di PAOLO CRISTOFARO
"I partiti politici italiani non sono in grado di controllare spesso cosa succede al loro interno. Non siamo in presenza di persone che tengono alla giustizia, siamo in presenza di persone che tante volte vogliono l'impunità di questi soggetti, per mille e una ragione". Sono le parole riferite dal magistrato Piercamillo Davigo, presidente della Seconda Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, a margine di un webinar sull'antimafia svoltosi nella serata di ieri, organizzato da Nicola Morra e moderato da Marco Lillo (Il Fatto Quotidiano), in risposta alle domande de La Nuova Calabria relativamente ad alcune manifestazioni di eccessivo garantismo, anche riferite a contesti interni ai quadri politici nazionali, rispetto a membri indagati o imputati.
Scopo del webinar era quello di affrontare alcuni temi delicati inerenti alla giustizia, ai processi, alle organizzazioni criminali nel mondo, alla corruzione. In particolare l'ospite, spinto dagli spunti di Morra e Lillo, ha parlato di evoluzione della corruzione (dalle mazzette dirette di Chiesa ai traffici di influenze triangolari, ai pagamenti incrociati a base di consulenze, nomine e appalti), di paradossi della legislazione italiana, che implicano decisioni al limite della decenza e dove la giustizia diventa spesso ingiustizia, di valutazioni sul carcere come unica e più efficace soluzione o meno e di macchina burocratica e amministrativa come ostacolo alla giustizia in alcuni casi.
"Lo scontro che la politica e lo Stato dovrebbero fare contro le organizzazioni criminali spesso, nella storia d'Italia, è stato assente. Alcune delle cose sulla mafia riferite da Buscetta, ad esempio, le sapevamo già dall'Ottocento", ha sottolineato Davigo citando il caso curioso di un'indagine del XIX secolo che ricostruiva i quadri di Cosa Nostra ma che finì volutamente archiviata. Molto critica la posizione di Davigo su garantismo e su implicazioni morali. "Dalla politica ci arrivano messaggi assurdi, fino a convincerci che qualcuno è un poveretto, ingiustamente perseguitato, quando in realtà magari è un farabutto che l'ha scampata", ha detto. L'attenzione del magistrato si è concentrata anche sul rapporto tra realtà processuale e realtà concreta. "Alcune vicende non trovano esiti processuali compiuti, per un'infinità di ragioni, solitamente processuali più che sostanziali. Ma chi è che ragiona così nella vita di tutti i giorni? Vogliamo fare una distinzione tra vicende processuali e vita concreta? Se, mettiamo caso, un pedofilo per un cavillo viene assolto, gli dareste mai vostra figlia di sei anni per portarla a scuola? Alcune valutazioni morali andrebbero fatte anche in politica", ha rimarcato Davigo.
In seguito alle domande de La Nuova Calabria anche in riferimento a dibattiti calabresi su processi, indagati e rapporti politici, una valutazione è stata espressa in merito anche dal senatore Nicola Morra. "Riguardo la Calabria io penso che i politici debbano iniziare a cambiare nettamente alcuni atteggiamenti. Con certi ambienti dovrebbero iniziare a rifiutare qualunque rapporto, che sia anche un caffè al bar se pensano che quella vicinanza possa essere con persone non trasparenti", ha detto. Nel corso del webinar un ampio intervento di Piercamillo Davigo è stato dedicato alla mafia che somiglia sempre più ad un'impresa, ad un consorzio tra aziende, più che ai vecchi canoni stereotipati, con un particolare accento sulla difficoltà nelle rogatorie internazionali, nelle indagini sui paradisi fiscali e sulle riserve occulte di denaro, che divengono spesso vero e proprio sostentamento di alcuni piccoli stati o di governi totalmente in balìa di investitori torbidi.
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