di FRANCO CIMINO
Io appartengo a quella enorme folla di catanzaresi i quali, se li conti sulle dita di una mano, non arrivano neppure a cinque, che si è battuta per la difesa e la conservazione di molti beni storici, architettonici, culturali e ambientali della nostra Città. Ne ricordo solo alcuni, così per rinfrescare la memoria ai soliti che la “dimenticano”, la propria: l’ex Stac, il cine-teatro Comunale, il Supercinema. Tutti e tre queste strutture hanno subito un duplice attracco. Quello, lunghissimo, della dimenticanza, della svalutazione e dell’abbandono da parte del pubblico. E quello, conseguente, dell’attacco speculativo di chi per mestiere fa il passivo spettatore dei fallimenti altrui per comprare a prezzo di regalo e inventare su quei luoghi attività alternative e di più facile guadagno. Abbiamo detto con forza che i cinema sarebbero dovuti restare cinema, e cinema sono rimasti. Sarebbe stato infatti assurdo che il Centro storico non ne avesse neppure uno, segnando in questo modo la morte vera del Corso e dell’intera città antica. Il positivo risultato lo dobbiamo alla generosa resistenza della proprietà dei due luoghi e al coraggio impiegato da chi li ha rilevati e rilanciati con spirito nuovo. Personalmente, non finirò mai di ringraziarli. Lo faccio come posso, impiegando l’atteggiamento opposto a quello delle antiche abitudini catanzaresi: vado settimanalmente ai due cinema, e continuo ad abbonarmi a quasi tutte le programmazioni proposte al Teatro Comunale. Sono piccoli sacrifici economici, questi per me, ma ben corrispondono al motto che mi sono dato: “ quando la Città chiama, bisogna rispondere sì.”
Scandalizzarsi, pertanto, che un’attività commerciale chiuda e sorprendersi continuamente dello stato di abbandono in cui versa Catanzaro, è sbagliato e dannoso se come cittadini non abbiamo compiuto il minimo dei nostri doveri. Sforzarsi di fare acquisti, nei limiti delle possibilità di ciascuno, presso le attività del Centro, è un dovere che deve precedere la legittima protesta nei confronti di chi, ricevendo attenzioni, non le rispetta fornendo un servizio adeguato. L’Amministrazione Comunale, innanzitutto. La si metta come la si voglia mettere dentro la polemica politica, ma è indubitabile che quando non una o poche attività commerciali( fatto fisiologico nel commercio)ma tante, chiudono i loro esercizi, una grande responsabilità è della massima istituzione locale. Le attività economiche singolarmente hanno bisogno di capacità di intrapresa e corretta gestione dei titolari,così come di una corretta e ampia competizione. È vero. Ma, in complesso, tutte abbisognano di una chiara e intelligente programmazione politico-economica capace di offrire alle dinamiche propriamente di mercato quel valore aggiunto che è rappresentato “ dalla Offerta Città.” Quell’insieme cioè di iniziative culturali e di fatti strutturali che rendono accessibile, attraente, conveniente e godibile la Città. Vivere la Città, non significa andare in un qualsiasi mercato e comprare ciò che ci serve nel tempo più breve e al costo più conveniente. Fare acquisti nelle vie dei diversi centri cittadini, significa godere della bellezza della Città. Delle sue luci, dei suoi lampioni. E delle sue vetrine, che, si badi, nell’architettura urbana non servono solo per esporre la merce, ma anche per abbellire la via, illuminarla di luce e di colori.
Godere della bellezza del cielo, quando è chiaro e quando lentamente si rabbuia. Godere del sano respiro dell’aria vera e perché no?anche del vento che la rinfresca o la ripulisce. La bellezza del comprare e del vedere un film o una rappresentazione teatrale e poi del ristorarsi, nei bar, nelle trattorie e ristoranti e pizzerie, nei pub, al Centro Storico, significa anche riprendere a camminare piano. A godere della lentezza, che è la velocità più umana che si possa concepire in un tempo che fa correre tutti alla velocità della rete. La lentezza favorisce l’incontro. Tra le persone, tra gli amici che non si ritrovano mai. L’incontro degli innamorati che vogliono mostrare il loro amore a tutti. L’incontro con chi conoscevi e avevi perduto di vista, e con chi non avevi incontrato mai, eppure era tuo vicino di casa. La bellezza di incontrarti con la fisicità della Città, che, non dimentichiamolo mai, è anche corpo oltre che anima e memoria. Il suo corpo sono i musei. A Catanzaro ne abbiamo pochissimi, ma li abbiamo. Sono le chiese e le piazze, ne abbiamo parecchie, tutte belle e originali. Una piazza con una chiesa, ciascuna diversa dall’altra. Incontro di corpi e di anime, è vivere il Centro. Andare in un bar, significa anche gustare, seduti a un tavolo, la curiosante bellezza del passeggio o del passaggio di persone. Anche questo è uno spettacolo, che la nostra Catanzaro può garantire, di fatto gratis. Come gratis è la magnifica vista che si può godere dalla balconata in fondo al Corso, che dista esattamente poche centinaia di metri dal primo bar e dal primo negozio e dal primo ristorante bar e prima trattoria della via principale. Il primo modo, pertanto, di difendere il Centro Storico è ripopolarlo di noi, del nostro vissuto quotidiano. Il primo modo di difendere i negozi del Centro è andare a fare acquisti lì. Il modo più efficace per tenere in vita i due cinema, per fortuna ancora aperti, è di recarsi a vedere i film in quelle sale, tra l’altro oggi ammodernate e confortevoli. Di fronte a questo gioioso dovere, non dobbiamo accampare alibi.
Se faremo questo semplice gesto, allora avremo più forza, e forza collettiva, di protestare contro gli esercenti per la vetustà dei locali e l’inadeguatezza dei servizi, contro il Comune che non sa fare il suo dovere e lascia irrisolti, aggravandoli, i problemi ben noti, contro quei politici fannulloni, bugiardi e incompetenti, che non amano la Città. Se faremo questo semplice gesto, potremo, con maggiore libertà, alle prossime scadenze elettorali, votare quelle forze politiche e quei candidati che avranno dato prova di lealtà e di affetto verso questo tanto bistrattato capoluogo di regione. Come ben si può constatare, “ salvare, conservare, innovare e cambiare”, non è per nulla compito difficile. La vera rivoluzione non è dei rivoluzionari di professione, ma opera ordinaria della gente comune. la si pratichi, intanto, recandoci numerosi, e in continuità di tempo, a godere delle ottime prelibatezze nelle eleganti sale dell’antico bar Imperiale, affinché non soltanto l’attuale proprietà resista alla crisi e la superi. Ma, anche per ribadire a quanti lo stanno attenzionando, Comune in primis, che in futuro “non ci sarà trippa per i gatti.” Questo locale bar è sempre stato e bar per sempre sarà.
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