di MASSIMILIANO LEPERA
Quale bagaglio derivante dalla classicità ci portiamo oggi dietro, noi figli della contemporaneità, immersi nel XXI secolo, nella tecnologia e in un mondo sempre in evoluzione e apparentemente distante anni luce dall’antichità? Ebbene, apparentemente. Perché, in effetti, senza rendercene conto, ci portiamo dietro un’incredibile eredità da parte delle lingue cosiddette “morte”, il greco e il latino.
Un lampante esempio di ciò è l’enorme mole di parole che, al loro interno, contengono il prefisso/suffisso “filo-” o il suffisso “-filìa” per rappresentare l’apprezzamento, l’attaccamento, il legame, l’amore vero e proprio per ciò di cui si parla in quello specifico contesto. Ma prima di andare a vedere da vicino numerosi esempi, spiegandone significato e derivazione, per comprendere quanto siamo vicini ancora oggi al mondo classico, è bene tuttavia capire innanzitutto che cosa significhino questi termini che hanno dato origine a tantissimi composti odierni. I termini, tra loro etimologicamente collegati, “filos” e “filìa” sono ovviamente di origine greca e significano rispettivamente “amato, caro, gradito; amico, amante” e “amore, amicizia, desiderio, benevolenza”. Sarebbe lungo e complesso elencare l’enorme serie di significati che questi semplicissimi termini possiedono, ma basti citare in questo contesto quelli su elencati, che saranno sufficienti a comprendere pienamente il senso dei vocaboli derivati nella nostra lingua. Alla base, dunque, c’è il concetto di amore, passione, desiderio, gradimento, affinità.
Se dunque si vanno a citare alcuni termini, sarà sicuramente più chiaro il loro straordinario legame con l’antichità. In primis, un vocabolo molto utilizzato oggi, in grande tendenza, è cinefilia. Ma chi è un cinefilo? Un cinefilo, proprio in considerazione del suffisso –filo, di cui si è già parlato, sarà dunque l’amante del cinema. Così come il cinofilo – da non confondere assolutamente col precedente – sarà l’amante dei cani (oltre al suffisso –filo, qui è presente un altro termine derivante dal greco antico, ovvero “kuon-kunos”, connesso al latino “canis”, che significa “cane”). E ancora, esterofilo, “l’amante delle cose straniere, esotiche, estere”; pirofilo, “resistente al fuoco” (il termine “pyr-pyros” significa fuoco, appunto); e che cosa sarà, invece, la bibliofilia? Se si considera che –filìa rappresenta sempre l’amore, il primo termine, “biblos”, significa “libro, scritto”, così come anche “biblion”, “libretto, lettera” (basti pensare alla Bibbia, che deriva da “biblia”, i Libri per eccellenza della religione cristiana, ma anche a biblioteca, il luogo in cui vengono deposti e collocati i libri): dunque bibliofilia è l’amore per i libri. E ancora, emofilia, la predisposizione a emorragie esterne in seguito a traumi o ferite (da “aima-aimatos”, sangue); entomofilia, la passione per gli insetti (da “entomon”, insetto); gerontofilia, la morbosa attrazione per gli anziani (da “geron-gerontos”, anziano, vecchio); necrofilia, la perversa attrazione per i cadaveri (da “nekros”, cadavere, morto); e infine – ma ce ne sarebbero un’infinità – zoofilia, l’amore per gli animali (da “zoon”, animale, essere vivente, da cui deriva anche lo zoo, il luogo in cui si trovano gli animali).
Ebbene, dopo questa lunga lista di composti con suffissi connessi a “–filo” e “–filìa”, per concludere, basti citarne anche qualcuno che presenta “filo-” come prefisso. Non si possono non menzionare filosofia, l’amore per la sapienza (da “sofia”, che è la sapienza), filologia, l’amore per lo studio, la dottrina - e nello specifico la ricostruzione e la corretta interpretazione dei testi e documenti letterari – (da “logos”, discorso, parola, studio, dottrina); e ancora filodossia, l’amore e la preferenza per le opinioni, termine adoperato dal filosofo Kant in contrapposizione alla filosofia e alla sua corruzione (da “doxa”, opinione), nonché, per concludere, i vari composti che presentano il prefisso “filo-” per indicare l’amore o apprezzamento per ciò che viene indicato nei vocaboli di riferimento: da filoamericano a filofrancese, da filofascista a filocomunista, da filoccidentale a filorientale e così via. Insomma, questa serie di vocaboli e un’altra copiosissima quantità che non staremo qui a elencare ci dimostrano come, tuttora, sia consapevolmente che non, siamo pur sempre figli della classicità.
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