Il libro postumo di Franco Cassano: ricerca e inquietudine 

 di LUIGI MARIANO GUZZO 

Attenzione a tenere troppo alla verità. E a scambiare la verità per una sedia, sulla quale ci si può sedere sopra. Comodamente. Senza avvertire (più) il fastidio - o la frenesia - dell’inquietudine.

Lo ricorda Franco Cassano, che ha insegnato sociologia dei processi culturali all’Università di Bari, in una preziosa conversazione con Pasquale Serra pubblicata postuma in questi giorni da “Laterza”. Chi fa ricerca - dice - non può che essere inquieto. Deve avere il coraggio di rompere “gli argini”, di trasportare acqua persino torbida (perché bisogna diffidare dall’acqua limpida che non ha niente con sé). “La ricerca chiede che si ami camminare sia nella bellezza che nello squallore”. Si fa ricerca sempre: non solo in biblioteca ma anche “al cinema o in vacanza”. Ricerca è “curiosità infinita dell’altro”, “non chiudere mai la porta”, “accogliere la tua ultima idea come fosse la prima, “avvertire la claustrofobia dei luoghi comuni”, “forzare i recinti nei quali gran parte dell’umanità passa tutta la vita”, “saper amare la debolezza e la paura”.

E denuncia Cassano le  politiche che alimentano precarietà nelle università italiane: “La vita quotidiana deve funzionare per evitare che la ricerca si interrompa e che altre preoccupazioni primordiali diventano fondamentale”.

Insomma: la ricerca è (semplicemente) vita, nella sua dinamicità. Tentando di non cadere nel “dilettantismo”, eppure rifiutando le forme di ”ortodossia corporativa”. Come ha fatto Franco Cassano, che è stato capace di coniugare nella sua esistenza terrena, come nel suo impegno accademico, il “coraggio” dei militanti radicali e l’“intelligenza” degli studiosi raffinati.

E oggi ci lascia pagine bellissime, sopratutto per chi quotidianamente prova a fare ricerca.

CLICCA QUI