Il mare che separa dal Paese sbagliato e la coscienza assopita

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Franco Cimino
  07 ottobre 2019 19:41

di FRANCO CIMINO

Lo vedi tu com’è? Non fa più grande effetto. Una volta, tra finte lacrime e ipocrisia, ci si commuoveva un po’. Come per tutte quelle morti improvvise e giovani, del vicinato o della comunità, quando strariempiamo le chiese e il loro sagrato, noi pieni di quel dolore che già domani sarà passato senza lasciare traccia di sé. Non fa più notizia il gommone che si piega da un lato e riversa in mare, come scatole di cartone, tante persone proprio all’arrivo delle motovedette dei salvatori. Le nostre. I nostri. Italiani. Una beffa del destino (il mare e Dio non c’entrano), che si consuma mentre nei salotti televisivi si litiga più ferocemente che in Parlamento, sul tema del respingimento dei migranti e sull’unica classificazione che li vedrebbe tutti o criminali, o tendenzialmente tali. Ovvero, come ladri del nostro lavoro.

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Quello che gli italiani, anche se disoccupati, non vogliono da anni fare, lasciando i pomodori nei campi, l’uva e le olive sulle piante, le arance e i mandarini sugli alberi. Tutti i bei frutti a marcire. Le prime notizie, nelle seconde pagine dei telegiornali, dicevano di due corpi riaffiorati in mare. Man mano che passavano le ore, i ritrovamenti sono aumentati. Pare siano finora tredici, un numero destinato a salire di parecchio. Otto sono bambini, poi donne. Di sicuro, madri che hanno tentato di salvare i loro figli, annegando con loro.

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Sul gommone erano in cinquanta, forse. Nessuno aveva il salvagente. Un salvagente mantiene a galla, e se il mare non è molto agitato, di certo, salva. Mancavano poco più che due miglia alla costa di Lampedusa, il mare bello dell’isola più bella, divenuti, ormai da un decennio, il cimitero dei cercatori di pace e di pane. Donne e bambini, madri e figli piccoli. Dicono provenissero dalla Tunisia, uno dei posti dolenti in cui nascere già con la difficoltà di vivere. Ché la colpa, ormai, in questo mondo incattivito, non è più quella di esser nero o bianco impallidito, ma di esser nato in un posto sbagliato. La differenza, sempre più marcata, tra gli esseri umani, non è più tra chi ha, tanto o poco, e chi non ha che poco o nulla, ma, geografica. La globalizzazione, inventando una nuova povertà anche nei paesi cosiddetti progrediti e nuove odiose divisioni tra i cittadini al loro interno, sta abbattendo quasi tutti i vecchi schemi ideologici e formando una nuova dicotomia sociale.

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Di questa occorrerebbe approfondirne la sostanza, per una nuova politica globale che sconfigga le diseguaglianze e le povertà tutte. Ma chi ci potrà pensare, se l’Onu ha perso ruolo e dignità politica, le tre superpotenze mondiali si combattono sempre più duramente e l’Europa ancora non c’è? Quel che più pesa, tuttavia, oggi, è l’assenza più grande. Quella della coscienza, individuale e collettiva, che resta indifferente dinanzi alle morti ingiuste di donne e bambini e di uomini inermi. Nel mare amico, che invece della pace, accoglie la morte di uomini come noi. E il pianto di chi cerca un posto in cui vivere che non sia quello sbagliato in cui è nato.

Franco Cimino

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