criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani. Tali strutture devono garantire buone condizioni di vita per i cani e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo sanitario dei servizi veterinari delle unità sanitarie locali. La legge regionale determina altresì i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza».
Dalla lettura di tale disposizione normativa, quindi, spetta alle Regioni il dovere di individuare gli enti pubblici preposti alla cattura e alla custodia degli animali randagi
La legge della Regione Calabria che disciplina la materia è la n. 45 del 03 ottobre 2023, n. 45 (Promozione del benessere degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo, pubblicata sul BURC n. 218 del 05 ottobre 2023) che, al comma 1 dell’art. 37 (Cattura dei cani vaganti), dispone quanto segue: “i comuni segnalano la presenza di animali randagi o vaganti sul proprio territorio alle aziende sanitarie provinciali, che attivano le procedure di cattura nel rispetto della normativa vigente”.
Poiché dunque la legge regionale n. 45 del 2003 individua la AsP come l’ente a cui è demandato il compito di prevenzione e controllo del randagismo ne deriva chiaramente che è la Asp a doversi ritenere responsabile dei danni provocati dalla omissione di tali obblighi, e che, pertanto, non c’è ragione di ipotizzare una responsabilità solidale in capo al comune, la quale presuppone che quest’ultimo abbia contribuito al danno con una qualche condotta attiva od omissiva” (in tal senso, si è pronunciata la Cassazione con ordinanza n. 15244 del 31 maggio 2024),
Il problema è però che spesso i comuni non fanno questa segnalazione, nonostante le comunicazioni dei cittadini oppure il rinvenimento di cani randagi da parte della polizia locale (l’art. 37, comma 2, della citata legge regionale stabilisce che “Chiunque rinvenga un cane vagante ne dà pronta comunicazione al Comune in cui è avvenuto il rinvenimento, tramite la polizia locale, o al servizio veterinario dell’azienda sanitaria provinciale, fornendo le indicazioni necessarie alla cattura.)
Per cui, in questi casi, sussiste una responsabilità solidale anche in capo al comune, in quanto nelle ipotesi prospettate quest’ultimo pone in essere una specifica condotta omissiva espressamente vietate dal citato art. 37, comma 1, della legge regione Calabria n. 45/2023.
In definitiva, dunque, la responsabilità in esame è attribuita all'ente o agli enti individuati dalla singola legge regionale attuativa della legge quadro n. 281/1991 – di solito, Comuni e Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) – quali enti competenti alla prevenzione e gestione del fenomeno del randagismo.
In tal senso, del resto, si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il Comune e l'Azienda sanitaria locale sono responsabili in solido per i danni cagionati da un cane randagio, ogni qual volta tali enti, in base alla legge nazionale e regionale, sono chiamati a prevenire il fenomeno del randagismo, senza che rilevi l'eventuale assenza di segnali di pericolo nella zona in cui si è verificato l'evento dannoso (v. Corte di Cassazione, sez. III civ., ordinanza 24 settembre 2019, n. 23633).
A questo punto, però, mi chiedo perché, nonostante la legislazione sopra evidenziata, dalle nostre parti il fenomeno del randagismo è notevolmente aumentato? Poca attenzione da parte delle amministrazioni coinvolte? Superficialità nell’affrontare la problematica? Non sappiamo. Sta di fatto, però, che sono ancora molti gli interventi da mettere in atto per gestire il fenomeno: controlli e prevenzione in primis assieme a campagne di promozione delle adozioni consapevoli e per la gestione responsabile degli animali. Bisogna tuttavia muoversi subito per evitare che le cose precipitino in fretta.
Mah. Speriamo bene
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