di EDOARDO CORASANITI
Ci sono voluti più di otto anni, ma alla fine il processo che ruotava attorno a uno dei furti di farmaci più eclatanti degli ultimi anni in città ha tagliato il traguardo. Solo a maggio 2025, il Tribunale di Catanzaro – in composizione monocratica – ha pronunciato la sentenza di primo grado, dichiarando responsabile del reato di furto aggravato un dipendente, condannato a otto mesi di reclusione e al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, difesa dall’avvocato Giuseppe Fonte.
Una condanna attesa da tempo, all’esito di un iter giudiziario che ha avuto origine da una denuncia del 2016, quando la direzione di una farmacia della zona sud di Catanzaro aveva segnalato ripetute anomalie contabili e mancati incassi. Ne è scaturita un’indagine approfondita, sostenuta da prove video, intercettazioni ambientali, fotografie e documentazione informatica.
Furti sistematici e conti che non tornavano
L'inchiesta si è concentrata su una presunta condotta fraudolenta da parte del dipendente, che avrebbe sottratto per anni ingenti quantità di farmaci soggetti a prescrizione medica, tra cui anabolizzanti, anticoncezionali, prodotti per la disfunzione erettile e medicinali di fascia A e C. Parte del materiale sarebbe stato destinato a un mercato parallelo, privo di ogni controllo sanitario.
Le indagini interne, svolte dalla società stessa prima ancora dell’intervento dell’autorità giudiziaria, avevano portato alla luce un vero e proprio sistema: accessi informatici non autorizzati, scarichi manuali di magazzino, resi simulati, ricette trafugate, denaro contante sottratto quotidianamente dalla cassa.
Un processo troppo lungo
Tutto questo è oggi stato riconosciuto in sede giudiziaria. Ma con un ritardo evidente: otto anni per arrivare alla sentenza di primo grado rappresentano un tempo oggettivamente sproporzionato rispetto alla portata del caso e alla disponibilità delle prove.
Si apre dunque un interrogativo non retorico su quanto possa essere “giustizia” una giustizia così lenta. Una domanda legittima, che non vuole sminuire la professionalità di magistrati e operatori giudiziari, ma che richiama l’attenzione su un sistema sovraccarico, incapace di garantire tempi certi ed efficaci.
Due velocità: giustizia per pochi, attese per molti
Ancora una volta si manifesta quella che molti definiscono una giustizia a due velocità: rapida per i grandi processi ad alta visibilità, lentissima per le vicende “ordinarie” che però incidono profondamente sulla vita reale delle persone e delle imprese. E così, anche in presenza di prove abbondanti e circostanziate, il procedimento si è trascinato tra rinvii, proroghe e carichi di lavoro eccessivi, concludendosi in primo grado solo nel 2025.
Nel frattempo, la parte offesa ha dovuto attendere anni per vedere riconosciute le proprie ragioni, mentre il danno – economico, morale e d'immagine – è già stato subito da tempo.
L'avvocato Giuseppe Fonte
"Un processo che dura 8 anni (per il solo giudizio di primo grado) è un fallimento per l’intera macchina della giustizia. Il diritto penale e la previsione della punibilità dei fatti-reato - afferma l'avvocato Giuseppe Fonte- sono stati ispirati e concepiti alla luce della cultura del tempo. Nel senso che per la societas vi è interesse che un fatto venga punito se la decisione arriva in tempo ragionevole. Se arriva tardi la sentenza è un atto privo di utilità per il popolo. Perchè è il popolo il soggetto che vuole giustizia, non il giudice. Se il giudice decide troppo tardi è un giudice inutile. Il ritardo prescinde, dunque, anche da una sentenza giusta ovvero ingiusta. Al punto che se una sentenza ingiusta arriva tardi diventa impossibile anche impugnarla per tentare di renderla giusta. Il tempo è il vero misuratore dell’andamento della macchina giustizia. In Italia si sta strutturando una giustizia di serie a ed un’altra di serie b. I processi distrettuali antimafia hanno messo in panchina la giustizia ordinaria che attende ormai tempi biblici per arrivare a destinazione-sentenza. Il parlamento dovrebbe mettere al centro del dibattito il problema dei tempi della giustizia. Un paese che non decide in tempo i fatti illeciti è un paese destinato a perdere il passo"
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