Il Museo Marca di Catanzaro riapre le sue accoglienti sale, nel massimo rispetto delle norme anti-covid, con una mostra di scultura che rende omaggio all’artista Aron Demetz, uno dei maggiori interpreti internazionali contemporanei.
La riflessione che sottende a questa mostra dal titolo “Autarkeia II – il richiamo della materia”- che va a continuare e approfondire il percorso di ricerca avviato dalla recente esposizione al Museo Archeologico Nazionale di Napoli - ruota intorno al concetto di “Autarchia”, derivato dal greco “Autarkeia” e declinato in una serie di soluzioni formali connesse semanticamente al concetto di “Autosufficienza”.
Ricerca e sperimentazione caratterizzano l’intero percorso di Demetz, discendente da una famiglia di scultori e originario della Val Gardena, terra di santi e di scultori di altari lignei che si possono ammirare nelle chiese di tutto il mondo.
“Essere invitato ad esporre al MARCA dalla Fondazione Rocco Guglielmo con un progetto site-specific – ha affermato Demetz - mi risulta doppiamente stimolante. Innanzitutto perché il Marca è già stata sede di importanti mostre di scultura, sia perché per un artista, esporre le proprie opere scultoree a Catanzaro, in piena Magna Grecia, significa inevitabilmente confrontarsi con il Genius loci di una terra che affonda le sue radici nella tradizione artistico-culturale greco-romana”.
Ad illustrare ed approfondire la riflessione che ruota attorno alle opere dell’artista, ieri pomeriggio nella sala panoramica del Marca, prima del taglio del nastro, assieme all’artista, il direttore artistico del Museo, Rocco Guglielmo; il presidente del consiglio comunale di Catanzaro, in rappresentanza anche della Provincia di Catanzaro, Marco Polimeni; Domenico Piraina, componente del Comitato scientifico del Marca e il curatore della mostra, Alessandro Romanino.
Marco Polimeni ha voluto sottolineare il grande sforzo della direzione artistica del Marca, affidata a Guglielmo dalla Provincia di Catanzaro, per rilanciare un percorso espositivo sacrificato dalle chiusure e dalle restrizioni determinate dalla pandemia. Un coraggio e una cura premiati dalla nutrita presenza di appassionati e visitatori che ieri pomeriggio hanno testimoniato l’affezione al Museo, e la voglia di tornare a fruire di questi spazi artistici.
La mostra – che potrà essere visitata fino al 31 marzo – propone una serie di opere che sono testimoni del percorso di questa appassionata ricerca espressiva: opere figurali in legno, bronzo, in gesso e vetro, a conferma come in Demetz la scultura sia pensiero tradotto in forma, elaborazione filosofica tradotta in prassi plastica.
“L’arte antica della scultura ci riconduce alle origini dell’uomo e alla sua primordiale necessità di modellare la materia come segno indelebile del suo passaggio nel tempo e nello spazio – spiega Guglielmo – e scolpire è senza dubbio l’attività prediletta di Demetz, è il gesto con cui lega il passato al presente in una rivisitazione della classicità in chiave moderna”. La semplicità e la sintesi del modelli classici hanno, infatti, ispirato l’artista nella forma e nel movimento. “L’essenzialità è invece riconducibile all’amore per l’arte egizia, ma un’altra scuola che ha influenzato l’artista è senz’altro quello della pittura rinascimentale – spiega ancora Guglielmo -. Nel suo essere attuale vi è una chiara cognizione e rispetto della tradizione, legato alle tecniche consolidate della lavorazione del legno, scelto come materia madre delle sue opere, Demetz nel suo continuo sperimentare ha conseguito nuove competenze che riescono sempre a suscitare inaspettate emozioni”.
Ed è così, quindi, che nelle sale del Marca trova spazio la rievocazione di quella classicità dell’arte che ci ha visto primeggiare nel mondo attraverso sculture straordinarie da cui emerge una grande tensione spirituale, e dal Marca - per Demetz e Romanini – viene diffusa una bella notizia appresa proprio in questi giorni: l’artista esporrà alla Biennale di Venezia e il suo curatore si occuperà del padiglione della Costa d’Avorio.
Secondo Piraina, Demetz è molto dotato sotto il profilo tecnico e questo gli consente di riconoscere alla materia spazi di libertà che possono tradursi in quelle che, in confronto al canone classico, possono sembrare imperfezioni o incompiutezze, ma che invece sono manifestazioni della vita della materia simili a quelle della vita umana. E’ proprio in questa autosufficienza della materia che mi pare di individuare il senso del titolo di questa esposizione. Nel lavoro di Demetz c’è una ricerca costante di equilibrio tra due panorami linguistici, due libertà. Tra due creatività: quelle della materia e quelle dello scultore, il che mi sembra una conquista non solo artistica ma anche etica in un momento in cui l’umanità trova faticosamente a ritrovare una armonia con la Natura”.
“Trent’anni di spirito di ricerca, di avventura – annota Romanini – vedono nella sperimentazione l’unica condizione possibile e nell’errore non il fallimento ma il motore e il fulcro di ogni nuova potenziale conquista linguistica, espressiva e tecnica. Nell’accezione di Demetz “Autarkeia” non va intesa nel senso dell’“accontentarsi”, bensì – come spiega ancora Alessandro Romanini, “come forma di conquista veicolata da una rigida autodisciplina, sostenuta dall’inesausta ricerca ed esercizio e alimentata da un continuo confronto con i capisaldi storici dell’arte plastica. E tra quest’ultimi la dimensione legata all’arte greca è al primo posto”.
Il percorso espositivo è supportato da dettagliati apparati didattico-divulgativi e da un audio video che documenta - per il pubblico, le varie componenti dello stile e delle tecniche dell’artista.
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