Il viaggio nella sanità calabrese de La Nuova Calabria in compagnia di Lino Puzzonia è prossimo al traguardo finale. Questa è la 13 tappa. Tappa impegnativa per gli argomenti che sono trattati e per le ipotesi di soluzioni funzionali presentate come contributo culturale e tecnico a chi di fatto (la politica) dovrà mettere mano alle riforme di un sistema che non può restare una incompiuta. Vi lasciamo alla lettura della puntata.
di Lino Puzzonia
La rete ospedaliera
Delle caratteristiche di un ospedale del XXI secolo abbiamo detto abbondantemente in precedenza. La realizzazione di una rete territoriale come quella che ho ipotizzato potrebbe restituire gli ospedali alla loro naturale funzione di curare le condizioni più importanti e impedire, nella gran parte dei casi, la necessità dell’emigrazione sanitaria.
A tali scopi basta, a mio avviso, in Calabria, una snella rete di 11 ospedali, uno per ogni storico comprensorio di questa regione.
Dovrebbero essere:
HUB AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA DULBECCO DI CATANZARO
Con circa 850 Posi letto
SPOKE DI LAMEZIA TERME, CROTONE, VIBO VALENTIA
Con circa 400 posti letto ognuno
HUB AZIENDA OSPEDALIERA “ANNUNZIATA” DI COSENZA
Con circa 600-650 posti letto
SPOKE DI CASTROVILLARI, TIRRENO COSENTINO, SIBARITIDE
Con 400 posti letto ognuno
HUB AZIENDA OSPEDALIERA GOM DI REGGIO CALABRIA
Con 600-650 posti letto
SPOKE DI LOCRI e DELLA PIANA DI GIOA
Con 400 posti letto ognuno
Sarebbe una dotazione complessiva di circa il 3 per mille abitanti
Un ulteriore aumento dello 0,5 per mille potrebbe essere realizzato con oculati accreditamenti di privati.
Questo l’impianto complessivo. Veniamo ad alcune considerazioni di dettaglio.
Intanto tutti questi ospedali in misura variabile vanno potenziati tecnologicamente e professionalmente.
Dell’Hub di Catanzaro ci sono da dire molte cose perché è struttura, assistenziale e formativa, di particolare importanza. Ne ho scritto di recente, fuori da questo viaggio, ma in questa sede gioverà ripetere alcune affermazioni.
La prima è che, dopo l’avvenuta unificazione, almeno formale, delle due Aziende ospedaliere della città che ha permesso la nascita di una grande Azienda ospedaliero-universitaria con quasi 900 posti letto, sarebbero stati sbloccati 322 milioni, già previsti per l’ospedale di Catanzaro, ma condizionati alla unificazione stessa.
Si tratta di una notizia confortante perché un finanziamento così importante permette una forte qualificazione delle strutture e della tecnologia tale da poter iniziare un processo reale di lotta all’emigrazione sanitaria che oggi rappresenta l’autentica “palla al piede” della sanità regionale e condanna i calabresi all’impossibilità di curarsi come tutti gli altri cittadini italiani se non mettendo le mani in tasca, almeno quelli che possono.
La seconda è che, come affermato anche dal sindaco Fiorita, è necessario che non si scateni alcun conflitto per l’insediamento di un intero ospedale ex novo ma che l’ospedale Pugliese-Ciaccio debba mantenere un ruolo. 322 milioni a Catanzaro scateneranno i cementificatori dei quali non si ha proprio bisogno. Il nuovo ospedale di Catanzaro non può e non deve essere inteso come la costruzione di un nuovo edificio “tout court” ma deve piuttosto essere l’occasione di una revisione complessiva, di una razionalizzazione e messa in sicurezza nonché di un ampliamento importante delle strutture esistenti.
In particolare il Pugliese, che ha visto nell’ultimo quindicennio, almeno un centinaio di milioni di investimento, dispone di alcune strutture di prim’ordine: il Blocco operatorio, l’Anatomia patologica, il Servizio immumotrasfusionale e di qualificazione biologica degli emocomponenti (con competenza per tutta la regione), lo stesso Pronto soccorso e Medicina d’urgenza, la Rianimazione, l’Unità coronarica. È inoltre già finanziato il nuovo laboratorio centralizzato di chimica clinica. Le degenze del lato nord sono perlopiù dignitose e funzionali e ancor migliorabili avendo la possibilità di ridurre la densità dei posti letto.
Il lato Sud presenta, specialmente nei corpi laterali, delle criticità importanti che tuttavia, con la disponibilità finanziaria esistente, possono essere radicalmente sanate anche in senso antisismico (che è l’argomento maggiormente sbandierato dai cementificatori).
L’ospedale Ciaccio rappresenta poi uno dei pochissimi ospedali a norma della Calabria, ha certamente bisogno di un ampliamento, che ritengo largamente possibile, e di una integrazione di competenze ospedaliere e universitarie che punti a creare in quel sito una delle strutture oncologiche più importanti del meridione.
L’attuale situazione strutturale del presidio Mater Domini a Germaneto credo permetta integrazioni e razionalizzazioni specialmente utilizzando da subito tutte le degenze disponibili anche nelle more dei lavori di modernizzazione delle degenze del Pugliese a cui ho accennato.
Per quanto riguarda l’HUB cosentino esiste un congruo finanziamento che permetterà la nascita di un nuovo ospedale, che a Cosenza è davvero indispensabile, visto la fatiscenza della vecchia struttura dell’Annunziata. Esiste, purtroppo, la decisione irresponsabile di una nuova piccola facoltà di medicina. Si tratta di un atto improvvido comprensibile aspettativa di una politica provinciale e campanilistica ma molto meno comprensibile per una istituzione prestigiosa, dal punto di vista culturale e scientifico, come l’Unical che l’ha invece avallata.
Un finanziamento altrettanto consistente esiste per la modernizzazione del GOM di Reggio Calabria.
E ‘indispensabile che vadano rapidamente a buon fine i progetti in corso per la Piana di Gioia, per Vibo Valentia e per la Sibaritide.
Uno sforzo grande dovrà essere esercitato per il reale rilancio strutturale e organizzativo per gli ospedali di Lamezia, di Crotone, di Locri e di Castrovillari. Tutte belle strutture che richiedono però un intervento assolutamente straordinario.
Un discorso a parte merita il Tirreno cosentino. Si tratta di una striscia di terra molto lunga, stretta tra il mare e le montagne, con una sola, inagevole e pericolosa, via di collegamento e dove insistono tre piccoli ospedali in condizioni di inefficienza non certo inferiori a quelle che abbiamo descritto per le altre piccole strutture. Ci vorrà uno sforzo molto significativo e, personalmente, resto dell’opinione di creare un grande ospedale a Cetraro con le case di comunità a Paola e a Praja.
Infine un cenno ai cosiddetti Ospedali di Comunità, che possono rappresentare un cavallo di Troia per la permanenza di situazioni inutili e pericolose. Queste strutture dovrebbero essere, in zone particolarmente disagiate dal punto di vista dei collegamenti, posti vicino ad alcune case di comunità per garantire alcune poche degenze per malati cronici, bisognosi di breve osservazione o di terapia iniettiva per diversi giorni, Dovrebbero essere affidati agli infermieri con la supervisione dei medici di medicina generale e della continuità assistenziale o, quando necessario, di qualche specialista afferente alla Casa stessa.
Alla prossima settimana per la conclusione del nostro viaggio.
Lino Puzzonia
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