Il Marcodi: “L’equilibrio delle incertezze”

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  05 agosto 2024 09:16

di MARCO AZZARITO CANNELLA 

Un vecchio brocardo, tanto caro a noi giuristi, recita che in claris non fit interpretatio.

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Per dire la verità non è proprio quello più preciso, però rende l’idea: per poter giudicare senza interpretazioni soggettive è necessaria la giusta chiarezza.

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E un po’ di chiarezza è quello che bisognerebbe pretendere dall’organizzazione olimpica che, dopo aver fatto una pessima figura durante la presentazione dei giochi e aver litigato con le federazioni internazionali non gradite, nel 2024, chiude gli occhi, per l’ennesima volta, davanti agli atleti intersex.

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Evidentemente l’argomento non piace o peggio. Come direbbe qualche vecchia volpe che non va mai in pellicceria, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

Io non sto dalla parte di nessuno, beninteso. Né da quella di chi si scaglia contro l’algerina Imane Khelif, rea di avere livelli di testosterone così alti da sembrare più un uomo che una donna, né da quella di chi in nome di una ipersbandierata inclusività, si attacca ai regolamenti olimpici e consente un combattimento di box palesemente iniquo, come quello al quale abbiamo assistito qualche giorno fa.

Perché, diciamolo chiaramente, le donne sono sicuramente due passi avanti rispetto agli uomini, ma non avranno mai la loro forza fisica. Per legge biologica, non per patriarcato.

Quindi, sì, penso che la nostra Angela Carini abbia fatto bene ad abbandonare l’incontro, qualunque siano state le sue motivazioni. Non sarebbe mai stata in grado di combattere alla pari, essendo evidente lo squilibrio fisico tra le due atlete. 

Ha fatto meno bene, invece, a pubblicizzare il gesto, ma questa è un’altra storia che spero arrivi presto al capolinea.

Il tema degli atleti intersex deve essere risolto una volta per tutte. Che sia la scienza a fissare dei parametri equi e che siano tutte le federazioni (olimpiche e non) ad applicarle severamente, garantendo il diritto allo sport agli atleti nella condizione di Imane Khelif, e a tutti gli altri.

Dopotutto un diritto non è un diritto se non lo è per tutti e per essere equi bisogna disciplinare situazioni uguali in modo uguale e situazioni diverse in modo diverso.

Più chiaro di così…

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