di SETTIMIO PAONE
Un silenzio denso di dolore ha avvolto la Basilica Pontificia di Sant’Antonio di Padova, gremita da oltre duemila persone, per l’ultimo saluto a Martina Carbonaro, la 14enne uccisa dall’ex fidanzato, Alessio Tucci. Una tragedia che ha sconvolto l’intera comunità e scosso profondamente anche il Cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, che ha presieduto la cerimonia funebre con voce rotta dall’emozione.
Durante l’omelia, il cardinale ha trasformato la celebrazione in un accorato appello alla coscienza collettiva, denunciando con parole forti e chiare la matrice della violenza che ha strappato Martina alla vita.
“Martina è morta per mano della violenza. Per mano di un ragazzo che non ha saputo reggere un rifiuto, un limite, una libertà. È morta per un’idea malata dell’amore, ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa”, ha dichiarato con voce spezzata. Battaglia non ha usato giri di parole, chiamando le cose con il loro nome: “Questo è femminicidio. Non è follia. Non è gelosia. Non è un raptus. È il frutto amaro di un’educazione che ha fallito. Di un linguaggio che normalizza la violenza. Di un silenzio colpevole”.
Il tono del cardinale, seppur commosso, è stato fermo, incisivo, e ha saputo dare voce all’indignazione di un’intera nazione. Il suo intervento ha toccato corde profonde, rivolgendosi in particolare ai giovani:
“Fate in modo che questa morte non sia vana. Trasformate le vostre lacrime in impegno, il vostro dolore in una rabbia pacifica, capace di costruire e rovesciare le sorti di questo nostro sistema violento e malato.”
Ai ragazzi, Battaglia ha chiesto di liberarsi dall’idea distorta del possesso, ricordando che amare significa rispettare la libertà dell’altro, non annientarla.
Uno dei momenti più toccanti dell’omelia è stato il commiato simbolico del cardinale alla giovane vittima:
“Al tuo sorriso spezzato promettiamo un’altra storia: un mondo dove nessuna ragazza debba più avere paura di amare, dove dire ‘basta’ non sia una condanna, ma un diritto.” La bara bianca, portata in chiesa tra applausi e lacrime, è stata salutata anche all’esterno con messaggi di affetto e cartelloni: “Martina sei la figlia di tutti noi”.
Alla cerimonia hanno partecipato anche figure istituzionali come il prefetto di Napoli Michele di Bari, il sottosegretario Pina Castiello e il sindaco di Afragola, Antonio Pannone. Ma più di ogni altra presenza ha colpito quella silenziosa e partecipe di una comunità devastata, unita nel dolore e nella richiesta di giustizia.
Il funerale di Martina Carbonaro non è stato solo un rito religioso, ma un grido collettivo contro la violenza di genere. Un momento in cui la Chiesa, per voce del cardinale Battaglia, ha scelto di non restare in silenzio, ma di parlare forte, con amore e coraggio.
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