di TERESA ALOI
Una rosa e un foglio a quadretti con su scritto "Ti voglio bene". C'è tutto l'amore di una figlia per la propria madre. Tutta la sua felicità, la sua gioia nel rivederla. Ma non riabbracciare. Non ancora.
Perché Giusy Russumanno, ancora oggi, dopo 49 giorni non sa se ha sconfitto il coronavirus: l'esito del tampone, l'ennesimo al quale è stata sottoposta ieri, non è ancora arrivato. Lei, operatrice socio sanitaria, in forza alla "Domus Aurea", la Rsa di Chiaravalle contagiata dal virus, è rientrata a casa, a Torre di Ruggiero, un centro montano del Soveratese. Ha lasciato la struttura di Catanzaro Lido dove ha vissuto gli ultimi 48 giorni insieme ai colleghi. "Vive" in isolamento in una cucina rustica. E ha male al cuore quando vede i sui ragazzi, 12 e 18 anni, perché sa di non poterli e doverli stringere a sè. "Per la loro sicurezza - spiega Giusy - loro sanno che deve essere così". Lo è stato anche ieri, quando ha varcato la porta di casa.
"Mia figlia piangeva - racconta - le ho chiesto se piangeva perché non poteva abbracciarmi, oppure se le sue erano lacrime di gioia: mi ha risposto piango per tutte due le cose". E il cuore continua a far male.
Ricorderà sempre il suo trentanovesimo compleanno. Per Giusy sarà difficile dimenticarlo. E' il 27 marzo quando arriva l'esito del tampone al quale poche ore prima è stata sottoposta. Ed è positiva.
"Cosa ho pensato? E dove ho questo virus? Non ho niente.. sto bene.. impossibile che io abbia il virus - ricorda - e invece dentro di me c'era". Il suo primo pensiero è per i suoi cari: il marito, i figli, i suoi genitori. "Li avrò infettati? Ho avuto paura, tanta paura per loro. Dopo qualche giorno - ricorda ancora - inizio ad avere piccoli sintomi, ma nulla di preoccupante e così è stato per tutto il periodo".
Si tranquillizza solo nel momento in cui ha saputo che non avevo infettato nessuno a casa e che stavano tutti bene. Ad oggi sono 49 giorni di isolamento. "Penso tanto - confida - penso a cosa mi poteva succedere, il rischio di non tornare più a casa, di non rivedere più la mia famiglia. Ma grazie al cielo il virus con me è stato buono".
Non lo è stato, al contrario, con suo nonno, "deceduto qualche giorno dopo aver "scoperto" la sua positività". Lui, era ospite nella "Domus Aurea" da 4 anni. "Ho pensato tanto ai nostri anziani e ricordo il momento in cui abbiamo lasciato la struttura per andare a Catanzaro Lido. Non sapevamo chi di loro avremmo rivisto più. Un momento drammatico e ancora ogni giorno penso: potrei svegliarmi e dire è stato solo un sogno, o meglio, un incubo. Ma purtroppo non e' un sogno".
"Oggi ringrazio per come è andata, ho trascorso l'isolamento insieme ad altre colleghe, almeno ci siamo sostenute a vicenda e non eravamo completamente sole". Giusy ricorda "l'ansia del tampone, quanta forza per sopportare l'attesa , ma parenti e amici anche da lontano ci sono stati vicini, e li voglio ringraziare tutti. In questi momenti ogni telefonata, ogni messaggio può essere di aiuto, psicologico intendo. E poi c'è stato anche chi ci ha criticato, chi ci ha puntato il dito, ma non fa niente, anche questo ci ha fatto capire qualcosa. Sono sicura che questa esperienza ci ha fatto crescere".
L'ultimo pensiero, la giovane donna, lo dedica "a tutte le vittime del coronovirus, meno fortunate di noi".
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