I classici oggi/10. Il calcio e la classicità

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  18 giugno 2022 14:45

di MASSIMILIANO LEPERA

Lo sapevate che esistono numerosi riferimenti alla classicità anche nel mondo del calcio? Se si pensa al nome con cui tecnicamente viene chiamata la nazionale argentina, “albiceleste”, non è legato forse al latino albus (bianco), come già visto altrove? Nella serie A italiana, l’Atalanta Bergamasca Calcio possiede il soprannome “Dea” perché si ispira alla figura mitologica di Atalanta, a cui il club è intitolato. L’eroina, esaltata anche dalle Metamorfosi di Ovidio, abile nella caccia, per scongiurare un oracolo che al padre, il re dell’Arcadia Iaso, aveva predetto che una volta sposata avrebbe perduto le proprie capacità, indisse una gara di corsa. Solo chi l’avesse battuta avrebbe potuto sposarla (gli altri sarebbero stati uccisi). Nessuno riuscì a vincere, finché non giunse un tale Ippomene che, profondamente innamorato, volle cimentarsi nella rischiosissima impresa, chiedendo aiuto ad Afrodite.

La dea gli diede allora tre mele d’oro tratte dal Giardino delle Esperidi (legato anche ad una fatica di Eracle) ed egli, seguendone il consiglio, lasciò che cadessero una ad una durante la corsa. Atalanta ne risultò irresistibilmente attratta e si fermò ogni volta a raccoglierle, perdendo così terreno prezioso e, infine, la gara stessa. Il Bologna Calcio ha il soprannome di Felsinei, in quanto Felsina era il nome con cui gli Etruschi ne chiamavano la città. Il Napoli ha l’appellativo di Partenopei, in quanto secondo una leggenda greca la sirena Partenope avrebbe fondato la città. Essa era una delle sirene, figlie, secondo Esiodo, di Forco. Secondo la più antica tradizione delle Argonautiche orfiche, lei e le altre due Sirene, Ligeia e Leucosia, vinte nel canto da Orfeo, si erano gettate nel mare, dove furono trasformate in scogli. Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, invece, la causa della loro morte era l’insensibilità di Ulisse alla malia del loro canto, essendosi esse lanciate nel mare che ne avrebbe trasportato, in vari luoghi, i corpi galleggianti. Partenope fu rigettata dalle onde sulla sponda della marina tirrena, alle foci del Sebeto, dove sorse poi la Neapolis dei Cumani. In quel luogo fu poi eretta alla sirena una tomba, alla quale furono dedicati sacrifici annuali, e da essa prese nome la città più antica.

Il sepolcro di Partenope, ricordato anche da Dionisio Periegeta, era sito all’ingresso del porto. Della continuità ininterrotta della tradizione è viva testimonianza una grande erma con testa femminile di divinità o di figura ideale, popolarmente nota come “Capo di Napoli”, che ancora oggi si trova nella Via di S. Giovanni a Mare. Inoltre, la testa di Partenope comparve nella monetazione di Napoli, sugli stateri e sui didrammi del primo periodo (440-430 a.C.).

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