di SARAH YACOUBI*
La vicenda del bonus Covid ha scaturito tante polemiche. È vergognoso e davvero indecente chiedere l'indennità da parte dei parlamentari quando già si percepiscono un sostanzioso stipendio (a quattro zeri), che non è stato erogato ugualmente nonostante il lockdown per il Covid. Ma veniamo alla questione relativa alla privacy. Per chiarire ogni dubbio sulla vicenda, oggi, è intervenuto il Garante per la protezione dei dati. Il Garante ha precisato che la privacy non è d'ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell'interessato.
Il Codice della trasparenza del 2013 prevede la pubblicazione degli atti di concessione di sussidi superiori a 1.000 euro nell'anno solare. In questo caso sono 1.200, perché chi ha avuto l'indennità a marzo l'ha presa in automatico anche ad aprile. Ci sono due eccezioni all'ostensione dei nomi: quando le informazioni rivelino lo stato di salute o un disagio economico. Cosa che non vale, ad esempio, per parlamentari e consiglieri regionali. La via maestra per ottenere l'elenco è la richiesta di accesso agli atti: l'Inps deve rispondere entro 30 giorni. Non ha motivo per negarli visto che la legge 33 del 2013 sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni è chiara. Peraltro parlamentari, governatori, assessori e consiglieri degli enti locali sono già di per sé personaggi pubblici, dunque con una sfera di riservatezza diversa (più limitata) della riservatezza. Il decreto legislativo 33 del 2013, cosiddetto Codice della trasparenza, emanato dal governo Monti in attuazione della legge Anticorruzione del 2012 e modificato nel 2016 dalla versione italiana del Freedom of Information Act consente altresì l'attivazione dell'istituto dell'accesso civico generalizzato che, a differenza di quello semplice, parte dal presupposto che qualsiasi atto prodotto dalla Pubblica Amministrazione possa essere reso pubblico, salvo limitati casi.
Dopo una richiesta, entro 30 giorni l'Inps dovrà rispondere trasmettendo i dati richiesti. Se rifiuta, deve motivarlo. In questo caso si può presentare richiesta di riesame. Il Garante privacy viene interpellato nei casi in cui il responsabile trasparenza neghi l'accesso ai dati adducendo motivazioni come la sicurezza e l'ordine pubblico, la difesa e le questioni militari, la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato. Se anche il riesame si conclude con un no, c'è comunque possibilità di ricorrere al Tar.
Il diritto di riservatezza, stante la presa di posizione del Garante, non può essere applicato né esercitato dai deputati, già di per sé figure pubbliche, che in questo caso hanno percepito l'indennità Covid con soldi dei contribuenti. Chiamare in causa la riservatezza è una foglia di fico che rischia di essere spazzata dall'inesorabile vento della trasparenza. E seppure la percezione del bonus non sia in contrasto con il dettato della legislazione del Governo pone una seria questione di opportunità. I politici già pluristipendiati con i soldi dei contribuenti italiani devono restituire il bonus o donarlo a persone che ne hanno effettivamente bisogno. Altrimenti in Italia sarà per sempre perduto il senso della vergogna.
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