Il futuro della parola umana è debitore del suo legame con il silenzio. La parola che spiega ciò che è autenticamente umano o si forza di cogliere il significato di certe scelte esistenziali o guarda alla direzione del nostro cammino nel mondo e davanti a Dio, non è separabile da quel legame, anzi da quella ricerca del silenzio, soprattutto quello interiore, perché parola e silenzio sono due facce della medesima realtà.
Questa realtà duale, osserva, Romano Guardini, nel nostro comune linguaggio non ha un nome che li tiene uniti, e dunque li dobbiamo nominare sempre separatamente, ciò è molto significativo, perché parola e silenzio vanno sempre pensati come un’alleanza, una reciproca implicazione che riceve vita l’uno dall’altra. Come la musica e le sue pause, la scrittura e i suoi spazi.
Così non solo il futuro della parola è debitore del suo corrispettivo silenzio, ma anche il suo presente dipende da esso. Nella perdita del silenzio noi perdiamo l’interezza della parola veramente umana e umanizzante, quella che dice la profondità della vita.
C’è da dire che oggi abbiamo grande esperienza, di altre forme di parola. Quella che nasce e cresce in opposizione ad un’altra parola, o quella che è contro di essa. Abbiamo raggiunto un altissimo grado di competenza di tale forma di parola sia nella vita quotidiana, quella familiare e lavorativa, e sia nel mondo dei media e dei social. Forse questa concatenazione di parola-da-parola è la cifra più identificativa dell’attuale temperie. Rapida e inclusiva nella sua formulazione, è parola che evita accuratamente la lentezza del silenzio e del suo influsso benefico. Essa ha permesso di essere fagocitati nel nostro pensare pensante, e così anche le nostre parole diventano superficiali, imprigionati nel visibile.
Nell’oblio del silenzio emerge Babele e il mondo diventa una lotta, che mentire soffoca il potere della parola afferma la parola del potere, quella che costringe i suoi uditori alla non libertà di dare il proprio contributo alla costruzione dei legami tra gli uomini.
Ma c’è una speranza, non tutto è perduto. Esistono uomini e donne che ancora oggi custodiscono la ricchezza del legame ‘parola e silenzio’. Sono coloro che non hanno piegato le loro ginocchia dinanzi allo strapotere delle parole vuote di silenzio. Tutti noi ne abbiamo fatto esperienza almeno una volta nella vita. Il mondo orientale, alcune religioni, una certa filosofia, sono tutti luoghi in cui è conservato il nativo legame di parola e silenzio. In loro vive ancora, resiliente, una parola che nasce dal silenzio o che si genera al suo margine. Mistici, poeti, scrittori, asceti, profeti, uomini e donne di fede cristiana e non solo, sono i frequentatori della casa del silenzio, sacri custodi di questa realtà, come Elia (cf. 1 Re 19,12) essi sono ancora capaci di ascoltare la sua voce sottile, il suo mormorio leggero, per introdurlo come bene preziosissimo nello spazio della vita.
É vero, oggi del silenzio ne abbiamo assolutamente bisogno, anche se spesso mancano i suoi cercatori; ne abbiamo bisogno sia perché dia sapore alle nostre parole ed eviti che si trasformino in chiacchiera e superficialità pura.
Da parte mia ritengo, nonostante la povertà dei nostri limiti, che la semplice partecipazione alla Santa Messa, celebrata e vissuta in modo sobrio, attento e libero, abbia il potere di farci assaporare il valore delle nostre parole ed aprirci a quella Parola ‘altra’ che nutre e illumina le nostre vite.
don Mimmo Concolino
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