Una tesi autobiografica in cui ha ripercorso una serie di aspetti sociologici legati alla rieducazione della pena.
Si intitola “Fascinazione criminale” la tesi in Sociologia che ha permesso a Catello Romano, 32 anni, detenuto nel carcere di Catanzaro dove sta scontando la pena per l'omicidio di Gino Tommasino, il consigliere comunale del Pd ammazzato il 3 febbraio 2009 lungo il centralissimo Viale Europa di Castellammare di Stabia. di laurearsi in carcere con il massimo dei voti, 110 e lode con menzione.
Una tesi discussa alla presenza di autorità e dell'Imam che lo sta accompagnando nel suo nuovo percorso religioso.
In una cella Catello Romano dovrà trascorrere almeno un'altra decina di anni, proprio per la condanna definitiva per l'omicidio di Gino Tommasino. Erano le 15:30 del 3 febbraio di 14 anni fa , quando il commando di killer entrò in azione, sparando una raffica di colpi contro il politico stabiese. Sta scontando un cumulo di pene di una ventina d'anni, è in carcere da fine 2009 e, dopo sei mesi trascorsi al 41-bis, è sottoposto a un regime di sicurezza meno afflittivo. In carcere si è prima avvicinato al Buddhismo, poi si è convertito all'Islam. Nel frattempo ha deciso di studiare sociologia e di approfondire tematiche filosofiche. Un percorso di studi che l'ha portato, ieri pomeriggio alle 15, a discutere la sua tesi autobiografica.
Ad assistere alla discussione è stata autorizzata anche sua madre, che ha raccontato la sua emozione e la sua commozione per il traguardo raggiunto dall'ex giovane killer di camorra. Presenti anche le autorità di zona e l'imam della moschea di Milano Yahya Pallavicini, che ha seguito il percorso di conversione all'Islam di Romano. A seguire tutto l'iter di studio di Catello Romano è stato anche l'avvocato Francesco Schettino, suo difensore di fiducia: «La funzione rieducativa della pena raggiunge in vicende come quella che riguarda Catello Romano il suo risultato migliore. La progressiva risocializzazione del detenuto che si attua anche e soprattutto attraverso la cultura e lo studio è motivo di orgoglio per tutti coloro che hanno vissuto in prima linea un iter processuale ed umano che, da esperimento intramurario, è divenuto concreta e fattiva esperienza di vita: di una vita migliore».
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