di CARMELINA ROTUNDO AURO
"Non sono certo una eccezione e, come molti, nel primo periodo di clausura mi sono dedicata alla mia passione : la scrittura “registrando” gli atti quotidiani atti alla sopravvivenza, leggendo libri dato che in quel periodo ero priva di qualsiasi mezzo tecnologico: radio, tv o pc e riscoprendo la forza della preghiera… riporto per il giornale La Nuova Calabria, uno stralcio dell’ opera da me scritta (quasi cento pagine) dove collego la terra di Maremma, dove nasco, con la Calabria luogo di origine di ambedue i mie genitori: lo scritto in prosa e poesia ha per titolo: "Nutrimento"
Cibo e Libri. Il connubio era stato giocoforza per passare ogni giorno, ogni notte di marzo, aprile e manciate di giornate di maggio come una avventura meravigliosa da vivere e, allo stesso tempo da narrare. Innamoratissima della vita come mi sarebbe piaciuto viverla in maniera totale, ma in quel tempo eravamo tutti, ad ogni latitudine e longitudine del globo terrestre, costretti a star fuori dalla vita forse per guardarla? Meditarci? Rifletterci?
Nel tempo e spazio della vita la partita a scacchi è sempre aperta e, quando ti trovi sotto scacco matto o rispondevi liberandoti o eri perduto.
“Il tempo vada dove suole e deve.
Socchiudi la memoria. Chiudi gli occhi.
Quando si può tagliare
(taglia) il filo del telefono
chiudere l' album
(chiudi)
o spengere ogni immagine
(spengi).
E vada il tempo come suole e deve
morto ammazzato come deve e suole”.
Alberto Caramella : Tempi dal Il libro liberato.
Si avverò
“Noi che noi siamo .
Io che io sono .
Io, noi che siamo
talmente soli
con la fantasia !”
"Alberto Caramella Panorami Il libro liberato"
Lavoro che dedico all' educazione data dai Genitori, all' amore per le Figlie, per Cesare e per no tutti inarrendibili Innamorati della Vita! Che meraviglia il sole era già lì, rotondo come una frittata! L' ordine non cercatelo sulla linea del tempo: questi mesi: marzo, aprile e una manciata dei giorni di maggio dell' anno 2020 erano passati confondendosi i lunedì alle domeniche o ai giovedì e tutto vedetelo tra l' alba e il tramonto ! ( e caso vuole che Francesco del Cossa realizzasse una mirabile traduzione visiva delle aspirazioni ducali degli Estensi nei mesi di marzo, aprile e parzialmente maggio nel salone dei mesi in Palazzo Schifanoia a Ferrara!?)
L' alba apparteneva alla stanza di Cesare!
Fugace come l'attimo
eterna per la sua bellezza
l' alba che da' inizio alle danze:
rosa- rosate, bianche- arance
sulle colline ancora azzurre!
Come tutto si concede ai toni caldi,
vi s' abbandona come colui che
ama con 1 fiducia immensa;
vi si abbandona come colui che prega
ringraziando, lodando, rendendo grazie all' Altissimo.
Oggi domenica 26 aprile 2020 ore 6
chiazze di azzurri intensi navigano impercettibilmente
uno che si va trasformando in paperella che corre,
corre dove ?
Dove fra poco il re
del giorno apparirà e sarà impossibile fissarlo
per la grande luce che emana gli occhi si devono chiudere!
Ora, in primo piano dalla camera di Cesare
le vette del cipresso mi riportano dentro casa, dentro l' anima
punte alte, pennelli che ancora
non hanno deciso se azzurre o verde scuro !
“ Parole e righe
come si ricompongono parole
frammenti di memoria, diffrazioni
della mente; deviate luci còlte
colme d' errore e d' immaginazione.
Come prescelgono l' una o l' altra via
si muovono si fermano ripartono
si guardano allo specchio
sanno dove andare
sono (mi sento)
generato”.
Alberto Caramella " Mille scuse per esistere."
In Maremma nasco con il forcipe che dilaniò mia madre e fece si che, battezzata in fretta e furia, non conosco la mia madrina probabilmente una infermiera, fossi consegnata a mio padre dicendogli di andare a seppellirmi perché non c’ era più niente da fare... ma perché Dio ha voluto e per il coraggio di mio padre, un guerriero della vita sono ancora viva! Scusate la digressione, ma ad Orbetello sono nata dice un posto bellissimo e mi rimane di quella terra l' amore per gli azzurri: il cielo, il mare, la laguna, per quel profumo… la salsedine, Amsterdam, Venezia, il vetro per le sue trasparenze e la sua fragilità, vetro per altro realizzato ad alte temperature, del pesce vado pazza e… la voglia di Maremma dei girasoli l' ho dentro di me. Nel corso degli anni mi ci sono spesso imbattuta ed anche in questo periodo di clausura tra le mie letture ho divorato letteralmente “ le veglie di Neri” di Renato Fucini un capolavoro che mi riportava alle radici da “Dolci ricordi “.
“A dodici anni lasciò per gli studi, la casa paterna e, solo, lontano dai suoi, in quella età nella quale, pur vagheggiando lo spazio, sentiamo sempre il bisogno d' essere covati dalla mamma come rondinotti prima di fidarsi al volo, dovette avventurarsi nel turbine della vita e farvi da uomo quasi innanzi d' essere ragazzo. Ma fu la mia salute e vinsi! Vinsi perché armato, fino dall' infanzia, di quella educazione larga ma onesta, qualche volta romantica ma sempre vigorosa, che i vecchi liberali davano ai figli, allevando uomini forti di animo e di braccio...” Nelle parole scritte da Fucini ci ritrovavo mio padre arruolatosi nel corpo della finanza giovanissimo e che comandava la brigata ad Orbetello; mia madre aveva 17 anni giovanissima ed era della parte alta di Magisano, paese in provincia di Catanzaro dove ambedue sono nati e son voluti tornare per intraprendere il viaggio verso la luce. Mia madre, la decima di undici figli tutti morti in tenera età e, per ringraziare del dono ricevuto i nonni: Rosaria e Salvatore regalarono la statua del Santo Salvatore alla chiesa madre di Santa Maria Assunta, statua che porta la dedica dei nonni e che è, ancor oggi, portata in processione per la Cumfrunta a Pasqua il giorno della Resurrezione, quando il Salvatore incontra la Madre.
La casa di mamma la ricordo come in un sogno: la cucina enorme-grandiosa quasi un salotto nella sua eleganza al piano terra dove nelle altissime credenze stavano vasi di vetro di forme e dimensioni varie con le olive di ogni specie e maniera; per una ripida scala si saliva alla grande camera che aveva una parete sulla roccia che a me faceva impazzire; nel sottoscala c' erano le galline che mia madre curava, l' orto vicino e la collina di castagne dove è stato costruito il paese nuovo Magisano, piccolo paese del sud che tante volte ricordavo per le 27 estati li trascorse in una armonia del creato meravigliosa: orti, galline, il maiale, allevato in ogni famiglia e per quella schiera di personaggi che da Magisano passavano: il capillaro veniva per raccogliere i capelli che rimanevano alle donne mentre si pettinavano, capelli che servivano per fare le parrucche delle bambole; l’ Ogghiulano quella persona che comprava l’olio dell’anno precedente la dove nelle famiglie ricche di tale prodotto lo vendevano a prezzo ridotto. Per il gusto le prelibate pesche di Magisano che nascono e maturano nel territorio di Magisano ad un’altezza di mt 500 / 600 sul livello del mare conosciute anche come settembrina perché maturano nel mese di settembre emanando un profumo unico che ricordo insieme al sapore dolcissimo e succulento. Il massimo commercio di tale frutto avviene negli anni’ 50, ‘ 60 e ‘70 venendo commercializzata soprattutto in Sicilia, dando al paese di Magisano lustro e notorietà.
Oggi tale frutto è in fase calante in quanto nasce in modo spontaneo come allora, ma non essendo trattato chimicamente nella maturazione, viene fuori un frutto malato ma comunque sempre dal profumo intenso e piacevole, alle pesche si aggiungano le castagne di Magisano. Frutto buonissimo che nasce nelle colline Magisanesi, ( nonno Cesare le andava ad “abbiverare” quelle della collina di mamma e tante volte che lo accompagnavo restavo ad aspettarlo e, in quel sedermi sulla terra a contatto col corpo, immersa nel bosco quante bellezze suoni della natura entravano nel mio cuore) anche per questo frutto vale il discorso fatto con le pesche, ha avuto nei tempi passati un grosso commercio portando alla comunità locale benessere e miglioramento economico se ne producevano a quintali, facendo arrivare a Magisano grossi camion per trasportarle nei mercati delle regioni vicine. Oggi il frutto è quasi in fase di estinzione dovuto all’abbandono delle campagne da parte dei giovani, ed agli insetti che ne determinano il raccolto. Nelle case si faceva di tutto e le uova si andavano direttamente a prenderle dal pollaio: ci si faceva un buchino e si bevevano, dal maiale allevato in famiglia, si produceva il prosciutto quello basso coperto di pepe rossa, il capocollo, le sopprassate….. si stagionavano le forme di formaggio, si curavano gli orti da cui ogni buon frutto e buona verdura nasceva; nonno Cesare aveva il filare della vigna negli orti uno di famiglia Rotundo, l’ altro di famiglia Auro di mamma e poteva vantarsi di riuscire a far crescere la zucca più grande e perché no più buona di Magisano.. per me preparava persino i lupini ( mi raccontava che raccolti li poneva in un recipiente in un panno e li portava per diventare” dolci” al torrente dove l’ acqua corrente li rendeva ottimi); si raccoglievano i pomodori per fare la salsa un rito di paese, i pomodori verdi tagliati a fettine venivano conservati col finocchio, non mancava mai il mazzetto d’origano appeso nelle grandiose cucine con camino che profumava.. le olive per conservale sotto sale o “assolicchiarle”; si faceva l’ olio …. il vino, si intrecciavan i panari di cui nonno Cesare era Maestro per poter portare ogni buon frutto o verdura dalle campagne, le fiscelle per mettere la ricotta e persino u’ Sapune e casa o e putasso. Il sapone detto di casa o di potassio che si faceva un tempo aveva i seguenti componenti: 25 litri di acqua, sei litri di olio e un kg. di potassio, si portava a bollire in un grosso recipiente per ore fin quando facendo delle prove con un cucchiaio la massa liquida non prendeva a solidificarsi.
Era lontana quella paura di invecchiare erano lontane a venire le case di riposo.. nelle famiglie c’ era lo scambio generazionale da giovani i genitori allevavano i figli che una volta adulti accudivano i genitori anziani che costituivano una vera ricchezza di saggezza ….tutto seguiva la corrente; si sapeva l ‘ora guardando il cielo, ascoltando i tocchi delle campane; “nonno Cesare non portava l’ orologio e, quando gli chiedevo l’ ora, eccolo alzare il braccio come quelli che portan l’ orologio e, avvicinata l’ altra mano al polso dove si porta comunemente l’ orologio, dopo aver guardato il cielo dirmi l’ora esatta! Quel “gioco” quanto mi piaceva tanto che per questo chiamavo nonno Cesare il Mago ed io la prima cosa che lasciavo, quando andavo in vacanza, era l ‘ orologio! …. mi riappropriavo del tempo o me ne liberavo!? lasciarsi andare nella corrente,,,, come il seme muore per dare una nuova vita…... ma scusate magari riprenderò il discorso… insomma io in Maremma nasco fisicamente e anche come giornalista grazie al Mons Umberto Ottolini, Direttore di Rinnovamento di Grosseto di cui ho in preparazione un libro che raccoglie la nostra corrispondenza ed una recensione da lui fatta per il secondo libro di poesie, curato per l’ impaginazione dal grafico e fotografo Leonardo Andreucci, ho collaborato in seguito con Tuttomaremma per anni ed ora a Le Antiche Dogane… Ringrazio per i molti particolari su Magisano l’architetto Federico Folino".
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