di EMILIO GRIMALDI*
Per tutti arriva un momento nella vita in cui guardiamo dalla finestra del nostro io e rivediamo il passato. Ricordi, fatti, scelte, delusioni. Un groviglio di sensazioni che però hanno un cardine che ci permette di scioglierli e metterli in ordine. Non per una biografia costipata in un cassetto, bensì per alimentare la luce dell’esistenza con un’essenza più genuina, forse nostalgica, certamente più autentica. Ed è l’infanzia. Il primo ciclo della nostra vita da cui tutto scaturisce: carattere, indole, calori, sapori, colori. E il mare. Tanto mare.
È il percorso di Rosalba Volpe, autrice de “Il mare che ho dentro” edito da Officine editoriali da Cleto.
Rosalba riferisce anche il perché di questo sentiero a ritroso, ma anche avanti, che ci permette di guardare al futuro con più coraggio e libertà. Lei dice che “attraverso i colori primari scopriremo le nostre parole primarie, quelle dell’infanzia, quelle con cui siamo stati cresciuti, quelle che ci sono mancate. Mescolando poi tra i colori primari otterremo i colori secondari, ossia le parole che abbiamo scoperto, combinato… e della nostra voglia di provare a essere al mondo a modo nostro.”
L’infanzia è anche delle parole, dell’etimo e del loro significato in divenire. Così facendo riesce a scoprire che dal suo nome: “Rosalba” viene fuori il fatto che avrebbe scritto di mattina presto. Infatti, per questo viaggio si riserva le prime ore del giorno che “annunciano un nuovo giorno, ricco di speranza e vittoria.” Scopre “nuove parole, figlie delle stesse sillabe, figlie della nostra esperienza.” Scova il profumo della casa dei nonni materni (“Nonno è una parola fatta di polvere di stelle”) “l’odore di sugo domenicale.. l’inconfondibile sapore delle caramelle Elah…”, l’immagine del nonno che baciava i nipotini farfugliando “Ciavàru de carne umana” e quando li incoraggiava a non avere paura. “Il coraggio – annota Rosalba – spesso passa da parole e gesti semplici.” Momenti che si incardinano per sempre nello spirito dell’infanzia, tali da caratterizzare per sempre l’uomo o la donna che verranno perché “gli occhi di un bambino sanno fotografare le ombre in chiaroscuro dalle infinite tonalità.” Ed è così che i veli dei nostri primi perché diventano le vele che ci aiutano ad affrontare le sofferenze della vita e continuano a farlo. Grazie a quello che siamo stati e che spesso ci sfugge.
Il testo di Rosalba è un dialogo con la propria anima. Che sa di non aver mai abbandonato. E che ora ha deciso di leggere fino in fondo, “di guardarla allo specchio”. Grazie ad un maestro eccezionale: il mare, forse il maestro migliore. Parola di marinai, come gli avi di Rosalba.
*giornalista e scrittore
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