Il Ministero dice no: "Facciolla resta a Potenza". La replica della difesa: "Misura cautelare cessata"

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Eugenio Facciolla
  25 luglio 2020 08:25

Il Ministero della Giustizia dice no: la misura cautelare del trasferimento del magistrato Eugenio Facciolla, adottata dal Csm, non può definirsi cessata in mancanza di una decisione della Corte di Cassazione entro i sei mesi dalla presentazione dell'impugnazione del ricorso agli Ermellini. 

La risposta di via Arenula arriva ieri dopo quattro giorni dall'istanza presentata dall'avvocato Ivano Iai, legale di fiducia di Eugenio Facciolla, prima procuratore di Castrovillari e poi trasferito a Potenza con le funzioni di giudice civile dopo un'indagine che lo vede imputato di un processo a Salerno con l'accusa di corruzione. E' il 20 luglio infatti quando l'avvocato Iai chiede espressamente al Ministero per chiedere la reimmissione di Eugenio Facciolla nelle funzioni di procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari. La motivazione del legale: la Corte di Cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso”, scrive l’avvocato Iai che continua nel dire che “nessuna pronuncia in tal senso è ad oggi intervenuta sul ricorso proposto in data 11 dicembre 2019 e, di conseguenza, l’11 giugno 2020, la misura cautelare applicata è cessata ovvero estinta” (LEGGI QUI LE MOTIVAZIONI DELL'ISTANZA)

Non la pensa così il Ministero. Per il Capo di Gabinetto "in tema di misure cautelari  di natura disciplinare, non vi è alcuna norma che regoli  la questione del relativo termine di efficacia, né tantomeno alcuna previsione che faccia conseguire, alla mancata decisione del ricorso per Cassazione nel termine semestrale di cui all'articolo 24 decreto legislativo 109/2006, l'inefficacia e/o l'estinzione della misura stessa". Dunque, "il termine previsto non è invero assistito da alcuna previsione di decadenza, ed ha evidentemente natura ordinatoria, in forza della regola generale di cui di cui all'art. 152, comma 2, codice procedura civile applicabile al procedimento  disciplinare innanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui i  termini  stabiliti  dalla  legge  sono  ordinatori  tranne  che  la  legge  stessa  li  dichiari espressamente perentori". E ancora: "Previsione che, si ribadisce, difetta nel caso di specie e che invece è esplicitata con riferimento alla decisione del merito del ricorso da parte della Sezione Disciplinare del CSM dall'art. 15 del decreto legislativo 1091/2006, che, al comma 7, stabilisce espressamente che se i termini previsti nei commi  precedenti  - attinenti  alla istruttoria  formale  innanzi alla  Procura  Generale  della Corte di Cassazione ed al giudizio di merito di primo grado - non sono osservati, il procedimento disciplinare si estingue. Si evidenzia, - continua il Ministero della Giustizia-, che ai sensi dell'art. 17 della legge n. 195 del 1978, "Tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio Superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro; ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro della Giustizia". Conclusione, la proposta di far ritornare Facciolla a Castrovillari non può essere accolta.

LA CONTROREPLICA DELL'AVVOCATO IVANO IAI:

Il legale di Facciolla però insiste, controreplica e infine vira dritto con la richiesta di provvedere all’immediata ricognizione del suo cliente alle funzioni di procuratore della Repubblica al Tribunale di Castrovillari: "Ribadisco ancora più convintamente la sollecitazione rivolta al Ministro per le seguenti ragioni, rafforzate dalle non condivisibili motivazioni della nota di rigetto. La disciplina delle misure cautelari applicabili nella procedura giurisdizionale che ha luogo nei due (soli) gradi del procedimento davanti alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura e, in caso di impugnazione ex art. 24, d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, davanti alle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, è esclusivamente quella dell’appena citato decreto e del codice di procedura penale, e ciò per espressa previsione legislativa. Sia il Consiglio Superiore della Magistratura, nella Sezione predetta, sia le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, osservano, quindi, i canoni processuali penali in quanto compatibili, mentre non si rileva alcun riferimento alle disposizioni del codice di rito civile. Con riferimento alle misure cautelari, appare evidente l’inderogabilità delle disposizioni relative ai termini, ivi inclusi quelli di sei mesi ex art. 24, c. 2, d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109", scrive Ivano Iai per poi sostenere che: "In ogni caso, un ordinamento rispettoso dei diritti umani inviolabili e delle libertà fondamentali non potrebbe ospitare regole che ne contraddicano l’esistenza attraverso la compresente eventualità dell’anticipazione illimitata e incondizionata di sanzioni senza processo specialmente in ragione e per effetto di non più fisiologiche inerzie decisorie dell’Autorità Giudiziaria".

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Per il legale che da mesi conduce la battaglia insieme ad Eugenio Facciolla  “una norma che regoli la questione del relativo termine di efficacia” e di una previsione che faccia conseguire, alla mancata decisione del ricorso per Cassazione nel termine semestrale di cui all’art. 24 d.lvo 109/2006, l’inefficacia e/o l’estinzione della misura stessa”, è evidentemente contraddetta dallo stesso articolo 24, la cui" oggettiva categoricità del c. 2, tutt’altro che inutiliter data, non risulta né espressamente né tacitamente abrogata dovendosi di essa dare lettura nel contesto della disciplina dei termini relativi alle misure cautelari e non nell’ambito, qui inconferente, di quelli riguardanti l’applicazione delle sanzioni nel processo disciplinare di merito. Rinunciando a condividere siffatti principi verrebbe negato il carattere eccezionale, provvisorio, temporaneo e limitato delle misure cautelari nei confronti dei magistrati regolate dal decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 e dal codice di procedura penale in quanto compatibile. Con particolare riferimento a tale ulteriore profilo- conclude Iai- all’intera procedura della cautela disciplinare non possono che applicarsi i corrispondenti canoni del rito penale, essendo anch’essa analogamente governata da presupposti rigorosi, tra cui quello del periculum, il cui accertamento, nei due gradi previsti per effetto dell’articolo 24, comma 2, non può essere procrastinato sine die o ad libitum o divenire, per il decorso irragionevole del tempo, sanzione anticipata o, addirittura, maggiormente afflittiva di quella tassativamente prevista quale risposta punitiva per l’illecito definitivamente irrogato".  (ed.cor).

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