Il protagonista di 'Falstaff a Windsor' Alessandro Benvenuti: "La Calabria è la mia seconda terra"

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images Il protagonista di 'Falstaff a Windsor' Alessandro Benvenuti: "La Calabria è la mia seconda terra"

Intervista all’attore e autore toscano, protagonista dello spettacolo teatrale “Falstaff a Windsor”, organizzato da AMA Calabria.

  29 gennaio 2024 19:22

di CARLO MIGNOLLI

La stagione 23/24 di AMA Calabria prosegue con lo spettacolo “Falstaff a Windsor”, in scena l'1 e il 3 febbraio alle ore 21, rispettivamente al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme e al Teatro Comunale di Catanzaro e tratto da “Le allegre comari di Windsor” di William Shakespeare con l’adattamento e la regia di Ugo Chiti. Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Cioni, Paolo Ciotti, Elisa Proietti saranno in scena insieme al protagonista, Alessandro Benvenuti, celebre attore e autore toscano. Proprio quest’ultimo si è raccontato ai nostri microfoni attraverso un’interessante intervista.

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Sarà a Lamezia Terme e Catanzaro, rispettivamente l’1 e il 3 febbraio, per la messa in scena di “Falstaff a Windsor”. Dopo aver lavorato per anni insieme al regista Ugo Chiti in “Nero Cardinale” e “L’avaro”, tra gli altri, com’è stato lavorare a questo interessante progetto incentrato sulla figura del personaggio shakespeariano Falstaff?

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«È sempre bello lavorare con Ugo, ci conosciamo da una vita, più precisamente dagli anni settanta, dunque abbiamo deciso di creare un sodalizio artistico piuttosto importante. Siamo legati da una promessa che va avanti dagli anni novanta, quella di realizzare una trilogia sull’antieroe, iniziata appunto con “Nero Cardinale” e “L’avaro” ed oggi la concludiamo con “Falstaff a Windsor”. Possiamo dire che il nostro rapporto è duraturo e il risultato è sempre stato di qualità e mi espongo a dire che lo è stato anche questa volta. Oltre alla fiducia e il rispetto che c’è sempre stato tra di noi, questa volta in più vi è una tenerezza e un’affettuosità tra due amici che lavorano da tanti anni insieme e che si erano fatti una promessa che ad oggi è stata mantenuta. Per quanto riguarda il personaggio, Falstaff è probabilmente il più difficile che ho fatto. Ugo mescola, attraverso una sapiente riscrittura del materiale shakespeariano, tutti e tre i lavori che riguardano Falstaff: “Enrico IV”, “Enrico V” e “Le Allegre comari di Windsor”. Si passa dalla farsa al dramma in un unico spettacolo e questo comporta un grande impegno psicofisico, al fine di essere credibile e convincente sia quando fai ridere che quando commuovi. In questo spettacolo non si capisce mai quando finisce Shakespeare e quando comincia Ugo Chiti e questo è un grande complimento che mi sento di fare all’autore».

Lo spettacolo, come abbiamo detto, è tratto da “Le allegre comari di Windsor” di William Shakespeare. L’adattamento è fedele al testo originale oppure vi sono delle differenze?

«La prima differenza naturalmente è la sintesi, un’operazione non facile perché si è trattato di prendere soltanto le scene più importanti ed eseguirle in due ore. Ugo inventa anche dei personaggi nuovi, molto importanti nella struttura narrativa, come la Dama di confidenza e Semola. Un’altra novità è la scelta di fare resuscitare il Falstaff dopo l’”Ernico V”, attraverso un prologo iniziale, concedendogli di fatto una nuova avventura. C’è dietro un grande lavoro di rivisitazione, distillazione e creatività del materiale shakespeariano».

Non è la prima volta per lei in Calabria. Cosa apprezza maggiormente della nostra regione e come risponde il pubblico  calabrese ai suoi spettacoli?

«Ho tanti amici calabresi e reputo la regione come la mia seconda terra. L’ho frequentata molto, ho lavorato con Gianni Pellegrino, il “re del peperoncino” e ho addirittura scritto due spettacoli in calabrese arcaico, più precisamente in “cortalese”. Fui anche premiato come socio dell’Accademia del peperoncino di Diamante. In merito al pubblico posso dire che è sempre un’avventura nuova, a volte è andata bene e a volte meno. Mi auguro che questa volta ci sia una bella accoglienza perché lo spettacolo, a mio avviso, è molto bello».

Oggi viviamo in un periodo storico caratterizzato da conflitti. Quanto è importante secondo lei avvicinare i giovani al mondo del teatro e cosa il teatro può restituire?

«È fondamentale. Il teatro è da sempre un luogo di dibattito, ascolto e confronto. La funzione dell’arte è molto importante per crescere confrontandosi e imparando ad ascoltare gli altri non con presunzione, ma con apertura. Se questa disciplina viene accettata, potrebbe funzionare meglio l’intera nazione».

Quali consigli darebbe proprio a dei giovani che decidono di intraprendere questa difficile ed impegnativa strada?

«Il mio consiglio è quello di guardarsi dentro e capire se realmente vi è una passione. Oggi la televisione ti porta a pensare che basta poco per diventare un personaggio facendo qualsiasi cosa, ma poi c’è una professionalità che va rispettata. Chi ha davvero l’interesse di diventare attore di teatro deve chiedere a se stesso se ha voglia di studiare e fare dei sacrifici per percorrere una strada che mi dia passione. In Italia abbiamo tanti giovani talenti, tra attori, registi e scrittori, ma anche altri che “la vogliono fare facile”. Bisogna mettersi in testa che per fare l’attore servono sangue, sudore e lacrime».

 
 
 
 
 
 
 

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