Il processo di secondo grado che coinvolge l'ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, e altri 17 imputati, si avvia verso la sua conclusione.
La sentenza dei giudici della Corte d'Appello di Reggio per l'ex sindaco, noto per la creazione del "Modello Riace," simbolo mondiale dell'accoglienza, è attesa per la tarda mattinata o il primo pomeriggio di oggi.
L'accusa è rappresentata dai sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari, che hanno richiesto una condanna di 10 anni e 5 mesi di reclusione per Lucano. Durante la scorsa udienza, gli avvocati di Lucano, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, hanno presentato alla corte, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi, con giudici relatori Davide Lauro e Massimo Minniti, una richiesta di revisione della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Locri.
I giudici di Locri, in primo grado, avevano condannato Lucano a di 13 anni e due mesi di reclusione, oltre al pagamento di 700mila euro di risarcimenti.
L'accusa è basata sull'inchiesta "Xenia," che sostiene che Lucano abbia utilizzato i fondi destinati all'accoglienza dei migranti a fini personali. Le accuse contro di lui includono associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
La Procura di Locri ha contestato integralmente il celebre "Modello Riace" sostenendo che il sistema si basi su pratiche illegali. Dalla parte della difesa, si sostiene che l'innocenza di Lucano sia documentalmente provata, poiché il suo obiettivo era in linea con i principi degli Sprar, ovvero l'accoglienza e l'integrazione dei migranti. La difesa fa notare che non esistono prove che dimostrino che Lucano avesse altre intenzioni.
D'altra parte, gli avvocati evidenziano un eccessivo utilizzo delle intercettazioni telefoniche, copiate ed incollate integralmente nella motivazione della sentenza. Secondo la difesa, molte di queste intercettazioni siano inutilizzabili.
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