Il Tar della Campania ha sospeso l'ordinanza con cui il presidente di Regione, Vincenzo De Luca, disponeva l'attivazione della didattica a distanza fino al prossimo 29 gennaio. Il provvedimento del differimento del rientro in classe avversato dal Governo e da alcuni genitori dunque cade sotto la scure dei giudici amministrativi. Netti e scontati i dispositivi che poggiano sul fatto che i decreti vigenti dispongono la prevalenza della didattica a distanza ammettendo poche eccezioni, l'ordinanza della Campania è "contrastante rispetto alle scelte, politiche, operate a livello di legislazione primaria, peraltro incidente, in maniera così evidentemente impattante, sui livelli uniformi (a livello nazionale) di fruizione di servizi pubblici tra i quali quello scolastico".
Come spiegato anche da La Nuova Calabria (LEGGI QUI), le deroghe potevano essere o la zona rossa o in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità per contrastare focolai o sviluppo con nuove varianti. Fatti non sussistenti in Campania e nemmeno in Calabria. Considerazione giuridica che ha fatto desistere i sindaci della principali città calabresi (ad eccezione di Reggio e, per altri motivi, Vibo Valentia) dal tentativo di adottare ordinanze di sospensione della didattica in presenza.
Tornando al provvedimento campano, viene precisato inoltre che non risulta che "la regione Campania sia classificata tra le “zone rosse” e dunque nella fascia di maggior rischio pandemico e che il solo dato dell’aumento dei contagi nel territorio regionale, neppure specificamente riferito alla popolazione scolastica (nei confronti della quale, peraltro, come detto operano le vigenti disposizioni precauzionali in caso di accertata o sospetta positività) e peraltro neppure certo (posto che se ne lamenta al contrario
l’incertezza derivante dall’incompleto tracciamento) e la sola mera possibilità dell’insorgenza di “gravi rischi”, predicata in termini di eventualità, non radicano (né radicherebbero) per sé solo la
situazione emergenziale, eccezionale e straordinaria, che, in astratto, potrebbe consentire la deroga alla regolamentazione generale, a tacer d’altro perché già considerati, e ampiamente, dal legislatore
nazionale; che non risulta peraltro alcun “focolaio” né alcun rischio specificamente riferito alla popolazione scolastica, generalmente intesa". E il Tar Campania va oltre: "la misura sospensiva assunta a livello generale neppure sembra sottendere una compiuta valutazione di “adeguatezza e
proporzionalità”, non facendosi alcun riferimento, nel provvedimento impugnato, alle contrapposte posizioni soggettive di diritto (all’istruzione, nella sua più ampia estensione, anche formativa
della personalità dei minori), anche tenuto conto del sacrificio finora a quelle imposto dalla pregressa prolungata limitazione della didattica né all’impossibilità di bilanciarle, in maniera appunto “adeguata e proporzionata”, con l’evidenziata tutela prioritaria dell’interesse pubblico alla salute collettiva; che è dubbia anche l’idoneità della misura disposta, tenuto conto della prolungata chiusura connessa alle festività natalizie, che non ha, tuttavia, evitato l’aumento registrato dei contagi;
che, a ulteriore sostegno della complessiva non ragionevolezza della misura, non risulta siano state assunte misure restrittive di altre attività, il che riporta alla omessa considerazione dell’assoluta
necessità della generalizzata misura restrittiva, incidente, allo stato e nonostante la dichiarata esigenza di tutela collettiva, sulla sola frequenza scolastica rispetto alla quale, difformemente dalle scelte
legislative, è stata privilegiata l’opzione zero". Come dire: chiudere le scuole non è ragionevole se gli studenti possono fare tutte le altre attività.
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