Grandinetti: "'Di che etnia è suo figlio?' Alla 'Dulbecco' si chiarisca: la sanità non discrimini!"

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images Grandinetti: "'Di che etnia è suo figlio?' Alla 'Dulbecco' si chiarisca: la sanità non discrimini!"

  24 giugno 2025 09:03

di FRANCESCO GRANDINETTI

“Di che etnia è suo figlio?” – Se confermato, un fatto gravissimo che non può passare sotto silenzio 

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Davanti alla notizia – ancora in attesa di piena conferma – di un episodio accaduto presso l’ospedale Dulbecco di Catanzaro, in cui un’infermiera avrebbe rivolto a un padre la domanda “Di che etnia è suo figlio?”, non possiamo rimanere in silenzio. Se quanto denunciato dovesse essere confermato, ci troveremmo di fronte a un fatto di una gravità assoluta, indegno di un Paese civile, ancor più se accade in un contesto delicato come quello di una terapia intensiva neonatale. È inaccettabile che in un presidio sanitario pubblico, luogo che dovrebbe essere per eccellenza spazio di cura, accoglienza e umanità, si possa assistere a episodi anche solo lontanamente riconducibili a una logica discriminatoria. Il diritto alla salute è universale, inalienabile, e non può tollerare il minimo sospetto di razzismo, pregiudizio o mancanza di rispetto.

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Domandare l’etnia di un bambino in un contesto clinico dove l’unico elemento rilevante dovrebbe essere la salute del piccolo paziente, non solo è fuori luogo: è un’offesa alla dignità umana, un’umiliazione gratuita che nessun genitore dovrebbe subire, specialmente in momenti già carichi di tensione e fragilità emotiva.

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Chiediamo che venga fatta piena luce sull’accaduto. Che vengano accertate le responsabilità, chiarito ogni dettaglio, ma soprattutto che venga inviato un messaggio chiaro: non c’è posto per il razzismo nella sanità pubblica. Non può esistere “prassi” che giustifichi la domanda sull’etnia di un neonato se non strettamente e chiaramente motivata da esigenze mediche, spiegate con rispetto e tatto alla famiglia.

Se vogliamo davvero una sanità migliore, dobbiamo iniziare dal rispetto delle persone, da una cultura dell’inclusione che non sia solo proclamata ma praticata ogni giorno. E, se confermati, fatti come questi devono essere condannati con fermezza da tutti: cittadini, istituzioni e operatori sanitari.

Perché ogni bambino che nasce, in qualunque parte del mondo, ha il diritto di essere accolto con cura. E ogni genitore ha il diritto di sentirsi rispettato. Oggi ti chiedono di che etnia sei, domani potrebbero chiederti se hai i soldi necessari per curarti. Dobbiamo fermare questa deriva che non tutela i fragili.

 

 

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