di FRANCO CIMINO
“Chi è il candidato alla presidenza della regione?” È la domanda posta da un giornalista. “ Io “ ha risposto ieri Matteo Salvini, a Catanzaro. “ Uno qualsiasi”, risponde oggi, Giorgia Meloni, da Cosenza. Cosa dire? Altrove, queste dichiarazioni , seguenti ad atti di palese violazione dei più elementari principi di rispetto verso una terra e le sue istituzioni, si trasformerebbero in terremoto. Parimenti, altre questioni di ordine morale, che hanno leso la dignità del mandato politico di quanti operano con una certa insana allegrezza nelle gestione della propria funzione, in altri paesi farebbero cadere imperatori, papi, re e regine. Stesso identico sommovimento, altrove, si sarebbe prodotto, in quei luoghi dove la funzione pubblica più delicata, qual è l’amministrazione della giustizia, fosse stata esposta alla preoccupazione che non tutti al suo interno facciano pienamente il proprio dovere ed anzi, pochi o molti, soggiacciano alle logiche proprie di certi brutti ambienti. Qui da noi, purtroppo, non succede mai nulla. Qualche preordinato fuoco di paglia, che sollevi tanto fumo e dietro non si veda alcunché, poi nulla. Terra davvero amara e sfortunata, la nostra, priva di onore e dignità, di senso delle istituzioni e di appartenenza? Davvero condannata alla irrilevanza esterna e alla impotenza interna per totale assenza di orgoglio e di coscienza critica come di coraggio e testardaggine antichi? E davvero è destinata a restare per sempre così, ferma allo stesso palo senza più le forze di trattenersi ad esso non appena il mare si sarà mosso un po’? E di chi è la colpa per questa nostra condizione? Sempre di quei poteri lontani e vicini, visibili e sotterranei, appartenenti alla storia o alla cronaca, che ci hanno fatto diventare così, intimiditi e spaventati, umiliati e vinti, non popolo ma indefinita massa umana da sempre dominata e sottomessa al forestiero? Per i vecchi libri di storia e per la comoda narrazione “ antropologica”, è ancora questo.
Oggi, però, dinanzi alle grandi trasformazioni planetarie, alla tecnologia che ha invaso ogni spazio vitale, ma che ha pure aperto le porte ad ogni conoscenza facendoci allungare lo sguardo dentro mondi molto simili al nostro, che hanno cambiato positivamente il corso del loro cammino, quella motivazione non vale più. È diventata un misero alibi per le nostre pigrizie, indolenze. E per quegli stupidi egoismi, con cui lasciamo, per una promessa svenduta e un tozzo di pane raffermo, che sulla nostra terra passi tutto il peggio e tutto il male possibile. No, oggi niente scuse e lacrime tardive. La colpa della nostra grave condizione è del nostro sterile pensare, del nostro arido sentire, del nostro mancato coraggio, della totale assenza, in ciascuno di noi, di una coscienza critica che possa aprirsi a quella politica. Il nostro tempo è scaduto, siamo già oltre il confine che separa la civiltà dal suo contrario, il progresso dall’arretratezza, la democrazia da ciò che non lo è. Se non nascerà, a partire dal subito della storia e della politica, un nuovo senso della responsabile per un coraggioso collettivo impegno civile, la Calabria non risorgerà. Nulla è, infatti, più nocivo alla terra, di chi non la ama e non la coltiva. E al mare, degli uomini che non lo vogliono navigare.
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