Il silenzio punitivo, una forma di violenza nascosta contro le donne di cui si parla troppo poco

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Rita Tulelli
  26 ottobre 2024 12:55

di RITA TULELLI*

In un mondo che sta finalmente prendendo coscienza dei vari volti della violenza di genere, c’è un aspetto che ancora oggi rimane nascosto sotto il velo della quotidianità: il silenzio punitivo. Si tratta di un comportamento manipolativo e, spesso, estremamente dannoso, adottato dai partner come forma di controllo e punizione. Ed è sorprendente quanto poco si parli di questa forma di violenza che, pur non lasciando segni visibili sulla pelle, lascia profonde cicatrici nell'animo.

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Il silenzio punitivo è un meccanismo attraverso cui uno dei partner, solitamente l’uomo in una relazione eterosessuale, sceglie di interrompere improvvisamente la comunicazione con l’altro, ignorandolo, negando attenzioni, affetto o dialogo. La persona che subisce questo trattamento si trova così immersa in una sensazione di vuoto e abbandono, spesso senza capire esattamente cosa abbia scatenato questa reazione. Il messaggio che il silenzio manda è chiaro: "Se non fai come voglio io, ti escludo, ti ignoro, ti rendo invisibile".

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Questa forma di "punizione" non necessita di urla o insulti, ma la sua efficacia è sottile e spesso devastante, in quanto induce chi la subisce a sentirsi sbagliata o inadeguata. Il silenzio, infatti, è una punizione ambigua e intangibile, che rende molto difficile per la vittima riconoscere di essere, a tutti gli effetti, sotto attacco.

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La violenza di genere non si manifesta solo con atti fisici o insulti espliciti, ma può esprimersi anche attraverso atteggiamenti più sottili e pervasivi. Il silenzio punitivo rientra tra le forme di "violenza psicologica", riconosciute sia dalla comunità medica sia dai professionisti della salute mentale come comportamenti dannosi per l'equilibrio psichico di chi li subisce.

Essere ignorati intenzionalmente crea isolamento, senso di colpa e insicurezza. Chi subisce il silenzio punitivo spesso vive un senso di dipendenza emotiva nei confronti del partner, poiché il silenzio tende a minare l'autostima e porta la vittima a interrogarsi costantemente su cosa abbia fatto di sbagliato. Inoltre, la vittima è indotta a cercare costantemente di compiacere il partner per evitare di subire di nuovo questo tipo di trattamento. Di fatto, il silenzio diventa una leva di potere e un meccanismo di controllo.

Il silenzio come strumento di punizione può avere effetti devastanti sulla salute mentale di chi lo subisce. Tra i principali effetti psicologici si riscontrano:

Ansia e stress cronico: l’incertezza costante e il timore di "sbagliare" generano livelli elevati di ansia.

    Riduzione dell’autostima: il trattamento silenzioso mina progressivamente la percezione di valore della persona.

    Dipendenza emotiva: l’isolamento indotto da questa forma di violenza porta la vittima a sentirsi inadeguata, cercando continuamente di soddisfare i desideri del partner pur di evitare il silenzio.

    Depressione: sentirsi invisibili o svalutati dal partner può portare la vittima a sviluppare sintomi depressivi, fino a sfociare in veri e propri episodi di depressione.

Questi effetti, inoltre, possono riverberarsi anche nelle relazioni sociali, isolando ulteriormente la persona e facendo sì che questa diventi sempre più dipendente dalla relazione abusante.

Esistono numerose ragioni per cui il silenzio punitivo resta un fenomeno sommerso. La prima è sicuramente culturale: a differenza della violenza fisica, che lascia segni visibili e inconfondibili, il silenzio punitivo opera su un piano più sfumato, difficile da definire. Non esiste un "rumore" che attiri l’attenzione, nessun segnale tangibile che faccia scattare l’allarme nelle persone vicine.

Inoltre, molte vittime non sono consapevoli di subire una forma di violenza: il silenzio, a prima vista, non sembra minaccioso e può persino essere giustificato come un atteggiamento “normale” all'interno di una relazione. Molte donne, convinte di poter risolvere il problema da sole, finiscono per tollerare questo comportamento, spesso con conseguenze psicologiche devastanti.

Riconoscere il silenzio punitivo come una forma di violenza psicologica è il primo passo per poterlo affrontare. Essere consapevoli che il silenzio, quando utilizzato come strumento di controllo o manipolazione, è una forma di abuso emotivo, può aiutare le vittime a prendere coscienza della propria situazione e cercare sostegno. Parlare apertamente di questo problema, normalizzando il dialogo intorno alle forme meno evidenti di violenza, è essenziale per rompere il ciclo di isolamento che spesso imprigiona chi subisce il silenzio punitivo.

Le persone che sospettano di vivere una situazione di questo tipo dovrebbero considerare di rivolgersi a professionisti della salute mentale o cercare il supporto di centri antiviolenza, dove operatori qualificati possono aiutare a identificare e affrontare la violenza psicologica. Inoltre, la società può svolgere un ruolo fondamentale nell’educare le persone sul riconoscimento e la denuncia di questi comportamenti dannosi, ampliando il concetto di violenza oltre i suoi tratti fisici.

Il silenzio punitivo rappresenta una forma di violenza psicologica di cui si parla ancora troppo poco, ma che continua a infliggere ferite invisibili a molte donne. Rompere il silenzio su questo tema è un atto di giustizia verso tutte coloro che, ogni giorno, lottano in solitudine contro questo tipo di abuso. È giunto il momento di ampliare il concetto di violenza di genere per includere tutte le forme di manipolazione e controllo, anche quelle silenziose.

*avvocato

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