Il risveglio delle coscienze e l’inutilità degli applausi. I dubbi dell’avvocato Raimondi sul Comitato pro Gratteri

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images Il risveglio delle coscienze e l’inutilità degli applausi. I dubbi dell’avvocato Raimondi sul Comitato pro Gratteri
L’avvocato Nunzio Raimondi
  05 gennaio 2020 15:22

di Nunzio Raimondi*
 
Certo che il risveglio delle coscienze è il massimo che la società possa auspicare, specialmente laddove e quando si avverte pesantemente la pressione dei poteri forti, quelli prepotenti ed invadenti e quelli più subdoli e striscianti.
Insomma, ogni soffio di cambiamento rispetto ad una situazione stagnante e senza futuro, deve essere salutata con entusiasmo.
C’è da dire, però, che questi comitati e movimenti spontanei che poi,inevitabilmente, si organizzano tanto da diventare via via, anche contro le intenzioni dei promotori, sempre più ideologici, sono già realtà politiche perché rappresentano ciò che attiene alla comunità, quindi ai cittadini.
I movimenti sono quindi un’evenienza assai positiva poiché esprimono una reattività sociale capace di suscitare il mutamento della realtà.
Naturalmente la causa o la ragione che suscita questi movimenti, non sempre spontanei ma pur sempre utili, è da scrutinare attentamente perché occorre valutare non soltanto donde promanano ma sopratutto il fine che si prefiggono.
Ora, leggo della organizzazione di un comitato denominato “Tutti con Gratteri” del quale ci si è affrettati a specificare l’assenza di connotazioni politiche.
Ma il comitato è tuttavia politico, nonostante le buone intenzioni di chi si vuol distinguere, proprio per le ragioni anzidette. Certo, esso non è partitico, ma pur sempre si pone da una parte.
Cosa voglio dire.
L’azione della magistratura inquirente è costruita su ipotesi di reato le quali dovranno trovare conferma da parte della magistratura giudicante, vuoi in sede cautelare vuoi in sede di merito. Infine, vi sarà anche un vaglio di legittimità che passerà al setaccio la conformità delle procedure seguite nelle varie fasi del processo.
Si tratta di un sistema, che i tecnici definiscono delle impugnazioni, basato su 
due essenziali concetti: l’imputato è presunto non colpevole fino a sentenza definitiva ed i giudici possono sbagliare.
E, badate, nonostante ciò nel nostro Paese si incorre spesso in errori giudiziari, tanto che il legislatore ha dovuto correre ai ripari con istituti, quantunque del tutto inadeguati, diretti a limitare i danni (recte:a ripararli) provocati almeno dall’ingiusta detenzione anche se non dall’ingiusto od infondato processo.
E già perché non bisogna certo scomodare Carnelutti per ricordare che “il processo è già pena”...e chi lo subisce -o lo ha subito- lo sa bene!
E se si zoomma sulla Calabria le cose diventano ancora più serie:nel Distretto di Catanzaro dove, anche quest’anno, abbiamo raggiunto il triste primato italiano delle riparazioni per ingiuste detenzioni.
Ovviamente non si vuole entrare nelle polemiche che già dall’anno scorso questi dati hanno provocato, ma preme segnalare che nel processo non ci sono verità precostituite e che non sempre le ipotesi di reato formulate dai PM trovano conferma dinanzi ai giudici.
È importante infatti segnalare un altro dato: il processo penale è finalizzato a stabilire se taluno debba essere punito poiché l’azione penale è esercitata (peraltro con gran dispendio di risorse pubbliche) per punire il colpevole non per accertare l’innocenza dell’incolpato (che è per l’appunto presunta).
Per questo l’assoluzione dell’imputato di fronte ad un’azione penale non azzardata dovrebbe essere l’eccezione e non la regola.
Ed, invece, grazie la realtà ci consegna una stragrande maggioranza di assoluzioni rispetto alle condanne,ciò che dimostra, una volta di più, che non sempre l’azione penale è esercitata correttamente e, sopratutto, che le ipotesi di reato formulate dalle Procure italiane spesso non trovano conferma da parte dei giudici.
Per non parlare poi della carcerazione preventiva:assistiamo spesso a dietrofront degli stessi giudici che hanno applicato la misura a seguito di un semplice interrogatorio dell’indagato (sicché vien da chiedersi perché mai l’indagato non sia stato interrogato prima di essere privato della libertà personale anziché dopo...) o ad annullamenti da parte dei giudici del riesame o da parte dei giudici di legittimità.
E qui sta il punto.
Di fronte a questa situazione, dalla quale emerge che ipotesi di reato,anche molto circostanziate e di cui si assume l’esistenza da parte di chi ha diretto le indagini, possono sciogliersi come neve al sole al semplice vaglio dei giudici, come si può prender parte senza contemporaneamente negare la funzione stessa del sistema giudiziario che, sulla giurisdizione (fondata sul contraddittorio) e non sull’inquisizione (solitaria e talora fallace), trova il suo costituzionale fondamento?
E chi dice che le indagini dalle quali sono scaturite misure cautelari (per molte o poche che siano), porteranno alla condanna dei cittadini presunti non colpevoli presentati al pubblico, invece, come responsabili?
E che ne sarà della reputazione di questi “poveri cristi”, delle loro famiglie e dei loro cari, dopo lo tsunami che li ha colpiti?
Ora, di fronte a questa realtà,pur condividendo l’azione di chi si prefigge di non lasciar soli i magistrati che svolgono con impegno e dedizione il proprio dovere, vorrei ricordare che sono magistrati anche i giudici, che anche loro hanno pagato con il sangue la propria dedizione al dovere; che anche gli avvocati hanno reso il loro tributo di sangue nell’adempimento della Professione, che a rischiare la vita in questo mondo non sono soltanto i PM (che, ripeto, non è affatto detto che abbiano ragione nelle ipotesi di reato che propugnano).
E, dunque, mi chiedo perché non bisogna lasciar soli gli uni trascurando invece gli altri, come se a fare giustizia ci pensassero soltanto i PM e non anche, e con pari sacrificio, anche gli altri operatori della giustizia?
E poi, chi ha detto che a questi che fanno il proprio dovere bisogna tributare applausi?
Non è forse anche questa una sotterranea delegittimazione di tutti quelli che operano con dignità ed onore ma senza far rumore?
Come se tutto il mondo che opera quotidianamente osservando le leggi e lavorando con correttezza ed onestà, dovesse regredire di fronte agli unici paladini della giustizia, che sarebbero soltanto i magistrati e, fra questi, soltanto gli inquirenti.
Il tema è spinoso ma non mi sottraggo: guardate che i magistrati Falcone e Borsellino non furono mai lasciati soli dalla gente comune, semmai dagli apparati, dallo Stato stesso in nome del quale sacrificarono la loro vita.
La mobilitazione in loro favore non avrebbe impedito i tragici fatti che conosciamo, come dimostra l’assassinio di Borsellino e della sua scorta in una Palermo mobilitata dopo la scomparsa di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e della scorta.
Questo dice la storia.
E per caso si organizza un comitato per sostenere i medici che,con sacrificio e dedizione, spesso senza risorse e mezzi, assicurano un servizio sanitario pubblico che,spesso lo si dimentica, è fra i migliori nel mondo (provate a fare un giretto fuori dall’Italia ed,escluse le eccellenze,vedrete qual’e’ il livello medio delle prestazioni sanitarie erogate al pubblico...)?
O si chiama alla mobilitazione a sostegno dei preti che, in realtà inquinate dal fenomeno mafioso, operano quotidianamente rischiando la vita pur di superare i conflitti sociali nelle loro comunità?
Lo “scudo etico” non lo si può richiamare a singhiozzo,come se il mondo fosse da dividersi fra eroi e complici del malaffare, così dimenticandosi della stragrande maggioranza dei cittadini onesti, eroi del quotidiano, che si alzano al mattino per andare a fare il loro dovere e che giustamente, per questo, non si aspettano l’applauso di nessuno.
Guardate, io non ho nulla nei confronti del dott. Gratteri (anche se spesso non mi trovo d’accordo con le cose che dice), che peraltro ammiro per l’impegno e la passione che mette nel suo lavoro, né nei confronti dei suoi validi sostituti, molti dei quali, peraltro conosco personalmente e di cui apprezzo il valore professionale, ma penso che occorre tanta prudenza nell’azione complessiva della magistratura (e per questo talvolta non mi sono trovato d’accordo con certa sovraesposizione mediatica) perché il giudizio sull’uomo non è,  per natura, prerogativa del suo simile.
E poi la giustizia dovrebbe rifuggire dal consenso: anch’esso, infatti, le e’ innaturale.
Non è tempo, dunque, di creare miti o di sostenerne la creazione con la mobilitazione pubblica, ma di pretendere che lo Stato tuteli i propri servitori (è questa la vera sfida rispetto alla quale continuano ad esservi incrostate resistenze) tutti, però.
                                      *Avvocato

 

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