Grotte di Zungri: un patrimonio archeologico che l'Arpacal difende dai rischi naturali

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images Grotte di Zungri: un patrimonio archeologico che l'Arpacal difende dai rischi naturali

  11 ottobre 2021 09:16

Non attenua l’attenzione dell’Arpacal sul sito archeologico delle Grotte di Zungri, complesso rupestre, composto da un centinaio di grotte, in provincia di Vibo Valentia, articolato su una superficie di circa 3.000 Mq le cui origini sono databili tra il VII – IX sec. a.C.
L’interesse dell’agenzia ambientale calabrese, che già nel 2019 aveva concesso il patrocinio al Comune vibonese per iniziative di promozione sul territorio, si concretizza in una serie di studi e ricerche, anche in collaborazione con società scientifiche di settore, per capire come i fattori ambientali, ed in particolare i rischi naturali idrogeologici, possano compromettere questo patrimonio storico ed archeologico regionale.

L’attenzione dell’Arpacal su Zungri ha già fatto sì che questo importante sito archeologico entrasse di diritto nelle Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia, volume annuale pubblicato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che nell’ultima edizione del 2020 aveva dedicato un capitolo all’insediamento rupestre degli Sbariati.
In occasione del seminario organizzato sabato scorso dall’ordine degli architetti della provincia di Vibo Valentia, il direttore scientifico di Arpacal, dr. Michelangelo Iannone, ha sottolineato come l’evento si collochi in una visione strategica e più allargata della mission dell’Agenzia, che deriva dalle indicazioni del SNPA nel Rapporto Territorio 2018, ovvero che “La tutela del patrimonio ambientale, del paesaggio e il riconoscimento del valore del capitale naturale sono compiti e temi che ci richiama l’Europa, fondamentali alla luce delle particolari condizioni di fragilità e di criticità climatiche e territoriali del nostro Paese”.
La stessa ISPRA, ha continuato Iannone, con il progetto ArTeK (Satellite Enabled Services for Preservation and Valorization of Cultural Heritage) integra in una piattaforma informatica le più moderne tecnologie di analisi dei dati di osservazione aerea e satellitare per monitorare lo stato di conservazione e rischio di beni culturali che risultano minacciati da fattori ambientali.

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Tra i relatori del convegno, anche il dr. Gaetano Osso, geologo Arpacal e presidente della Sezione calabrese della SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) che, oltre all’introduzione sulla genesi di questo settore e sulla formazione rocciosa delle Grotte, ha posto l’accento sulle minacce che gravano sul sito dovute alle possibili colate di fango in occasione di piogge intense, specialmente nella situazione di cambiamento climatico, come per altro già avvenute nel 2018.

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Il convegno, organizzato dal Comune di Zungri e dall’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Vibo Valentia - dal titolo “Il paesaggio archeologico come espressione culturale con l’esempio di “Zungri: la città di Pietra – l’insediamento rupestre degli Sbariati” - è stato introdotto e moderato da Fabio Foti, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Vibo Valentia, ed ha visto la presenza, oltre che del Primo Cittadino di Zungri, Franco Galati, di diversi Sindaci del Territorio, quali quello di Briatico, Lidio Vallone,  di Cessaniti, Francesco Mazzeo, e di Rombiolo, Domenico Petrolo, che hanno posto l’accento sul legame delle eccellenze e della valorizzazione del territorio.

La necessità di fare rete, ha affermato l’arch. Foti, apporterebbe un valore aggiunto alla conoscenza e allo sviluppo del territorio, così come chiosato anche dal Presidente del Parco delle Serre, dott. Giovanni Aramini, e da Nico Donato, Presidente della Fondazione OAPPC di Vibo Valentia. Tra le relazioni tecniche anche quella del prof. Vincenzo Gioffrè, Ordinario di Architettura del Paesaggio dell’Università di Napoli, e dell’archeologa Maria D’Andrea, che hanno relazionato rispettivamente sull’evoluzione della normativa in materia paesaggistico ambientale e sui ritrovamenti dell’area del Monte Poro

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