Guerra, elezioni americane e il Papa: l'intervento di Franco Cimino

Share on Facebook
Share on Twitter
Share on whatsapp
images Guerra, elezioni americane e il Papa: l'intervento di Franco Cimino
Franco Cimino
  28 settembre 2024 13:32

di FRANCO CIMINO

Mancava solo Putin, ma ieri i signori dei paesi in guerra sono andati tutti a New York. Alle Nazioni Unite, il Parlamento del mondo, unica terra e unica nazione, la sola patria universale, come mi piacerebbe che fosse e non l’aula “ grigia”in cui tra esibizione di leaderismo teatrale e conflitti delle diplomazie il mondo resta più diviso, come purtroppo è. Zelensky ha fatto il giro delle sette chiese. In tre giorni ha incontrato tutti, Guterres, Biden, i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trump e Kamala Harris e perfino il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni. L’unica richiesta è stata armi. L’unico progetto, di ciascuno è stato” come annientare completamente il nemico”. Non più richiesta di soldi per l’emergenza umanitaria o per la ricostruzione del necessario, soldi che non sono stati mai negati. A miliardi sono stati elargiti. L’unica parola risuonata è stata Guerra”. Ancora! Dopo tre anni, il prossimo ventiquattro febbraio, dalla stupida e cattiva invasione dell’Ucraina da parte della Russia più stupida e cattiva e prepotente di sempre, e dopo un anno, tra nove giorni, dal vile attacco di Hamas ai coloni israeliani a Gaza e il sequestro di trecento di loro, le armi gridano l’odio sulle grida di pianto disperato di quelle genti, e lo coprono. Guerra dopo circa quarantaseimila morti nella Striscia di Gaza, la sua totale distruzione e un numero imprecisato di feriti e mutilati. Se nel mio cuore dimorasse per un solo minuto l’odio, che sin dal suo primo battito, non ha mai provato per alcuno, io odierei la guerra che solo di sé stessa si macchia. E i signori che la praticano sugli egoismi più potenti del suo deflagrare, ambizioni sovrumane più omicidiarie del loro uccidere a stragi di innocenti. Ma non odio e, pertanto, dilanio il mio sentire. Specialmente quando, stanco di quelle immagini che ancora non sono coperte da censura dell’unico regime di morte, la mia mente, offesa a me più grande, smarrisce il senso delle ragioni e dei torti, che all’inizio mi apparivano quasi chiari. Dinanzi all’assalto in piena notte in quel tragico sette settembre e alle violenze di ogni genere inflitte dai “ guerriglieri”palestinesi agli israeliani sequestrati, alle donne indicibilmente, alla metà accertata di questi uccisi già, chi ha ragione e chi ha torto? E con gli occhi puntati sulla Striscia di Gaza completamente distrutta dalla furia vendicativa, ferocemente emersa dall’antico reciproco odio e dal “ segreto” disegno” degli israeliani, chi ha ragione e chi torto? Me lo domando adesso sulle immagini tragiche di uomini e donne teoricamente stesi in una fila di centinaia di chilometri, lungo la stessa strada di macerie di edifici abbattuti. E di terra bruciata ai frutti. Di “ chiese” distrutte sotto lo sguardo impotente di tanti Dio, che gli uomini miseri e bestemmiatori hanno chiamato in guerra. Me lo domando adesso. Alla vigilia dell’assalto ucraino al territorio russo, sebbene sembrasse strana una guerra solamente difensiva, che moltiplicherà i morti “ innocenti”in quel territorio. Chi ha ragione e chi torto? Ma, poi, chi sono i morti innocenti se la guerra uccide i nostri ragazzi obbligati a indossare una divisa e a imbracciare un fucile per colpire i loro coetanei dell’altra parte, diversi da loro solo per il colore degli abiti militari. Un colore tra l’altro indistinguibile, come le ragioni e i torti, per il sudore e la paura, gli stessi per tutti, e per quel fumo nero degli ordigni che li copre dello stesso fumo bruciato. La guerra è colpevole, tutti i ragazzi sono innocenti. Lo dimostra la morte, che li fa tutti uguali. Sul terreno bellico, messi in fila l’uno accanto all’altro, quei nemici sembrano fratelli. Di sangue, sì, ché quello che è scorso nelle loro vene ha lo stesso identico colore. In questi giorni mi interrogo con la coscienza infuocata e questo sentire ribelle che mi cammina pesante in testa. Non trovo pace. Gli analisti e gli osservatori, come i politici dalle tasche piene e dallo stomaco ingolfato, diranno, a una sola voce, che tutto si risolverà con le elezioni statunitensi. Come anche a dire che sullo scenario tragico delle guerre essendo gli interessi americani sempre gli stessi, chiunque vincerà farà la stessa cosa. Ma quale, quella di sempre? Il mio pensiero si inquieta. Un po’ di tregua lì e un’altra là. Centinaia di miliardi pronti per ricostruire ciò che sarà nuovamente distrutto. E tutto questo mentre le industrie degli armamenti impegnano, per rinnovarsi, una quota degli enormi profitti, parte dei quali vanno a finanziare la politica, realizzati con le guerre infinite? E, ancora, produrrà un altro “ entusiastico” e storico accordo(un altro!?)con la Russia, per accontentarla un pochino con concessioni diverse? E questo mentre la Cina silenziosa e indifferente continua la corsa verso l’imminente futuro dominio sul mondo? Tutto ciò mentre gran parte della popolazione mondiale muore di fame in regioni arretrate e lontane dalla modernità? Tutto questo mentre i paesi, quasi tutti quelli cosiddetti avanzati, subiscono un crescente impoverimento delle loro economie, a rischio di libertà autentica per miliardi di persone? Tutto questo mentre l’Europa resta a guardare dalla stessa postazione la sua debolezza nella difficoltà di diventare Europa? E, ancora, mentre l’Onu non sa più quale sia il suo compito storico, la sua funzione di istituzione alta? Aspettare le elezioni negli Stati Uniti? E nel frattempo? Da questo momento mancano trentasette giorni, più altri quaranta dall’insediamento ufficiale del nuovo presidente. In totale settantaquattro giorni. Ogni giorno di questi, in quel martoriato territorio mediorientale e nell’est russo-ucraino insanguinato, senza considerare gli altri in guerra “ censurata” da anni, costa solo di vite umane una media di un migliaio al giorno. Fatta la somma, con le dita della mia mano negate alla matematica, al “ nuovo identico corso amaricano” mancherebbero settantasettemila morti innocenti. Un numero pure accettabile se i conflitti non si estendessero altrove. E se la Russia non attuasse la minaccia nucleare periodicamente e propagandisticamente lanciata. Può quella parte di mondo sopportare questo disastro più vasto? E cosa resterà di quel mondo? Può l’intero mondo, quello apparentemente sicuro, accettare inerme tale progressione di morte? C’è, però, un uomo, stanco e malato ma non domo, addolorato ma non rassegnato, lottato ma non vinto. È vestito di bianco. Porta un nome universale. Gira il mondo a proprio rischio e pericolo. Sarebbe il leader dell’umanità, che da trent’anni, dopo un suo predecessore, il mondo attendeva. Dice a tutti, tutti giorni, la stessa cosa. Pressapoco, questa: che la guerra è una vergogna, chi uccide in essa e chi la utilizza in nome di Dio, è un essere umano che si nega l’umanità e il senso umano del suo cammino nella storia. Dice anche che la guerra nasce dall’odio che si moltiplica, che l’odio rovina le menti e i cuori delle future generazioni. Aggiunge che la guerra è fatta dai pochi padroni del mondo, che con le guerre si arricchiscono e sulle povertà che si aggravano lucrano più pesantemente. E, ancora, che ogni guerra procura ignoranza estesa. E su di essa fame delittuosa di pane e d’acqua, di libri e scuole. Infine, per non finire, prima del suo impeto dell’ultimo respiro rimastogli, afferma con severità, rivolto a tutti gli uomini, quelli di fede, contraddetta e offesa, e quelli cosiddetti laici o non credenti, scettici e atei che siano, gli uomini della ragione,umiliata e svenduta, che se Dio, il loro, perdonerà o premierà, se la Ragione, troverà giustificazioni ai crimini compiuti, la coscienza delle persone colpite, delle madri in lutto, la stessa della della terra bombardata, ferita a morte(ché la terra ha coscienza e cuore di sé), si ribellerà e condannerà la guerra e i guerrafondai alla pena capitale, il loro dissolvimento. Francesco, questo il suo nome, infine compie il vero atto politico, in questo tempo buio di ragionevolezza, di spiritualità, di politica. Questo atto é nelle parole più ferme e non negoziabili. Le seguenti, testuali:” basta guerra. Non tregua più. Non pace ancora. Ma fine della guerra e della sua lunga scia di sangue innocente.” Io, uomo fragile pieno di contraddizioni, di colpe del mio pensare e del mio lungo agire nel sociale e nel politico, sono con Lui. E non solo perché cattolico e cristiano. Lo sarei anche se fossi ateo o ebreo o musulmano. Sono con Lui, in quanto democratico. In quanto essere umano

Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner
Banner