di RITA TULELLI
In qualità di Avvocato scrivo questo articolo sul caporalato che rappresenta una delle piaghe più gravi e persistenti del settore agricolo italiano. Nonostante gli sforzi legislativi e le operazioni delle forze dell'ordine, questa pratica continua a prosperare, alimentata dalla disperazione dei lavoratori migranti e dalla voracità di alcune imprese agricole. Il fenomeno del caporalato non solo mina i diritti fondamentali dei lavoratori, ma danneggia anche l'intero sistema economico e sociale del Paese.
Il caporalato è una forma di sfruttamento lavorativo in cui i caporali, intermediari illegali, reclutano lavoratori per conto di aziende agricole. Questi lavoratori, spesso migranti irregolari o persone in situazioni di vulnerabilità, sono costretti a lavorare in condizioni disumane, con salari al di sotto della soglia di povertà e senza alcuna tutela sindacale o previdenziale.
Le radici del caporalato affondano in un contesto di povertà, disoccupazione e migrazione irregolare. La mancanza di alternative lavorative e la pressione economica spingono molti a accettare condizioni di lavoro degradanti. Le aziende agricole, dal canto loro, sfruttano questi lavoratori per ridurre i costi di produzione e aumentare i profitti, ignorando le norme sul lavoro e la dignità umana.
I lavoratori sfruttati dai caporali vivono e lavorano in condizioni estremamente precarie. Sono spesso costretti a lavorare per lunghe ore sotto il sole cocente, senza accesso ad acqua potabile o servizi igienici adeguati. I salari, quando vengono pagati, sono miseri e spesso trattenuti dai caporali come forma di controllo. Le testimonianze di molti lavoratori raccontano storie di minacce, violenze e ricatti, creando un clima di paura e sottomissione.
Il caporalato ha gravi ripercussioni sull'economia e sulla società. L'evasione fiscale e contributiva legata a questa pratica sottrae risorse importanti allo Stato, mentre la concorrenza sleale danneggia le aziende agricole che rispettano le leggi. Sul piano sociale, il caporalato alimenta la discriminazione e la marginalizzazione dei lavoratori migranti, contribuendo alla creazione di un sottoproletariato invisibile e sfruttato.
Negli ultimi anni, il governo italiano ha adottato diverse misure per combattere il caporalato. La legge 199 del 2016, conosciuta come legge contro il caporalato, ha introdotto pene più severe per i caporali e le aziende che sfruttano i lavoratori. Inoltre, sono state potenziate le attività di controllo e ispezione da parte delle forze dell'ordine e degli ispettorati del lavoro.
Tuttavia, nonostante questi sforzi, il fenomeno persiste. La complessità del caporalato richiede interventi coordinati a diversi livelli, includendo la cooperazione internazionale per gestire i flussi migratori e la promozione di pratiche agricole sostenibili e etiche.
La società civile gioca un ruolo cruciale nella lotta contro il caporalato. Le organizzazioni non governative, i sindacati e le associazioni di volontariato lavorano per fornire supporto ai lavoratori sfruttati, sensibilizzare l'opinione pubblica e promuovere campagne di denuncia. Inoltre, l'educazione dei consumatori sull'importanza di scelte consapevoli e etiche può contribuire a ridurre la domanda di prodotti ottenuti attraverso lo sfruttamento lavorativo.
Il caporalato rappresenta una sfida complessa e radicata che richiede un impegno continuo e coordinato da parte di tutte le parti coinvolte. Solo attraverso una combinazione di interventi legislativi efficaci, controllo rigoroso, cooperazione internazionale e mobilitazione della società civile sarà possibile debellare questa piaga e garantire condizioni di lavoro dignitose per tutti. La battaglia contro il caporalato non è solo una questione di giustizia sociale, ma un imperativo morale per costruire una società più equa e solidale.
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