Guzzo: "Caro vescovo Bregantini, perché da emerito non torni in Calabria?"

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images Guzzo: "Caro vescovo Bregantini, perché da emerito non torni in Calabria?"

  06 dicembre 2023 21:23

di LUIGI MARIANO GUZZO*

È notizia di questi giorni che il papa ha accettato la rinuncia di Giancarlo Maria Bregantini al governo pastorale dell’arcidiocesi Campobasso-Bojano, per il compimento del settantacinquesimo anno di età, a norma di diritto canonico, nominandone – proprio oggi - il successore. Si tratta di una notizia che, almeno indirettamente, coinvolge la Calabria. Bregantini è da tutti ricordato come il vescovo «antimafia» che ha servito la chiesa di Locri-Gerace, dal 1994 al 2007, prima di essere “promosso” a Campobasso. Una “promozione”, in realtà, che in quegli anni da più parti fu interpreta come una “rimozione” (una pratica, questa del “promoveatur ut amoveatur”, che Papa Francesco ha definito come un “cancro”).

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Ora Bregantini si appresta a vivere il tempo dell’emeritato. Pur nella pienezza del ministero episcopale, non sarà gravato dagli impegni di governo di una diocesi. Per un vescovo, non è un tempo di riposo, anzi rimane tempo di dono, di preghiera e di attesa (magistrali, a riguardo, le pagine scritte dal cardinale Carlo Maria Martini nel libro “Il vescovo”, 2011). E allora non può che sorgere una proposta, una modesta proposta, che intende anche risuonare come un invito, un gentile invito. Una sorta di «favorite», nel significato più alto e nobile di questa espressione popolare tipicamente meridionale tanto cara ad un uomo del Nord che è diventato prete e vescovo del Sud: «perché non trascorrere, caro Padre, gli anni da emerito nella tanto amata terra di Calabria?".

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È un invito che nasce dal cuore in maniera spontanea e che - ne sono certo – non potrà che essere condiviso dalle migliaia di donne e di uomini calabresi che, giorno dopo giorno, si impegnano nella costruzione di una società più giusta e fraterna, libera dai condizionamenti e dalle forme oppressive delle massomafie. Donne e uomini, credenti e non credenti, che ricordano come il lungo ministero episcopale di Bregantini abbia rischiarato il buio della notte, indicando inedite strade da percorrere per uscire dall’anonimato, per pensare ed agire in termini positivi. Per “annunciare” più che “denunciare”, per dire “ancora” più che “ormai”, secondo il vocabolario coniato dallo stesso Bregantini.

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Arriva in Calabria nel 1976. «Non è stata mia la scelta – dirà - di lasciare Verona e Trento, per arrivare a Crotone. Ma un’obbedienza. Scendevo volentieri perché intuivo che il Sud mi avrebbe dato modo di vivere la mia scelta di vita religiosa in modo più radicale che al Nord. Perché luogo di sofferenza e di dolore, di profezia e di coraggio. Non sapevo nemmeno bene se Crotone fosse provincia di Catanzaro o di Cosenza. Partii».

Eppure, nonostante si sia trattato di una risposta all’obbedienza religiosa, Bregantini ha sempre guardato al Sud come ad «una scelta fatta in modo consapevole, non un destino». A Crotone incontra l’arcivescovo Giuseppe Agostino, dal quale nel 1978 riceve l’ordinazione sacerdotale con un compito preciso: «aprire i varchi nel mondo operaio»

Dopo una parentesi in Puglia, a Bari per l’esattezza, ritorna in Calabria nel 1994, eletto vescovo a Locri. La finta bomba che i “signorotti” del luogo gli fanno trovare sotto il palco il giorno del suo insediamento rappresenta l’occasione per dire ai fedeli «vi amo ancora più di prima».

Bregantini è il primo vescovo che scomunica i mafiosi. Nel 2006 a seguito dell’avvelenamento di una piantagione di lamponi e di un deposito di concimi, con un decreto commina la scomunica a tutti coloro che «fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e delle nostre terre, avvelenando i nostri campi». Con la scomunica – affermerà egli stesso - i mafiosi si sentirono maledetti, reietti, colpiti da essa ancor più della sentenza giudiziaria».

Lo storico Mario Casaburi, che ne ha scritto la prima biografia (“Giancarlo Maria Bregantini. Una luce nel giardino della locride”, Editoriale Progetto 2000, 2013), ha messo in evidenza come grazie alla sua azione pastorale la locride sia diventata un “giardino” per le floride iniziative sbocciate a beneficio di giovani, anziani, emarginati, anche nelle forme di cooperative sociali (si pensi progetto Goel). Da terra di confine, isolata, bistrattata, la locride diventa un “giardino” da conoscere, preservare e valorizzare, con l’operato e l’azione pastorale del vescovo Bregantini. E allora, sia consento ripetere l’invito: «perché non trascorrere, caro Padre, gli anni da emerito in Calabria, in questa terra che ha sperimentato le primizie del tuo ministero sacerdotale ed episcopale?".

 

(*) Docente di Diritto e religione all’Università di Pisa e all’Istituto universitario “Pratesi” di Soverato (Catanzaro)

 

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